Carenza di missili negli arsenali ucraini, tra promesse mancate e autoesaltazione

Carenza di missili negli arsenali ucraini, tra promesse mancate e autoesaltazione

27 Ottobre 2025 0

Niente Tomahawk e troppi pochi missili di produzione nazionale. Eppure qualche soggetto importante dice che l’Ucraina se la cava da sola, anzi che presto diventerà il produttore missilistico numero 1 in Europa. Ma ora mentre crolla il fronte del Donbass cosa si fa?

Promessa mancata

Roman Kostenko, deputato della Verkhovna Rada e segretario della Commissione parlamentare su sicurezza nazionale, difesa e intelligence, ha ricordato come un anno fa Zelensky avesse promesso che nel 2025 sarebbero stati prodotti in Ucraina 3mila missili da crociera. Promessa mancata: i missili non ci sono e i motivi Kostenko dice che li aveva intuiti subito dopo quell’annuncio. Un numero così grande di pezzi era infatti un compito troppo arduo, in primo luogo a causa del costo. Ora però Zelensky deve andare fondo, dice il deputato, e chiedersi se è stato informato male a proposito della fattibilità del progetto oppure se la colpa dell’inadempienza è da attribuire a coloro ai quali lo ha affidato.

Niente Tomahawk, ma manca un altro elemento

È stato scritto molto in questi giorni sul rifiuto (o il rinvio) dei Tomahawk da parte di Trump. I media non hanno sottolineato abbastanza un elemento apparentemente secondario, ma indispensabile, senza il quale la concessione dei missili sarebbe servita a poco: le piattaforme di lancio. Mancano pure quelle agli ucraini, a maggior ragione perché i Tomahawk sono sparati generalmente da navi allestite o da sottomarini e Kiev ne è sprovvista. Servono dunque lanciatori di terra, come ad esempio il Typhon, che può servire sia il Tomahawk che l’SM6 e che è stato recentemente consegnato alle Forze armate di Giappone, Australia e Filippine. Gli ucraini sanno che purtroppo gli USA ne hanno una scorta bassa.

Per questo motivo Zelensky ha incontrato a Washington il produttore di tale sistema, la Lockheed Martin, mentre il suo capo di staff Yermak ha parlato con un altro fabbricante di armamenti, la RTX Corporation. Certo, è possibile che nella discussione con Trump sui Tomahawk fosse implicita la presenza delle piattaforme, ma per la Russia una batteria di missili a lunga gittata priva di lanciatori non rappresenterebbe una minaccia, ma un bersaglio.

I missili Flamingo

Il deputato Yegor Chernev fa notare che per minacciare il territorio russo l’Ucraina ha già il missile Flamingo, di produzione nazionale. Si chiama così per il colore rosa finito per caso su un modello usato per i test. Meno preciso del Tomahawk, ma capace di portare un carico esplosivo tre volte più potente, è anche piuttosto grosso e facile da individuare per la contraerea russa. Come dichiarato da Zelensky, ce ne sono un centinaio a disposizione e gli impianti segreti della Fire Point attualmente ne sfornano due al giorno al costo di 500mila dollari l’uno. Entro l’inizio del 2026 si arriverà a sette al giorno.

Se tale programma sarà effettivamente realizzato, l’Ucraina avrebbe dopo qualche tempo più razzi a lungo raggio di Francia e Gran Bretagna messe insieme. Quindi sarebbe il detentore della seconda forza missilistica più potente d’Europa, dopo la Russia. Soprattutto diventerebbe un fornitore chiave degli eserciti alleati, che avrebbero così un notevole motivo per tenersi stretta Kiev anche senza farla entrare nella NATO. Un’Ucraina militarmente potente sarebbe infatti un alleato utile e desiderato dai Paesi occidentali e non più un pozzo senza fondo in cui finiscono miliardi su miliardi.

Gli ucraini stanno a posto così… oppure no?

Il problema è che si tratta di calcoli e di ragionamenti basati sulle stime avanzate dagli ucraini stessi. Un po’ come chiedere all’oste se il vino è buono. Oppure è praticare lo wishful thinking tipico di certa mentalità angloamericana, come fatto da Hans Petter Midttun, ex membro della Difesa norvegese e oggi parte dello Ukrainian Institute for Security and Law of the Sea. Sebbene gli annunci di Kiev sulla produzione missilistica di massa non siano comprovati, dice, il fatto che tali armi esistano e che gli ucraini le abbiano sviluppate in tempi rapidi per colpire bersagli in territorio russo costringerà Mosca a rivedere previsioni e strategie. Inoltre ridurrà la dipendenza dell’Ucraina dagli aiuti occidentali.

Insiste su punto Kyrylo Budanov, capo del GUR, l’agenzia di intelligence del Ministero della Difesa, il quale afferma che il 99% degli ultimi attacchi contro il territorio russo, compresi quelli contro le raffinerie, è stato effettuato con missili di produzione locale. Oggi l’Ucraina opera in modo indipendente ed efficace, lo riconosce persino la Russia. Infatti secondo lui gli attacchi ucraini hanno generato risultati di gran lunga superiori contro la Federazione Russa che non le sanzioni economiche dell’Occidente. Viene spontaneo chiedersi: e allora perché Zelensky gira ancora per il continente col cappello in mano a chiedere sempre più armi?

Nebbia e pioggia disturbano le difese

Un altro problema che tormenta le difese ucraine è il maltempo autunnale. Zelensky ha dichiarato che l’efficienza è scesa del 20-30% a causa di nuvole basse, pioggia, neve e altri fenomeni della prima stagione fredda. I sistemi di orientamento e di guida delle armi vengono quindi disturbati e gli ucraini devono ricorrere a meccanismi meno sofisticati, ma anche meno potenti. In questo modo sempre più droni russi riescono a penetrare e a far danni. Nel frattempo bisogna fare i conti pure con le scorte di razzi e armi che vanno esaurendosi. Qualcuno suggerisce di utilizzare la copertura radar, ma una di buon livello come ad esempio quella israeliana costa troppo per Kiev.

 

Martin King
Martin King

Iscriviti alla newsletter di StrumentiPolitici