Green pass: i dubbi di un farmacista
Green pass, super green pass, terze dosi e varianti esotiche: la situazione è ormai spaventosamente ingarbugliata. Mentre l’economia si sfalda e la politica si appiattisce, la società italiana si sgretola fra discriminazioni e accuse reciproche. E proprio i cittadini sono vittime di questa grande confusione prima ancora che del virus. Cerchiamo di capire da dove derivano questi problemi chiedendo lumi al dottor Matteo Testa, farmacista che da diversi mesi conduce una battaglia umana e professionale contro la narrazione ufficiale. Laureato a Milano in farmacologia (specializzazione tossicologia) con una laurea sulla prevezione dell’arteriosclerosi grazie ai componenti polari contenuti nell’olio di oliva, dopo un’esperienza decennale in farmacia ha aperto 10 anni fa a Novara la sua attività di fitoterapia e nutriceutica.
– Dott.Testa, Lei e il comitato di cittadini di cui è organizzatore continuerete a manifestare anche sotto Natale?
– Continueremo a protestare fino a che non verrà tolto il green pass. Questa misura amministrativa non ha alcun senso dal punto di vista medico. Non c’entra nulla con la difesa della salute. Proprio seguendo la logica disumana della narrazione ufficiale, il passaporto verde diventa dopo qualche tempo un lasciapassare per infettare: infatti c’è chi dice che la copertura effettiva dei cosiddetti vaccini è di 3 mesi, chi di 6, ma intanto la “certificazione digitale verde” ne vale 12, poi 9, poi si vedrà… lo decide di volta in volta il governo dei migliori. Dunque, una volta terminata l’efficacia del siero, la persona sarebbe libera di infettare il prossimo con il consenso delle autorità, senza la terrificante stigmatizzazione morale che viene addossata a coloro che hanno fatto una scelta che non viola alcuna legge, quella di non farsi inoculare, e che dovendo fare tamponi più volte a settimana hanno una salute costantemente monitorata. Già, qui si aprirebbe poi il discorso sull’attendibilità dei tamponi, che rende ancora più complicata la situazione.
– Lei è categoricamente contrario al green pass, ma qual è la Sua posizione sui vaccini?
– Sono per la libertà di scelta, un valore su cui si fonda una società democratica e vitale. Ma per cortesia non chiamiamolo “vaccino”. Non lo è, almeno non nel senso che gli danno le persone comuni o nel senso che viene raccontato dai giornali mainstream. È un siero genico sperimentale a base di mRNA, ben diverso da un vaccino tradizionale ottenuto generalmente da una proteina inattivata capace di innescare la patologia in forma lieve contro l’agente a cui si mira, senza innescare la patologia in forma clinica. Semplificando, in un vaccino tradizionale iniettiamo una proteina artificialmente inattivata, mentre nel caso dell’inocolo, questa proteina viene indotta ad essere prodotta dalle nostre stesse cellule.
– Quando ha cominciato a capire, dal modo in cui venivano raccontati gli eventi, che i conti non tornavano?
– Non appena ho compreso che, appunto, non è un vaccino, ma un siero genico. Ho ripreso in mano i libri dell’università perché mi pareva di aver dimenticato le basi o addirittura di essere impazzito. Così mi sono reso conto che è stata fatta appositamente confusione sulle definizioni di base, sono stati stravolti i principi fondamentali della scienza per vendere alle persone una certa visione del mondo. Non so se siano più colpevoli i medici che hanno consentito le aberrazioni di questa pandemia o i giornalisti mainstream che l’hanno trasformata in “falsemia”.
– Qual è stata la molla che l’ha spinta a protestare attivamente contro lo stato di cose?
– Ho partecipato da semplice cittadino alle primissime manifestazioni nella mia amata Novara. Ma ho deciso di metterci la faccia quando ho visto l’entità del danno che veniva perpetrato: ho notato l’aumento di patologie in soggetti che erano sempre stati sani e l’insorgere di patologie nuove. Per non parlare dei danni psicologici dovuti al bombardamento di notizie negative e contraddittorie: le ferite della psiche e dell’anima sono incalcolabili. Per fortuna, ora sui mass media certe verità finalmente cominciano ad affiorare, perché non si possono più tacere tragedie come le morti improvvise di persone sanissime e di giovani atleti: la frase “nessuna correlazione” è ormai divenuta ridicola.
– Essere sceso in campo per sostenere una posizione contraria ai dettami ufficiali Le sta procurando problemi?
– Sono stato convocato dall’ordine dei Farmacisti, veda Lei. Potrei rischiare la radiazione. Eppure le manifestazioni alla cui organizzazione ho preso parte sono sempre state assolutamente pacifiche e legali. Nonostante ciò, hanno tentato più di una volta di diffamarci e di manipolare quello che diciamo e facciamo, al punto da dover ricorrere alle vie legali contro un giornalista per veder ristabilita la verità.
– Come hanno reagito i Suoi colleghi?
– La maggior parte di loro resta zitta per paura. Non parlo di coloro che hanno coinvolgimenti economici diretti in tutta questa faccenda, e che quindi rimangono saldamente entro i confini della narrativa ufficiale. Mi riferisco ai dottori che in questi mesi non hanno avuto nemmeno un paziente in terapia intensiva e hanno curato il coronavirus tranquillamente e con pieno successo, senza ricorrere al siero né al protocollo ministeriale: ma non possono dirlo troppo in giro, altrimenti verrebbero attaccati, derisi, screditati. Sappiamo tutti cosa è accaduto al dottor De Donno, che considero un uomo straordinario, una figura eccezionale.
– Dicono che la scienza non è democratica, perchè un farmaco o una procedura non salvano la vita solo perché lo ha deciso la maggioranza dei dottori. Oggi è ancora così?
– Sembra che questo principio non valga più. I medici si vedono calare i protocolli dall’alto e non devono metterli in dubbio, pena la gogna. Tra quelli che invece resistono allo stravolgimento dei principi di base i più combattivi sono i “vecchi”, che si ricordano com’era una volta la medicina; questo vale anche fra i cittadini, di cui gli ultra-cinquantenni mi sembrano i più agguerriti nel difendere le posizioni del buon senso e delle libertà costituzionali. E poi bisogna capire una volta per tutte che una cosa è la Scienza con la “S” maiuscola, un’altra cosa è la scienza di BigPharma! La Scienza non è un’entità astratta e benevola, ma è costituita da società farmaceutiche con un enorme volume di profitti e un altrettamento immenso giro di “investimenti” sulla classe medica.
– Quindi non si riesce proprio ad avere un confronto sereno con gli altri esperti per chiarire le idee alle persone comuni?
– Il dibattito ormai è troppo inquinato: non si discute con dei dottori, ma con degli informatori farmaceutici.
– E i Suoi clienti cosa dicono? Sono scappati quando hanno saputo che protestava contro la narrazione ufficiale?
– Tutt’altro! Ne ho persino acquisiti di nuovi, vengono anche da altre città. Ho perduto pochi tra i clienti storici, perché la maggioranza di loro ha sempre ottenuto splendidi risultati l’approccio integrazionale preventivo che suggerisco, quindi a maggior ragione oggi si affidano a chi dà loro soluzioni efficaci.
Vive a Mosca dal 2006. Traduttore dal russo e dall’inglese, insegnante di lingua italiana. Dal 2015 conduce conduce su youtube video-rassegne sulla cultura e la società russa.