Kiev forse pronta ai negoziati di pace: va a chiedere aiuto ai cinesi e intanto tradisce Taiwan

Kiev forse pronta ai negoziati di pace: va a chiedere aiuto ai cinesi e intanto tradisce Taiwan

27 Luglio 2024 0

Zelensky non ha ottenuto nulla dalla sua “conferenza di pace” in Svizzera. Anzitutto perché i russi non erano stati invitati e in secondo luogo perché non ci sono andati nemmeno i cinesi. Così agli ucraini è toccato scendere dal piedistallo e andare loro stessi in Cina a chiedere supporto. E per averlo, Kiev non ha minimamente esitato a tradire l’amicizia di Taiwan.

Pronti a negoziare, se…

Il 24 luglio vi è stata la prima visita in Cina di un Ministro degli Esteri ucraino dal febbraio 2022. Dmytro Kuleba ha incontrato il suo omologo Wang Yi in un vertice durato oltre tre ore, più di quanto preventivato. Kuleba ha esposto gli scarni risultati della conferenza svizzera e la “formula di pace” promossa senza successo da Zelensky in tutti i summit a cui ha partecipato. Ha quindi evidenziato il possibile ruolo della Cina nell’ottenimento di una pace “giusta e duratura”, che secondo lui rientrerebbe negli interessi strategici di Pechino. Ha dichiarato: è necessario mettere fine alla guerra contro l’Ucraina, ristabilire la pace e accelerare la ricostruzione del nostro Paese. Ha detto che sono pronti ad aprire negoziati con la controparte russa se Mosca è pronta a sua volta a trattare “in buona fede”. Tuttavia ha aggiunto di non vedere nel Cremlino un tale disponibilità.

I rapporti con la Cina

Kuleba ha cercato di non far risaltare troppo il bagno di umiltà a cui Kiev è stata costretta. Infatti sono stati gli ucraini ad andare a cercare appoggio, ma non sono stati accolti nella capitale Pechino, bensì a Guangzhou, città commerciale e grosso centro produttivo. Il ministro fa finta che la Cina non abbia già rapporti ottimi con molti Paesi europei e pure migliori con la Russia. Preferisce invece sottolineare la colpa di Mosca nel minare la stabilità internazionale e lo sviluppo delle relazioni di buon vicinato, in particolare lo sviluppo del commercio fra Cina ed Europa. Kuleba la butta sulla “irreversibilità” del percorso ucraino verso l’adesione alla UE (che potrebbe fare la fine dell’altrettanto sbandierata adesione alla NATO, sempre rimandata e oggi negata). Addirittura si è dato un’importanza esagerata proponendo a Wang di impostare la discussione sui rapporti bilaterali particolarmente attraverso il prisma della futura membership dell’Ucraina nella UE.

La proposta di pace cinese

Kuleba cercava un “terreno comune” nei colloqui con Wang, sottolineando il ruolo della Cina come forza globale per la pace. Il ministro dovrebbe sapere che Pechino vuole la pace solamente considerando gli interessi di tutte le parti. Infatti in Svizzera non ha mandato nessuno proprio perché la Russia non era stata invitata. Quindi è chiaro che Pechino non intende avallare acriticamente le pretese ucraine (e occidentali), come ingenuamente mostrava di sperare Zelensky. In realtà la Cina una sua proposta di pace l’aveva già avanzata due mesi fa insieme al Brasile. Il presidente Xi Jinping aveva anche delineato quattro principi per guidare il processo di conciliazione, ripetuti dal ministro Wang. Pechino reputa fondamentali i concetti di sovranità e integrità territoriale, ma rispetta anche “le legittime preoccupazioni relative alla sicurezza di tutte le parti”. Il richiamo è ovviamente alla richiesta di Mosca di fermare l’espansione della NATO verso i suoi confini.

Le illusioni di Zelensky

Zelensky ha proprio capito tutto: secondo lui le parole di Wang sono un chiaro segnale che la Cina appoggia l’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina e che non fornisce affatto armi alla Russia. Senza nemmeno parlare della cooperazione militare fra Russia e Cina, teorica o pratica che sia, è facile constatare quanto Zelensky illuda sé stesso ancor prima che i suoi cittadini. Basta osservare che Jinping ha recentemente invitato Putin a Pechino per una visita ufficiale e che poco prima della “operazione speciale”, Cina e Russia avevano siglato una no limits partnership. Pechino si pone come attore neutrale, ma il suo ago della bilancia pende inevitabilmente a favore di Mosca. A Kiev sanno che un accordo di pace privo del sostegno cinese sarebbe troppo debole. Kuleba ribadisce comunque che è impossibile siglare accordi senza la partecipazione dell’Ucraina. Peccato che gli ucraini stessi non invitino Mosca alle loro conferenze di pace.

I cinesi dicono che Kiev vuole negoziare

I cinesi riferiscono l’esito del summit in modo positivo. La portavoce del Ministero degli Esteri Mao Ning sottolinea la volontà di Kiev di negoziare. Sia i russi che gli ucraini, dice, segnalano in varia misura un atteggiamento aperto alle trattative. Il Cremlino ha commentato dicendo che la disponibilità di Kiev al dialogo, in qualunque sfumatura o circostanza, è sicuramente meglio delle dichiarazioni sulla volontà di combattere fino all’ultimo uomo, sentite finora dal governo ucraino. Ning aggiunge che le condizioni non sono ancora mature, ma Pechino appoggia tutti gli sforzi che possano portare alla pace. Secondo il Global Times, quotidiano del Partito Comunista Cinese dedicato agli affari internazionali, molti esperti ritengono la visita di Kuleba un’ammissione dell’influenza della Cina come mediatrice e potenza di grande livello. Spiegano che agli ucraini non conviene contare solo sul supporto occidentale a guida americana, perché rischiano di essere prima o poi abbandonati.

Un’altra conferenza prima che sia troppo tardi

D’altronde, col ritiro di Biden dalla corsa alle presidenziali, è possibile qualche altro cambiamento nella posizione di Washington sulla crisi ucraina. E sarebbero tutti cambiamenti nel senso di diminuire l’assistenza a Kiev. Pure in Europa le varie elezioni degli ultimi due mesi hanno indicato come la volontà popolare si sia orientata nel senso di ridurre o interrompere del tutto gli aiuti finanziari, militari e diplomatici. Nonostante ciò, Kuleba si aspettava di riuscire a convincere i cinesi a partecipare a una prossima eventuale conferenza di pace, da tenersi assolutamente prima di novembre. Gli ucraini vorrebbero organizzarla prima delle elezioni americane, che vedono in largo vantaggio Donald Trump. L’ex presidente è infatti colui che ha promesso di chiudere i rubinetti dell’assistenza finanziaria e militare a Zelensky e di riuscire a mettere fine al conflitto 24 ore dopo la sua entrata in carica.

Nazionalisti furiosi, cittadini sollevati

Le parole di Kuleba sull’apertura a colloqui “con la controparte russa” hanno fatto infuriare i nazionalisti più esagitati. Per loro l’unica via possibile è annientare i russi, non negoziare con loro. Al limite, poiché l’esercito ucraino sta scivolando verso un’inevitabile esaurimento di uomini e mezzi, vorrebbero sfruttare la pausa consentita dalle trattative per rimetterlo in sesto. Questa prospettiva però non piace a Mosca. Gli ucraini comuni, invece, gradirebbero che si parlasse finalmente di pace anche a costo di accettare concessioni territoriali alla Federazione Russa. Un sondaggio del Kyiv International Institute for Sociology mostra un aumento del numero dei cittadini disposti cedere territori in cambio della pace: si è passati dal 9% della primavera 2023 al 26% del febbraio 2024, fino al 32% di maggio. Al tempo stesso diminuiscono coloro che si oppongono a questo tipo di scambio: a dicembre 2023 erano il 74%, oggi sono invece il 55%.

Per Kiev ora c’è “una sola Cina”

Nelle relazioni di Kiev con Pechino conta naturalmente l’atteggiamento verso Taipei. Qui gli ucraini hanno effettuato una virata ancora più marcata rispetto a quella sulla possibilità di negoziati con Mosca. Infatti negli ultimi due anni e mezzo avevano caldeggiato l’istanza di Taiwan, mentre oggi si schierano nettamente con la Repubblica Popolare Cinese. Kuleba ha infatti dichiarato di fronte a Wang che l’Ucraina aderisce al principio della “unica Cina”, escludendo così qualunque riconoscimento alla sovranità di Taiwan. A Pechino ovviamente hanno apprezzato questa nuova presa di posizione. Cui Heng, accademico del China National Institute for SCO International Exchange and Judicial Cooperation di Shanghai, ha detto che le parole del ministro sono importanti perché mostrano che Kiev non accetta di essere forzatamente accostata dall’Occidente alla questione taiwanese, che è completamente diversa da quella ucraina. Cui infatti spiega che l’avvertimento “Oggi l’Ucraina, domani Taiwan” è completamente infondato.

Quando Zelensky sgridava i cinesi

Eppure fino a poco tempo fa lo stesso Zelensky non usava toni particolarmente cordiali verso Pechino. Appena un mese fa accusava i cinesi di fare pressione sugli altri Paesi per dissuaderli dal recarsi a summit in Svizzera. E non gradiva nemmeno il loro piano di pace in sei punti, che intaccava l’enfasi che lui cercava di mettere sulla sua “formula di pace”. Anche Kuleba la scorsa settimana ha dichiarato sui suoi social che occorre evitare la competizione fra piani di pace. Negli ultimi due anni l’Ucraina si era avvicinata molto a Taiwan. Nel giugno del 2022 alla conferenza Shangri-La Dialogue organizzata dall’Istituto di Studi Strategici di Londra, Zelensky esortava le nazioni asiatiche ad aiutarlo nel respingere l’invasione russa, invitandole anche ad aiutare Taiwan prima che si concretizzasse un’aggressione cinese contro di essa.

Un comitato parlamentare per Taiwan

Nell’autunno del 2022 veniva formato un comitato trasverale del Parlamento ucraino per realizzare un contatto diretto con Taipei. Tale gruppo di deputati si è recato sull’isola a ottobre 2022, inviato da Zelensky per manifestare il proprio appoggio alla causa dell’indipendenza taiwanese contro la Cina. Quest’ultima veniva in quel momento definita “amico del nostro amico” dall’iniziatore del comitato Oleksandr Merezhko, il quale ringraziava Taiwan per aver immediatamente imposto sanzioni severe contro Mosca. All’epoca lo Washington Post scriveva che l’Ucraina si stava muovendo “lentamente ma sicuramente” verso il riconoscimento di Taiwan, che già trattava da vero alleato. Nel corso del conflitto, Taipei non ha mai dato assistenza militare diretta all’Ucraina, ma si pone fra i primi cinque Paesi dell’area indo-pacifica in termini di aiuti bilaterali concessi a Kiev.

L’omaggio del governo a un caduto taiwanese

Taiwan non ha mai nemmeno scoraggiato i suoi cittadini a combattere da in Ucraina. Alla fine ne sono partiti circa una ventina; alcuni sono già ritornati a casa, mentre uno è morto al fronte. Zelensky lo ha insignito con un alto riconoscimento postumo. Ancora a maggio 2023 la rappresentante taiwanese negli Stati Uniti Hsiao Bi-khim affermava: La sopravvivenza dell’Ucraina è la sopravvivenza di Taiwan. Il successo dell’Ucraina è il successo di Taiwan. I nostri rispettivi futuri sono strettamente collegati. Chissà se lo pensa anche oggi. Zelensky non ha ottenuto nulla dalla sua “conferenza di pace” in Svizzera. Anzitutto perché i russi non erano stati invitati e in secondo luogo perché non ci sono andati nemmeno i cinesi. Così agli ucraini è toccato scendere dal piedistallo e andare loro stessi in Cina a chiedere supporto. E per averlo, Kiev non ha minimamente esitato a tradire l’amicizia di Taiwan.

Martin King
Martin King

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