Generale Tricarico: “La politica delle porte aperte alla Nato è sbagliata. La Nato andrebbe ripensata in modo inclusivo, anche verso la Russia “
Continua a viaggiare sul doppio canale della diplomazia e delle manovre militari la crisi fra Russia e Ucraina. La macchina dei colloqui si è mossa febbrilmente con un leader europeo, il presidente francese Emmanuel Macron ricevuto il 10 febbraio scorso al Cremlino dal suo omologo russo Vladimir Putin, con l’obiettivo di una de escalation della tensione. Tentativo in parte naufragato dopo la richiesta “scritta” da parte di Putin che la Nato arresti le sue velleità di inglobare la repubblica ex sovietica. Oggi il ministro degli Esteri inglese Liz Truss, è volato a Mosca, avvertendo che un conflitto sarebbe “disastroso” anche per la Russia, sollecitando Mosca ad abbandonare “la retorica da guerra fredda”, per intraprendere la strada della diplomazia. Immediata la risposta del capo della diplomazia russa Sergej Viktorovič Lavrov, che respinge le accuse di una invasione, bollandole come un pretesto per un rafforzamento della presenza militare del blocco occidentale nell’Europa orientale. Ne parliamo con il generale Leonardo Tricarico, presidente della Fondazione Icsa, già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica con una lunga esperienza di missioni all’estero.
Da stratega ed ex Comandante della quinta Forza aerea tattica alleata della Nato come crede possa risolversi il conflitto?
Il conflitto è una questione che riguarda Kiev e Mosca, non vedo come si possa spingere per l’uno o per l’altro. Quindi l’Europa, l’Onu e qualunque altro contesto bilaterale o trilaterale deve dialogare con entrambi se vuole dare un contributo, ma la Nato non c’entra nulla. Occorrerebbe che per l’Ucraina venisse individuato un modello di regime speciale – che la tenga fuori dalla Nato, perché causa di problemi enormi – che possa però garantirne la sicurezza e l’integrità territoriale. La politica delle porte aperte alla Nato è sbagliata, bisogna finirla. L’America ha sempre incoraggiato gli ingressi di Paesi, ma Kiev rimanga libera di decidere autonomamente.
Dal suo punto di vista, il presidente francese Macron, nel suo ruolo di pacificatore, ha fatto bene ad avere incontrato Putin prima e Zelensky dopo, per giungere a una de-escalation della crisi o si è trattato dell’ennesima passerella davanti agli occhi del mondo?
Macron è sempre presente. Sono sempre loro a sparare il primo colpo, è immancabile, e anche questa volta sono partiti per primi. Se l’obiettivo di Macron è quello di pacificare e dar corso ad una de-escalation, allora viva Macron e chiunque si adoperi in questo senso. Non so cosa si siano detti e quale sia stata l’agenda dei due leader, ma sicuramente il proposito del presidente francese era quello di gettare acqua sul fuoco e non benzina, come sta facendo qualcun altro.
A chi si riferisce?
A Biden, che ha sollecitato rinforzi nei Paesi della Nato, inviato truppe, lanciando messaggi tutt’altro che pacificatori. Non è questo che ci vuole adesso, anche perché lo sta facendo in un’area dove possibilmente le ricadute saranno più gravi per noi e non per loro.
All’Adnkronos ha detto che sono oltre 30 anni che l’Italia, insieme ad altri Paesi della Nato, sta sollecitando l’attenzione dell’Alleanza verso i problemi veri della sicurezza per il nostro Paese, il fianco Sud: l’Africa. Ritiene che questa attenzione da parte di Roma sia ancor attuale?
Tutti gli incontri istituzionali sia a livello politico che militare hanno sempre contemplato un interesse italiano verso quell’area della Nato. Ma la montagna ha partorito il topolino, nel senso che l’apertura a Napoli di un organismo di intelligence (la “Nato Strategic Direction South Hub”, l’Osservatorio dell’Alleanza atlantica su Medio Oriente, Nordafrica, Sahel e Africa Subsahariana, il cosiddetto fronte Sud, ndr). che possa tenere d’occhio tutta l’area, ha tanto il sapore del contentino. Non è di fatto nulla più di questo, sicuramente troppo poco, quando invece la Nato andrebbe ripensata radicalmente nella sua missione, ristrutturata con un approccio inclusivo per tutti, Russia compresa. Poi, tornando alla sua domanda, l’Italia ha una politica estera molto debole, si può avvicendare chiunque alla guida del dicastero, ma nella sostanza la musica non cambia, perché il peso del nostro Paese è molto contenuto già da tempo e tutto quello che ambiziosamente ci si propone di fare, rimane una velleità quando l’Italia non diventa adulta. Dossier in cui noi possiamo dare un contributo ce ne sono tanti, ma abbandonando la velleità di essere “kingmaker”, come si usa dire adesso. In Libia, ad esempio, sta accadendo di tutto e noi non tocchiamo palla, mentre Turchia e Russia ormai la fanno da padroni. L’Egitto poi, è un Paese vitale per la nostra sicurezza, mi riferisco in particolare anche al fenomeno immigrazione, e per la nostra economia.
Addirittura un’apertura della Nato alla Russia, non è un po’ troppo?
Il mondo è cambiato e l’Alleanza atlantica nasceva quando c’era l’Unione sovietica. Ma oggi non esiste più e la Nato dovrebbe seguire i cambiamenti globali. Lo stesso Macron nel 2019 l’aveva definita “in uno stato di morte cerebrale” e per l’ex presidente americano Donald Trump era “obsoleta”, loro sono stati molto chiari.
Nasce a Palermo. Laureata in Lingue e letterature straniere all’Università degli studi del capoluogo siciliano, master in Giornalismo e comunicazione pubblica istituzionale, è giornalista pubblicista. Ha iniziato la sua carriera di giornalista, scrivendo di sprechi, inadempienze nella Pa e di temi ambientali per il Quotidiano di Sicilia, ha collaborato per alcuni anni col Giornale di Sicilia, svolto inchieste e approfondimenti su crisi libica e questione curda per Left, per poi collaborare alle pagine Attualità e Mondo di Avvenire, dove si è occupata di crisi arabo-siriana e di terrorismo internazionale. Ha collaborato col programma Today Tv 2000, l’approfondimento dedicato all’attualità internazionale. Premio giornalistico internazionale Cristiana Matano nel 2017.