L’esperto petrolifero Othman Elhouderi denuncia il sistema di corruzione all’interno della libica NOC
Othman Elhouderi, consulente ed esperto del settore Oil & Gas, parla del grande sistema di corruzione all’interno della libica National Oil Corporation (NOC). Elhouderi, originario di Sabha, estremo sud della Libia e capo del dipartimento legale della NOC sotto il colonnello Gheddafi, per oltre vent’anni, oggi di base in Regno Unito, sottolinea in questa conversazione esclusiva con “Strumenti Politici”, realizzata a Tunisi, come “gli esperti del settore petrolifero durante l’era del precedente regime hanno mantenuto la produzione nelle circostanze più difficili che la Libia ha vissuto dal 1981 al 1986, anche durante le sanzioni statunitensi contro il regime di Gheddafi”. Secondo l’esperto, “l’attuale management non ha un reale piano per aumentare capacità di produzione, come previsto nel 2008”.
Ricorda che Farhat ben Gdara, attuale Ceo di Noc, è stato proposto dalle autorità orientali, inciando che è stato lo stesso Ben Ghadara ad affermarlo pubblicamente durante un’intervista ai media nazionali. La sua nomina fa parte di un accordo raggiunto negli Emirati Arabi Uniti tra il primo ministro internazionalmente riconosciuto, Abdel Hamid Dabaiba e il comandante delle Forze armate arabe libiche, Khalifa Haftar.
Secondo l’esperto Farhat ben Gdara ha continuato ed esacerbato il percorso intrapreso dal suo predecessore, Mustafa Sanallah, nominato da Ali Tarhouni nonostante non avesse – a suo avviso – alcuna conoscenza del settore. Elhouderi ha ribadito che “il settore petrolifero libico è regolato da tre leggi: la legge n.25/1955 redatta da esperti internazionali, n.24/1970 riguardante la fondazione della NOC, e la n.10/1979 che disciplina la ristrutturazione della compagnia petrolifera nazionale della Libia”. “A queste – prosegue l’esperto – bisognerebbe aggiungere due articoli, uno riguardante il gas e uno sull’industria chimica e petrolchimica,” evidenziando come questi due settori siano stati finora regolamentati mediante decisioni. La legge libica prevede una struttura piramidale del settore petrolifero: “partendo dal basso, abbiamo le imprese locali, controllate dalla NOC che dovrebbe rispondere al Ministero del Petrolio e del Gas, in questo caso al ministro Mohamed Ahmed Aoun”.
Ripercorrendo la storia recente di NOC, il consulente evidenzia che “Mustafà Sanalla non ha mai rispettato questo sistema piramidale, un chiaro esempio è stato l’accordo della Maraton firmato senza l’autorizzazione del Ministero. Ciò ha creato un sistema di corruzione, in cui il presidente della NOC a volte agisce in modo indipendente, altre si limita a consultare il Primo Ministro, all’epoca Fayez Al Serraj. Sotto Ben Ghadara questo meccanismo è stato estremizzato”. Nel 2008, la libica NOC ha avviato un processo di localizzazione, chiudendo diverse sue filiali all’estero. “Se Sanallah aprì società a Londra e Dusseldorf, Ben Ghadara ha fondato società in Turchia, a Dubai ecc. Queste società sono state aperte solo con l’intenzione di soddisfare i loro interessi personali. Lo stesso Dabaiba ha confermato, la scorsa settimana, che il suo governo ha stanziato 8 miliardi di dollari (USD) per aumentare la produzione petrolifera libica a 2 milioni di barili al giorno. Anche la Banca Centrale della Libia ha confermato che alla fondazione sono stati stanziati 51 miliardi di dinari (LYD) per aumentare la produzione, ma si tratta di un obiettivo ancora molto lontano dalla realtà. NOC, invece, ha firmato contratti molto importanti senza prima ottenere l’autorizzazione del governo. Ha anche aperto società straniere controllate dalla NOC all’estero e ha garantito ingenti contratti ad alcune famiglie influenti o i loro aiutanti”. Sostiene Elhouderi.
La decisione di localizzare la produzione e l’esplorazione sotto Gheddafi è stata presa per supportare gli ingegneri locali e le aziende libiche. “Storicamente – prosegue l’esperto petrolifero – aziende o uffici, come Al-Jawabi e Med-Oil, sono stati aperti a causa dell’embargo americano degli anni ’80, che non permetteva alla Libia di ottenere attrezzature, tecnologie, materiali legati alla produzione e alla manutenzione. A ciò ha fatto seguito la risoluzione n. 663 delle Nazioni Unite. Ma dopo che tali sanzioni sono state revocate, non vi è più giustificazione per il proseguimento dell’attività di queste società. In secondo luogo, la chiusura di aziende all’estero è stato un incentivo per le aziende internazionali ad aprire filiali in Libia contribuendo all’economia del Paese oltre a fornire opportunità di lavoro ai giovani libici e a fermare lo spreco di budget spesi per coprire i costi di queste aziende all’estero”. Elhouderi ha sottolineato che “l’attuale direzione della società, con la sua solita testardaggine, violazione della legge e mancanza di rispetto per la gerarchia amministrativa, continua ad aprire altre società di intermediazione a Londra, Dubai e Istanbul e a nominare persone socialmente vicine ai funzionari statali, oltre alla loro incompetenza, e alcuni di loro non hanno alcun rapporto con l’industria petrolifera. Mentre gli esperti che hanno guidato la compagnia petrolifera libica per quarant’anni, sotto Gheddafi, vengono esclusi”.
Di recente ha fatto molto discutere il giacimento di gas NC7, Elhouderi spiega che “Ben Ghadara, senza previa consultazione con il ministro Aoun, o senza aver ricevuto alcuna autorizzazione dall’autorità legislativa, stava cercando di fornire a Emirati Arabi Uniti, Turchia, Italia, Francia e Spagna una quota del 40 per cento. Ma non è stata Eni a portare gli Emirati Arabi Uniti in questo progetto, ma lo stesso Ben Ghadara. Ha anche espresso critiche al tentativo di riattivare Ras Lanuf poiché questo giacimento petrolifero è stato chiuso da Sanallah nel 2013 e oggi non può funzionare, ha bisogno di ingenti fondi per la manutenzione e non può consentire un aumento della produzione a breve termine dopo essere stato chiuso per questo lungo periodo”. Di recente, l’aumento della produzione petrolifera è stata la principale domanda di alcune chiusure deli impianti nel sud della Libia. A Sharara, vicino Ubari, una dozzina di persone disarmate sono entrati nel campo, portando alla sospensione della produzione per qualche giorno. Una chiusura che in molti hanno definito “anomala” considerato che nessun impianto può essere chiuso senza previa autorizzazione del Comando generale in controllo degli stessi impianti.
Vanessa Tomassini è una giornalista pubblicista, corrispondente in Tunisia per Strumenti Politici. Nel 2016 ha fondato insieme ad accademici, attivisti e giornalisti “Speciale Libia, Centro di Ricerca sulle Questioni Libiche, la cui pubblicazione ha il pregio di attingere direttamente da fonti locali. Nel 2022, ha presentato al Senato il dossier “La nuova leadership della Libia, in mezzo al caos politico, c’è ancora speranza per le elezioni”, una raccolta di interviste a candidati presidenziali e leader sociali come sindaci e rappresentanti delle tribù.
Ha condotto il primo forum economico organizzato dall’Associazione Italo Libica per il Business e lo Sviluppo (ILBDA) che ha riunito istituzioni, comuni, banche, imprese e uomini d’affari da tre Paesi: Italia, Libia e Tunisia. Nel 2019, la sua prima esperienza in un teatro di conflitto, visitando Tripoli e Bengasi. Ha realizzato reportage sulla drammatica situazione dei campi profughi palestinesi e siriani in Libano, sui diritti dei minori e delle minoranze. Alla passione per il giornalismo investigativo, si aggiunge quella per l’arte, il cinema e la letteratura. È autrice di due libri e i suoi articoli sono apparsi su importanti quotidiani della stampa locale ed internazionale.