Evacuazione degli armeni dal Karabakh, muoiono peacekeeper russi: ma gli armeni contestano a Mosca di non fare abbastanza

Evacuazione degli armeni dal Karabakh, muoiono peacekeeper russi: ma gli armeni contestano a Mosca di non fare abbastanza

22 Settembre 2023 0

Sembra si stia avviando a una conclusione definitiva la vicenda dell’exclave armena dell’Artsakh nel territorio dell’Azerbaigian. Proprio in questo momento sta avvenendo l’evacuazione della popolazione armena, sotto la supervisione delle forze russe per il mantenimento della pace. Nel frattempo si svolgono anche delle trattative fra le autorità di Baku e quelle del Nagorno Karabakh.

Peacekeepers russi morti durante l’evacuazione

Almeno sei soldati russi della “forza di mantenimento della pace” hanno perso la vita nel corso delle operazioni di evacuazione e altri sono rimasti feriti. Un gruppo armato ha fatto fuoco sul loro veicolo mentre erano di ritorno alla base di Stepanakert per continuare ad aiutare a portar fuori dall’exclave dell’Artsakh sia la popolazione civile che i combattenti armeni.

A partire dal 2020, i peacekeeper russi hanno protetto i cittadini e hanno fatto sì che la situazione non degenerasse. Il governo russo intanto ha inviato a quello azero note ufficiali in cui chiedeva e chiede che Baku rispetti le norme del diritto internazionale umanitario a beneficio dei civili. Da anni, infatti, va avanti una crisi umanitaria nel Karabakh armeno, generata dalla chiusura ad opera degli azeri dell’unica strada che consente di arrivare in quel territorio, il corridoio di Lachin.

Il ruolo della forza russa per il mantenimento della pace

L’accordo a tre fra Baku, Erevan e Mosca prevedeva che quest’ultima mandasse i suoi peacekeeper in qualità di osservatori e di controllori del rispetto della tregua da parte delle prime due. Purtroppo, i limiti del ruolo e delle responsabilità dei peacekeeper si sono fatti vaghi nel momento in cui il premier armeno Nikol Pashinyan ha riconosciuto al presidente azero Ilham Aliyev che il Nagorno Karabakh è territorio appartenente all’Azerbaigian. Nei confronti dell’Armenia, la Russia è impegnata da un’intesa bilaterale a proteggerne i confini, mantenendo le sue truppe nella base militare di Gyumri.

Per l’appunto, Mosca deve difendere le frontiere della Repubblica di Armenia, non quelle dello Stato a riconoscimento limitato dell’Artsakh. Quest’ultimo non solo non fa parte dell’Armenia – dunque non ricade nei termini dell’accordo sulla base russa – ma è circondato da territorio azero. Facile immaginare le catastrofiche conseguenze di un’intervento dei soldati russi in Azerbaigian: ma una mossa del genere sarebbe per Mosca illogica e priva di interesse.

Proteste armene contro i russi

Le proteste che sono state organizzate a Erevan di fronte all’ambasciata russa non hanno dunque molto senso. L’Armenia infatti non è stata attaccata nella sua integrità nazionale, perciò non può pretendere dalla Russia l’adempimento di nessun accordo né può pretendere l’aiuto degli eserciti dei Paesi del CSTO (Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva). Nonostante queste premesse, i manifestanti gridano al tradimento russo e condannano l’inazione dell’ex Repubbliche sovietiche del CSTO.

Ma non vi è una riga scritta nella quale si dica che i russi sono tenuti a difendere il Karabakh dalle azioni del governo azero. E ancora: per ben due volte, in summit presieduti dalla UE e dalla Francia, vi è stata la reciproca conferma formale dei confini e della sovranità territoriale da parte dell’Armenia e dell’Azerbaigian. Cioè è stato Pashinyan a riconoscere di fatto che l’Artsakh è territorio sotto giurisdizione azera. Dunque oggi gli armeni non possono chiedere ai russi di scogliere un pericolosissimo nodo che loro stessi hanno stretto.

Gli errori della dirigenza armena

I cittadini armeni dunque farebbero meglio a prendersela con la propria classe politica. Infatti è stata quest’ultima ad allestire le condizioni giuridiche e politiche per giustificare l’operazione “antiterroristica” lanciata da Baku nel Karabakh. Con le sue azioni o con la sua inazione, con le sue parole o con le dichiarazioni che a suo tempo non ha fatto, il governo di Erevan ha fatto sì che gli armeni dell’Artsakh debbano arrendersi e accettare le condizioni imposte da Baku. Senza contare, poi, che gli azeri hanno vinto anche sul campo, così che l’unica via di uscita per gli armeni è stata il cessate-il-fuoco.

D’altronde, come detto, è stato Pashinyan a dire che l’Azerbaigian ha sovranità e giurisdizione sui territori contesi. Una prima volta è stato un anno fa nel vertice di Praga, nel quale Erevan e Baku hanno ribadito l’impegno verso la Carta ONU e i Protocolli di Alma-Ata del 1991, nei quali vengono confermati i rispettivi confini. Una seconda volta lo scorso maggio a Reykjavik, quando Pashinyan e Aliyev hanno riconosciuto la rispettiva sovranità territoriale.

L’avvicinamento di Pashinian al blocco euroatlantico

Oggi osserviamo anche un altro fenomeno con ripercussioni di portata storica sul futuro dell’Armenia. È l’allontanamento di Erevan da Mosca e il suo avvicinamento a Washington e a Bruxelles. Che sia stato il fronte euroatlantico a spingere Pashinyan verso la situazione attuale? Bisogna segnalare due fatti che paiono concatenati e che sono importanti per immaginare i motivi di certe scelte della dirigenza armena. A distanza ravvicinata, Erevan ha rifiutato di ospitare le esercitazioni militari del CSTO, per condurre invece manovre congiunte insieme alle forze statunitensi.

Ed è interessante notare la coincidenza cronologica fra la fine delle esercitazioni con gli USA e l’inizio della fase finale della crisi nel Karabakh, con l’operazione “antiterroristica” effettuatavi dalle forze azere. Si potrebbero ipotizzare i vantaggi che derivano all’Occidente da una “normalizzazione” del Caucaso turco, con un Azerbaigian contento di avere mano libera nel Karabakh e dunque ben disposto a proseguire gli affari con la UE e una Turchia che, vedendo accontentato il suo “fratello minore”, ha un motivo in meno per far danni all’interno della NATO.

Purtroppo a farne le spese sono gli abitanti dell’Artsakh, prima strangolati da una crisi umanitaria e infne costretti a lasciare le loro case. Sembra si stia avviando a una conclusione definitiva la vicenda dell’exclave armena dell’Artsakh nel territorio dell’Azerbaigian. Proprio in questo momento sta avvenendo l’evacuazione della popolazione armena, sotto la supervisione delle forze russe per il mantenimento della pace.

Redazione Strumenti Politici
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