Guerra (Mondiale) o Pace – Parte II: gli scenari bellici. La logistica integrata della NATO

Guerra (Mondiale) o Pace – Parte II: gli scenari bellici. La logistica integrata della NATO

11 Luglio 2024 0

A datare dall’annessione della Crimea alla Federazione Russa (2014) e a seguito dell’offensiva di Mosca in Ucraina (2022) l’Alleanza Atlantica ha iniziato a considerare in quale modo mantenere efficientemente operativo il collegamento strategico tra le due sponde dell’Atlantico, vale a dire tra Stati Uniti e alleati europei. Lo scopo dell’operazione Atlantic Resolve – avviata nel 2014 e attualmente in corso – è appunto quello (come indica il nome stesso “risolutezza atlantica”) di mostrare ad alleati e partner (tra cui l’Ucraina) che il blocco NATO è compatto e operativamente preparato nel caso in cui l’assertività russa dovesse spingersi fino alle estreme conseguenze nel teatro europeo.

Lo scenario di un futuro scontro diretto tra uno o più membri della NATO e la Federazione Russa può dirsi oramai un elemento contemplato dai vertici politico-militari europei, seppure con differenti sfumature. Repubbliche baltiche, Polonia, Germania e Svezia, sopra tutti, sono tra i Paesi NATO che hanno manifestato un maggiore interesse verso le capacità di interoperabilità logistica dell’Alleanza Atlantica.

Il fulcro di tale disegno è rappresentato da alcuni dei principali porti europei, in primis quello di Rotterdam nei Paesi Bassi. Lì, secondo quanto è emerso recentemente dalle fonti aperte disponibili, i flussi di truppe e mezzi dovrebbero giungere dagli Stati Uniti via mare per poi attraversare Germania e Polonia, congiungendosi rapidamente con la Lituania nel nevralgico corridoio di Suwałki.

Il fattore Suwałki Gap

Con l’allargamento della NATO successivo alla dissoluzione dell’Unione Sovietica e lo scioglimento del Patto di Varsavia nel 1991 il punto di vulnerabilità geografico-militare dell’Alleanza Atlantica in Europa si è spostato dal territorio tedesco (Fulda Gap) al quadrante baltico (Suwałki Gap) identificando, a tale riguardo, nella Lituania lo Stato pivotale ovvero maggiormente esposto a un attacco proveniente da Federazione Russa e Bielorussia. L’ipotesi di una (prossima) crisi in questa regione non è del tutto remota. Le recenti politiche restrittive adottate dai governi delle tre repubbliche baltiche (Lituania, Lettonia, Estonia) nei confronti delle rispettive minoranze russofone vengono, infatti, già interpretate dal governo della Federazione Russa come lesive di quelle popolazioni storicamente legate a Mosca, con il rischio di riproporre nella regione baltica uno scenario Donbass.

Oltre a ciò, il previsto disaccoppiamento dei tre Stati baltici dalle reti infrastrutturali elettrica (da agosto 2024 con effettivo compimento previsto nel febbraio 2025) e ferroviaria russa e bielorussa, con un adeguamento, nel secondo caso, dello scartamento agli standard europeo-occidentali, potrebbe contribuire ad accentuare le tensioni con Mosca e Minsk (unite politicamente e militarmente nel cosiddetto Stato dell’Unione [in russo Sojuznoe gosudarstvo]), soprattutto ove si consideri che il progetto Rail Baltica potrebbe essere interpretato dalla Federazione Russa come una ostile integrazione con la logistica militare NATO correlata alla cosiddetta Schengen Militare (progettata dalla NATO sin dal 2017) che nel gennaio scorso ha preso forma con un accordo di libero transito firmato da Paesi Bassi, Germania, Polonia e ulteriormente rafforzato dal recente accordo bilaterale di mutua sicurezza polacco-lituano noto come Orsha Agreement, nonché dall’intesa bilaterale tedesco-lituana del dicembre 2023 che prevede il dispiegamento permanente entro il 2027 di una brigata corazzata della Bundeswehr sul territorio lituano.

I corridoi militari europei

Germania e Svezia, in particolare, sono i due Paesi NATO che recentemente nei loro documenti hanno dato forma ufficiale al rischio-scenario di una possibile futura guerra con la Federazione Russia, adeguando a tale eventualità le rispettive dottrine strategiche. Il 5 aprile scorso Berlino ha adottato le nuove direttive quadro per la difesa globale (RRGVRahmenrichtlinien für die Gesamtverteidigung) in tempi di crisi e conflitti. Il documento – che non veniva aggiornato dal 1989 – afferma che:

La guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina costituisce una violazione del diritto internazionale e dell’ordine di sicurezza europeo […] Per la prima volta da decenni la Germania è nuovamente sotto minaccia militare […] Inoltre, le attività ibride e l’erosione del controllo degli armamenti, così come i conflitti regionali e le crisi nei paesi vicini all’Europa, rappresentano una minaccia crescente[1].

Più recentemente (8 luglio) la Svezia, ultimo Paese europeo in ordine di tempo ad aderire alla NATO, ha reso pubblica la nuova strategia di sicurezza nazionale, ribadendo quanto sostanzialmente già asserito dal documento tedesco ovvero che “La situazione della sicurezza nel nostro vicinato e in Europa è la più precaria dalla seconda guerra mondiale. La Russia sta conducendo una brutale guerra di aggressione contro l’Ucraina e costituisce una seria minaccia per la Svezia e i suoi alleati[2].

Il ruolo attivo della NATO nel conflitto russo-ucraino è stato palesato da Jens Stoltenberg [Segretario Generale uscente], il quale ha chiaramente spiegato che

l’Alleanza del Nord Atlantico è un’alleanza che vede la Russia come suo nemico e avversario. E si tratta di un’alleanza che partecipa al conflitto in Ucraina[3].

Oltre al porto di Rotterdam, la NATO avrebbe valutato altri cinque scali marittimi primari in cui fare affluire rapidamente truppe da destinare al fronte ucraino nel caso di un grande conflitto in Europa contro la Federazione Russa. Si tratterebbe di quelli di Alessandropoli in Grecia e del porto turco di Gemlik (Gemport) che consentirebbero il transito attraverso Bulgaria e Romania sino al confine ucraino, mentre nel nord Europa quelli di Oslo o Trondheim in Norvegia, lungo la direttrice di passaggio Svezia-Finlandia per giungere a contatto con il territorio russo.


Il ruolo dell’Italia
 

Il quinto Paese NATO a essere incluso in questa logistica di guerra sarebbe l’Italia, dai cui porti (presumibilmente Livorno o Trieste) affluirebbero rinforzi alleati verso il fronte ucraino attraverso Slovenia-[Croazia]-Ungheria. Il ruolo attivo di Roma nella logistica a rapido dispiegamento della NATO è testimoniato dal recente (15 aprile) accordo sulla Military Mobility siglato tra la società Leonardo e Rete Ferroviaria Italiana per la movimentazione di risorse militari anche con breve preavviso e su larga scala.

Il peggioramento della situazione europea e internazionale è inoltre stato oggetto di discussione nella riunione del Consiglio Supremo di Difesa del 24 maggio scorso, al termine della quale i vertici politico-militari italiani avevano convenuto che “nel corso degli ultimi mesi lo scenario generale di sicurezza si è ulteriormente deteriorato[4], non solo per via del conflitto russo-ucraino ma anche a causa delle “latenti tensioni nei Balcani, l’instabilità politica e la crisi economica nel Sahel e in tanti Paesi dell’Africa[5] e, non ultima, della conflittualità mediorientale. L’impegno militare italiano può oramai dirsi globale, spaziando dall’Europa (Roma è presente con una componente terrestre, aerea e navale nel Baltico) al Medio Oriente, fino all’Asia-Pacifico, ossia i tre fronti della guerra mondiale a pezzi.

Nel Mar Rosso, dove la guida tattica della missione navale Ue (Aspides) è affidata all’Italia, l’ingaggio delle milizie Houthi è pressoché costante, stando a quanto affermato dal Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, ammiraglio di squadra Enrico Credendino, secondo cui in quel teatro d’operazioni si combatte “ogni notte[6]. Non meno significativa è la presenza militare aerea e navale italiana nel quadrante dell’Indo-Pacifico, dove è prevista la partecipazione di Roma alle esercitazioni navali RIMPAC 2024 (dal 27 giugno al 1° agosto) e aeree Pitch Black (in Australia dal 12 luglio al 6 agosto). Si tratta di un intervento considerevole (tra le altre unità inviate figura il Gruppo Portaerei STOVL Cavour) in un’area che vede una crescente conflittualità tra la Repubblica Popolare Cinese, da un lato, e la Repubblica di Cina (Taiwan), dall’altro, oltre che una condizione di tensione nucleare con epicentro nella penisola coreana.

L’impegno occidentale alleato fin nella regione dell’Indo-Pacifico proietta la crisi attuale verso orizzonti mondiali, cosicché l’alternativa agli esiti più fatali è rappresentata da negoziati diplomatici concretamente risolutivi del conflitto russo-ucraino e, in seconda istanza, da una nuova intesa all’interno del consesso delle potenze su principi condivisi che regolino la convivenza pacifica tra gli Stati nel XXI secolo.

[1] RRGV, pag. 5.

[2] National Security Strategy – Government Offices of Sweden │Prime Minister’s Office, pag. 9.

[3] https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2024/07/09/cremlino-segue-con-la-massima-attenzione-il-vertice-nato_f606043b-1f07-4da4-9e17-334bb0f6665f.html.

[4] https://www.quirinale.it/elementi/112528.

[5] Ibidem.

[6]https://www.huffingtonpost.it/esteri/2024/06/10/news/tocca_alle_nostre_navi_blindare_il_mediterraneo_ma_alla_marina_italiana_mancano_9mila_militari-16144792/.

Roberto Motta Sosa
RobertoMottaSosa

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