Incognita astensionismo: gli elettori europei si sentono traditi e declassati da Bruxelles
Le statistiche e i sondaggi dicono che l’affluenza alle urne per il rinnovo dell’Europarlamento si attesterebbe sulla metà degli aventi diritto. Il dato, sommato alle previsioni dell’aumento delle preferenze per i partiti di destra o di estrema sinistra, porterebbe a un cambiamento significato nella composizione di Strasburgo. Nel corso di quarant’anni l’astensionismo alle europee è cresciuto costantemente, passando dal 14,3% del 1979 al 45,5% del 2019. Oggi, dunque, meno della metà dei cittadini del Vecchio Continente valuta positivamente istituzioni europee.
Il rapporto del Censis
Il Censis ha pubblicato un rapporto dal titolo “Lo stato dell’Unione. Geografia sociale dell’Europa al voto”, che descrive l’atmosfera che si respira intorno alle prossime elezioni. La relazione comprende gli indicatori economici e sociali di tutte le 242 regioni dei 27 Paesi membri della UE. Si ottenie quindi una media complessiva sui 359 milioni di elettori europei, svincolata dalle medie nazionali. Il risultato è chiaro: oggi un elettore su tre si è accorto del proprio declassamento sociale e lo imputa alle pessime politiche di Bruxelles. I cittadini si sentono traditi dalle promesse e dagli annunci dei politici che dicevano che per risolvere i problemi nazionali “ci vuole più Europa”. Dopo anni di vuote rassicurazioni – accompagnate da anatemi contro chi osa mettere in dubbio la bontà di Bruxelles – metà degli europei ha perso fiducia nelle istituzioni comunitarie.
Gli unici Paesi dove ancora si vota volentieri sono Belgio, Danimarca e Svezia. La Germania va benino, la Francia va peggio, mentre l’Italia è in linea col dato generale. I maggiori astensionisti sono Portogallo, Slovenia, Croazia, Repubblica Ceca, mentre il record negativo è il 75,3% della Slovacchia. Attenzione, però: le regioni che hanno subito l’impoverimento – e che potrebbero quindi punire Bruxelles col non voto oppure col voto ad altri partiti – si trovano anche in Paese diversi da quelli astensionisti, come Austria, Spagna e Ungheria. I numeri sono impietosi: nel 2007, anno dell’allargamento a 27 membri, l’Unione Europea deteneva il 17,7% del PIL globale: oggi solo il 14,5%. È diminuita anche la popolazione, passata dal 6,5% al 5,6% di quella mondiale. Ha subito una flessione del tenore di vita un terzo dei cittadini, circa 151 milioni di persone distribuite in 75 regioni e province dei Paesi UE.
Le previsioni per il Portogallo
Fra gli Stati membri della UE col tasso di astensione più alto c’è il Portogallo. All’Europarlamento Lisbona conta 21 seggi (come Svezia, Grecia, Ungheria e Repubblica Ceca). Alle precedenti elezioni del 2019 i non votanti erano stati il 68,6%, record negativo per il Paese lusitano dal momento della sua adesione alla CEE nel 1986. L’insoddisfazione politica e il senso di lontananza dalle istituzioni europee sono le ragioni principali dell’astensione, spiega Francisco Cordeiro de Araújo, giurista dell’Università di Lisbona. Secondo il “barometro delle politiche europee” della Fondazione Francisco Manuel dos Santos, meno della metà dei cittadini conosce il nome di un europarlamentare portoghese o quello della presidente della Commissione.
A beneficiare politicamente della situazione dovrebbero essere gli stessi partiti che hanno registrato un successo alle elezioni nazionali. Al voto anticipato del 10 marzo ha avuto la crescita maggiore la formazione di destra Chega!, che dai sondaggi per le europee risulta la terza forza del Paese. La coalizione di centro-destra Alleanza Democratica dovrebbe arrivare al 31%, superando di poco il Partito Socialista.
Slovacchia e Repubblica Ceca
In Europa Centrale l’elevato astensionismo accomuna Slovacchia e Repubblica Ceca, che pure hanno due governi di stampo differente. All’Europarlamento Praga conta 21 seggi, mentre Bratislava 15. Le previsioni fanno temere un’affluenza sotto il 30%, che toglierebbe di fatto autorità alla presenza dei rispettivi europarlamentari a Strasburgo. Sotto un altro profilo, invece, darebbe credibilità e consenso alle forze euroscettiche o apertamente contrarie al blocco euroatlantico. Al fine di screditarli, i media mainstream lanciano ripetute accuse di sovranismo, populismo e di estremismo di destra, stravolgendo il significato di questi termini e polarizzando il dibattito. Oggi l’atmosfera in Slovacchia si è ulteriormente appesantita con il tentativo di assassinio del premier Robert Fico. Il presidente in pectore Peter Pellegrini ha quindi chiesto la sospensione della campagna elettorale. Se da un lato ciò contribuisce a placare gli animi, dall’altro potrebbe abbassare ancor di più il coinvolgimento popolare nel voto europeo di giugno.
Anche in Repubblica Ceca prevalgono il disinteresse e lo scontento verso la politica di Bruxelles. Il tema più caldo della campagna elettorale fatta dalle opposizioni è l’immigrazione, avversata dal partito l’ex premier Andrej Babis e dall’SPD, la formazione del politico di origini giapponesi Tomio Okamura. Quest’ultimo batte molto sul pericolo di islamizzazione dell’Europa: i sondaggi lo danno al 10%. Le statistiche e i sondaggi dicono che l’affluenza alle urne per il rinnovo dell’Europarlamento si attesterebbe sulla metà degli aventi diritto. Il dato, sommato alle previsioni dell’aumento delle preferenze per i partiti di destra o di estrema sinistra, porterebbe a un cambiamento significato nella composizione di Strasburgo. Nel corso di quarant’anni l’astensionismo alle europee è cresciuto fino al 45,5% del 2019. Oggi, dunque, meno della metà dei cittadini del Vecchio Continente valuta positivamente istituzioni europee.
Vive a Mosca dal 2006. Traduttore dal russo e dall’inglese, insegnante di lingua italiana. Dal 2015 conduce conduce su youtube video-rassegne sulla cultura e la società russa.