Con un nuovo progetto di legge gli USA si confermano campioni internazionali di doppio standard, stavolta per favorire Israele

Con un nuovo progetto di legge gli USA si confermano campioni internazionali di doppio standard, stavolta per favorire Israele

25 Giugno 2024 0

A Washington non si fanno scrupoli a difendere i propri interessi a discapito del pudore e della coerenza. I contorni di tale ipocrisia sono ancora più marcati quando nel concetto di interesse nazionale rientra quello dei gruppi di potere che possono influenzare le scelte del Campidoglio. Nella politica estera americana gli amici si coprono persino definendo “cattivo” chi fino a poco tempo prima descrivevano come “buono”. In America ragionano serenamente in questo modo.

Il disegno di legge H.R. 8282

Un esempio lampante lo si è appena avuto col disegno di legge H.R. 8282, intitolato Illegitimate Court Counteraction Act. Proposto e approvato dalla Camera dei Rappresentanti, per entrare in vigore necessiterà del voto favorevole del Senato e della sigla del presidente. Quindi c’è ancora parecchia strada da fare. Ma la via è stata tracciata e mostra con tutta la sua forza lo spudorato atteggiamento americano. Sotto questo punto di vista Democratici e Repubblicani si somigliano molto. Sono stati questi ultimi a far pesare la maggioranza alla Camera e a vincere con un sonoro 247 a 155. Significa che ben 42 deputati democratici filo-israeliani si sono schierati con il Grand Old Party e hanno votato a favore.

Il Congressman che ha proposto la legge è Chip Roy, rappresentante repubblicano del Texas che ha definito come “grossa minaccia alla sovranità degli Stati Uniti” la Corte Penale Internazionale (CPI). E proprio contro tale organismo è indirizzata la norma, che bloccherebbe l’ingresso nel Paese ai membri della Corte e impedirebbe loro di fare acquisti o altre operazione sul territorio statunitense. L’idea è nata dopo che il procuratore capo Karim Khan ha emesso il 21 maggio un mandato di arresto contro il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il suo ministro della Difesa Yoav Gallant. Per Washington non vale che abbia contestualmente spiccato il mandato anche contro tre capi di Hamas.

Khan ritiene che tutti costoro abbiano una responsabilità penale nei fatti che hanno sconvolto la striscia di Gaza a partire dal 7 ottobre 2023 fino ad oggi. Si parla di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità ed è la prima volta che la Corte Penale Internazionale (CPI) va a toccare direttamente dei leader israeliani. Ma avendo toccato i vertici israeliani, per gli USA bisogna reagire a prescindere.

Le dichiarazioni dei favorevoli

No, per i politici americani i vertici di Tel Aviv non vanno toccati nemmeno con un documento. Il portavoce della Camera Mike Johnson ci va subito giù pesante: La CPI deve essere punita per questa iniziativa. Non possiamo permettere tutto ciò. La sua preoccupazione è rivolta al futuro di Washington: Se si permette alla CPI di procedere contro i leader di Paesi che compiono azioni con cui non è d’accordo, chi ci garantisce che un giorno non procederanno contro l’America? Anche la repubblicana Elise Stefanik ha parole durissime contro la Corte: La CPI ha scelto il lato sbagliato della storia nel momento in cui ha emesso un mandato per il primo ministro Netanyahu e altri ufficiali della Difesa israeliana.

Ad essere prepotentemente a favore del disegno di legge H.R. 8282 è naturalmente l’American Israel Public Affairs Committee (AIPAC), la principale lobby statunitense pro-Israele che include esponenti dell’intero panorama politico e sociale americano. Secondo l’associazione, il lavoro della Corte Penale Internazionale si basa su motivazioni politiche e non ha solide fondamenta legali. Nel caso del mandato di arresto, si tratta di un pericoloso precedente che potrebbe essere usato in azioni future contro l’America. Inoltre elogia il progetto di legge come una risposta al moralmente corrotto e giuridicamente infondato attacco contro Israele.

Cosa dice la Casa Bianca?

Ora vedremo che posizione prenderà il Senato a maggioranza democratica. I senatori decideranno di approvare la bozza e mandarla al presidente per la firma? Per adesso sembrerebbe di no, ma alcuni sono determinati a farla passare. Ad esempio il senatore democratico della Pennsylvania John Fetterman, che ha espresso il desiderio di sanzionare la Corte per il suo ignobile atto, etichettando come “spazzatura” i suoi mandati di arresto.

Al momento il presidente Biden mantiene una posizione di equilibrio e ha detto di opporsi all’Illegitimate Court Counteraction Act. Al tempo stesso, però, condanna le iniziative della Corte, ritenendo “oltraggioso” il mandato di arresto per Netanyahu e indignandosi per la “falsa equivalenza morale” con cui ha messo sullo stesso piano accusatorio sia i leader del governo israeliano che i capi di Hamas. Inoltre l’amministrazione Biden accenna alla possibilità di sanzioni contro gli esponenti della Corte. Su questo punto, l’AIPACE invita il presidente a valutare iniziative sanzionatorie “caso per caso”, a seconda della convenienza rispetto all’interesse della sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

Una storia di costante doppiopesismo

Dell’alternanza americana fra la strenua opposizione alla Corte e l’elogio della sua opera ha parlato in un suo articolo Andrea Furger, per molti anni collaboratrice dell’ufficio del procuratore della CPI. Ha dunque visto da vicino i cambi di posizione e gli slittamenti di opinione degli USA sul lavoro dei giuristi internazionali. Fin da subito, comunque, Washington aveva messo in chiaro che non dovevano permettersi di toccare i rappresentanti dello Stato americano. Con una legge del 2002 ha infatti dato al presidente la facoltà di usare “tutti i mezzi necessari” – inclusa dunque la forza militare – per liberare gli ufficiali a stelle e strisce qualora detenuti in attesa di giudizio all’Aia.

Il doppiopesismo più clamoroso lo si è visto comunque negli ultimi due anni, quando a Washington hanno esaltato il mandato di arresto contro Putin emesso dalla Corte. Biden l’ha definito “legittima” e un alto funzionario americano ha descritto la CPI come un elemento importante “dell’ecosistema della giustizia internazionale”. Oggi le parole dell’establishment americano verso la Corte sono di tenore totalmente opposto. Ormai è chiaro il perché. A Washington non si fanno scrupoli a difendere i propri interessi a discapito del pudore e della coerenza. I contorni di tale ipocrisia sono ancora più marcati quando nel concetto di interesse nazionale rientra quello dei gruppi di potere che possono influenzare le scelte del Campidoglio. Nella politica estera americana gli amici si coprono persino definendo “cattivo” chi fino a poco tempo prima descrivevano come “buono”. In America ragionano serenamente in questo modo.

Martin King
Martin King

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