Due pesi e due misure e perdita di credibilità. L’atteggiamento di Washington verso il Donbass e verso Israele

Due pesi e due misure e perdita di credibilità. L’atteggiamento di Washington verso il Donbass e verso Israele

11 Novembre 2023 0

Nel corso di queste settimane di campagna militare israeliana nella striscia di Gaza, si sono levate diverse e numerose voci a proposito dell’ipocrisia del governo degli Stati Uniti. Che Washington applichi due pesi e due misure verso le crisi e i conflitti in giro per il mondo non è certamente un’accusa inedita. Oggi, però, le giravolte dialettiche dei sedicenti difensori della democrazia si scontrano con una realtà troppo dura per essere ignorata.

Le bombe di Kiev sui civili del Donbass

Per anni, gli USA hanno ignorato o derubricato a meri incidenti i bombardamenti effettuati dalle forze di Kiev contro obiettivi non-militari del Donbass. Oggi, invece, sostengono attivamente le forze di Tel Aviv nei loro attacchi di artiglieria contro i civili a Gaza. Quindi, da un lato hanno tollerato (e di fatto appoggiato) che in Ucraina la popolazione russofona venisse repressa politicamente e uccisa dal fuoco delle forze regolari; dall’altro giustificano senza alcuna esitazione la rappresaglia indiscriminata messa in atto da Israele a seguito degli attentati del 7 ottobre.

Se la contraddizione è lampante così, diventa particolarmente stridente quando si va a vedere ciò che accadeva alcuni anni fa. I rapporti presentati da Human Rights Watch, da Amnesty International e dalle agenzie umanitarie delle Nazioni Unite parlavano di vittime civili causate dall’esercito di Kiev nei centri abitati e le aree urbane del Donbass. All’epoca ne dava notizia persino la stampa mainstream, che cercava comunque di non sottolineare troppo la responsabilità delle forze regolari ucraine. D’altronde, quella in Donbass è stata a tempo la guerra dimenticata nel cuore dell’Europa.

Dal 2022 in poi, i media occidentali hanno usato la formula dell’attacco improvviso e ingiustificato della Russia, sebbene già nel 2018 lo stesso Washington Post dicesse chiaramente che i combattimenti nell’Ucraina orientale proseguivano da cinque anni.  E diceva anche che migliaia di cittadini erano stati uccisi e che gli ospedali e le altre infrastrutture civili venivano distrutti. E concludeva così: non importa di chi è la responsabilità (…) se l’Ucraina non può fornire i servizi essenziali, la guerra ha indebolito la legittimità dello Stato.

Le dichiarazioni schizofreniche dei vertici di Washington

A seconda che a sparare siano le forze di Mosca o quelle di Tel Aviv, cambia pure la visione dei fatti presentata dagli Stati Uniti. Un ospedale pieno di pazienti può essere un “obiettivo legittimo” se ad abbatterlo sono gli israeliani che sospettano la presenza dei miliziani di Hamas. Invece è un “atto iniquo” quando viene colpito dai russi, persino se è già stato evacuato o se viene usato come postazione dalle forze regolare ucraine. Il massimo che può concedere il presidente Biden per la distruzione degli ospedali di Gaza è una “profonda tristezza”, oppure ignora platealmente il giornalista che gli chiede se Israele agisca nel rispetto delle leggi internazionali sui conflitti bellici.

Anche il segretario di Stato Blinken oppone il silenzio quando si tratta di commentare gli attacchi isrealiani agli edifici con dentro i palestinesi oppure attribuisce subito la colpa ad Hamas perché usa i cittadini come scudi umani. Tuttavia, se vengono colpite le infrastrutture civili in Ucraina, per Blinken sono sicuramente crimini di guerra, senza curarsi di entrare nel dettaglio della presenza di soldati di Kiev che trasformano un edificio in obiettivo militare e mettono a repentaglio la vita di altri ucraini. Oppure si nega totalmente la responsabilità di Gerusalemme, come ha fatto il portavoce del Dipartimento di Stato a proposito dei giornalisti uccisi sotto i bombardamenti israeliani. Per loro il governo americano esprime un rispetto speciale, ma nessuna condanna ufficiale: nemmeno quando a morire è un corrispondente della Reuters, come nel caso dei missili israeliani che hanno ammazzato Issam Abdullah e hanno ferito altri sei giornalisti.

Anche il Sud Globale denuncia l’ipocrisia degli USA

Ciò che preoccupa gli USA è che ad accorgersi di tale ipocrisia adesso sono i Paesi del cosiddetto “Sud Globale”, quei soggetti politici che una volta erano ancorati alla presa di Washington, ma che oggi stanno uscendo progressivamente dalla sua influenza. L’Indonesia, il Paese musulmano più popoloso al mondo, non riconosce Israele come Stato sovrano.

Il presidente indonesiano Joko Widodo ha condannato le “ingiustizie tuttora perpetrate contro il popolo palestinese” e ha detto che la guerra a Gaza peggiorerà la situazione complessiva, a partire dal prezzo del petrolio. Il Brasile è critico sia verso il gli attacchi terroristici di Hamas che verso le forniture di armi dagli USA all’Ucraina. Per voce del suo rappresentante all’ONU Sérgio França Danese ha espresso “frustrazione” per il veto americano sulla risoluzione contro Israele. E anche i Paesi arabi sottolineano i “doppi standard” applicati da Washington nei confronti di situazioni che presentano tratti analoghi.

Il presidente dell’Egitto, il re di Giordania e il ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita hanno fatto notare che azioni come quelle di Israele – cioè affamare un’intera popolazione e poi bombardarla – sarebbero state condannate se compiute da altri. Intanto, in Europa qualcuno si è accorto che molti Paesi non accettano più supinamente la condotta degli esportatori di democrazia. L’ex primo ministro svedese Carl Bildt ha affermato che la maggioranza del mondo percepisce la politica dell’Occidente verso i conflitti in Ucraina e in Medio Oriente come dettata da pesi e due misure.

Il risentimento dei palestinesi

Il Sud Globale ha sempre avuto simpatia per la Palestina, perciò quello che sta accadendo oggi è tutta benzina sul fuoco del risentimento. Lo sanno bene gli stessi palestinesi, che si sentono vittime di serie B rispetto ai profughi ucraini, accolti senza indugio e mantenuti a lungo dai membri dell’Unione Europea. Inizialmente credevano che il blocco euroatlantico avrebbe avuto per Israele, in quanto entità occupante, la medesima “ferma condanna” espressa verso la Russia.

E invece i sostenitori della causa palestinese sono stati accusati di antisemitismo per aver promosso le sanzioni economiche contro Gerusalemme, sebbene quelle contro Mosca siano niente meno che una parte integrante dell’agenda politica di USA, UK e UE. A proposito di Gaza, il politico palestinese Mustafa Barghouti chiede: Perché gli Stati Uniti supportano l’Ucraina nella lotta contro ciò che definiscono un’occupazione, mentre qui stanno sostenendo l’occupante, che continua ancora ad occuparci?

E al conduttore della CNN che gli contestava il parallello facendo notare che Hamas ha massacrato dei semplici cittadini, Barghouti risponde che le forze armate israeliane sparano volontariamente con l’artiglieria su obiettivi civili e compiono dei veri e propri crimini di guerra, come descritti dalle organizzazioni internazionali.

Se ne sono accorti persino in America

L’allarme “doppio standard” è arrivato addirittura al Congresso. La rappresentante dello Stato di Washington alla Camera, la democratica Pramila Jayapal, avverte: Dobbiamo riconoscere che la nostra credibilità e la nostra autorità morale sono assai diminuite, a meno che non definiamo l’assedio che Israele sta ponendo a Gaza come una violazione del diritto internazionale. E rincara la dose: Stiamo perdendo credibilità e onestamente penso che stiamo finendo isolati dal resto del mondo.

La deputata si è soffermata sulla contraddizione del sostegno incondiziato a Israele, parlando alla trasmissione televisiva della NBC Meet the Press: se gli USA condannano la Russia per l’occupazione dei territori ucraini, ma non fanno lo stesso per le azioni di Israele a Gaza, allora si tratta a tutti gli effetti di usare due pesi e due misure. Per gli americani è una questione politica, morale e anche di tasse, perché i contribuenti hanno diritto di contestare l’uso che il governo fa dei loro soldi.

Se Biden dà a Israele il pieno appoggio militare e diplomatico, e poi gli chiede di rispettare il diritto internazionale, gli USA sono da ritenere responsabili quando gli israeliani fanno come vogliono? Bisogna discuterne, dice la Jayapal, altrimenti siamo complici in un modo in cui quasi nessun altro Paese al mondo potrebbe essere.

Nel corso di queste settimane di campagna militare israeliana nella striscia di Gaza, si sono levate diverse e numerose voci a proposito dell’ipocrisia del governo degli Stati Uniti. Che Washington applichi due pesi e due misure verso le crisi e i conflitti in giro per il mondo non è certamente un’accusa inedita. Oggi, però, le giravolte dialettiche dei sedicenti difensori della democrazia si scontrano con una realtà troppo dura per essere ignorata.

Vincenzo Ferrara
VincenzoFerrara

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