Il Malawi appoggia Israele, legato anche da un accordo di esportazione di mano d’opera

Il Malawi appoggia Israele, legato anche da un accordo di esportazione di mano d’opera

9 Ottobre 2024 0

Per la sua violentissima risposta agli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 Israele ha ricevuto l’appoggio diplomatico di pochi Stati al mondo. Uno di questi è il Malawi, Paese dell’Africa sud-orientale estremamente povero e senza sbocco sul mare. Nonostante le proteste interne e le critiche esterne, il suo governo ha sempre descritto Israele come un alleato di lungo corso e un vero amico.

Solidarietà diplomatica

Il Malawi ha dato il suo appoggio diplomatico in tutte le occasioni in cui ha potuto. Ad esempio per il voto all’ONU sulle risoluzioni per il cessate-il-fuoco o il riconoscimento della Palestina come Stato sovrano e membro delle Nazioni Unite. Si è sempre astenuto o addirittura ha votato contro. Lo scorso aprile ha finalmente aperto un’ambasciata a Tel Aviv, dopo sessant’anni di rapporti ufficiali senza una presenza diplomatica in loco. La tempistica è significativa, perché l’averlo fatto nel corso della sanguinosa offensiva sulla Striscia di Gaza mostra un sostegno totale alla politica di Netanyahu. Il presidente Lazarus Chakwera avrebbe voluto piazzare l’ambasciata a Gerusalemme, ma la contrarietà dei malawiani è stata determinante. Si sono opposti i rappresentanti della società civile e quelli religiosi, in particolare musulmani. Il Paese è a maggioranza cristiana, ma circa il 14% degli abitanti pratica l’Islam.

Governo irremovibile nonostante le critiche

Il governo di Lilongwe non modificherà il suo corso filo-israeliano. Il ministro degli Esteri Nancy Tembo afferma: In nessun modo cambieremo la nostra posizione attuale o taglieremo i legami (con Israele) nel momento in cui ha bisogno maggiormente di noi come stretti alleati. Il ministro africano sottolinea la gratitudine verso coloro che hanno dato una mano al Paese a crescere sotto molti aspetti. Ci hanno aiutato ad essere dove siamo oggi. Dunque non possiamo tagliare i legami con loro oggi perché c’è una guerra a Gaza. Per quanto ci dispiaccia moltissimo per la perdita di vite umane, ribadiamo la nostra convinta solidarietà a Israele. La Tembo smentisce pure l’influenza di terzi sulla posizione malawiana: Siamo una nazione sovrana e quindi prendiamo decisioni indipendenti. Non siamo in nessun modo influenzati da nessuna potenza straniera e non facciamo quello che facciamo per avere dei benefici o per altro.

Le critiche

L’accademico africano George Phiri ritiene invece che la solidarietà malawiana sia solo un modo per tenere buoni i “padroni occidentali” e garantire così la sopravvivenza del Paese. Dal momento dell’indipendenza dal Regno Unito nel 1964, il Malawi dipende totalmente da altri Stati e oggi deve fare gli interessi di questi ultimi per continuare a ricevere la loro “elemosina”. Assaboni Phiri del Malawi Palestine Solidarity Movement se la prende in particolare col fatto che l’appoggio a Israele implichi l’abbandono dei valori universali come la pace e il rispetto dei diritti umani, sanciti dalle Convenzioni ONU. Questa non è la posizione del Malawi in quanto nazione, ma quella dei pochi suoi leader che hanno intrapreso questa strada per un tornaconto personale. Invita quindi a smettere di stare al fianco di Israele nel genocidio che sta commettendo a Gaza e a tornare al rispetto dei valori fondamentali.

Marcia di protesta dei musulmani

I musulmani malawiani, guidati dall’Islamic Commission for Justice and Freedom (ICJF) stanno organizzando una marcia pacifica di protesta, prevista per l’11 ottobre. L’associazione ha inviato al governo una lettera in cui chiede di rivelare i motivi per cui sostiene la guerra e l’uccisione di vecchi, donne e bambini innocenti per mano di Israele. Vuole inoltre sapere quali benefici avrebbe il Malawi da Israele per un tale odio verso i palestinesi, al punto da votare all’Assemblea delle Nazioni Unite contro il riconoscimento della loro sovranità e indipendenza come Stato o astenersi sul voto per la tregua umanitaria o il rilascio degli ostaggi.

I legami economici

Una delle ragioni è certamente la dipendenza economica: il Malawi manda migliaia di lavoratori in Israele da impiegare nei campi, nelle fabbriche, nel settore del turismo e della cura degli anziani. I critici parlano di condizioni di lavoro “disumane e degradanti” in un Paese permanentemente in guerra, nel quale i malawiani rischiano la vita. Molti di loro tuttavia sentono di non avere altra scelta, perché in patria la disoccupazione è altissima e non ci sono prospettive. Il tasso di povertà è del 50% e l’economia malawiana è basata sull’agricoltura di sussistenza. Eppure il Malawi possiede una risorsa piuttosto rara, l’uranio, che non viene sfruttata per la ricchezza dei cittadini. Infatti nel 2021 il governo ha venduto per 1 milione di euro alla società australiana Lotus Resources Ltd il sito di estrazione di Livingstonia, 90 chilometri a sud-est dell’impianto di uranio di Kayelekera, a sua volta di proprietà della Lotus.

Vincenzo Ferrara
VincenzoFerrara

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