Straparlano della futura aggressione russa all’Europa, ma la NATO arma l’Ucraina almeno dal 2014
La recente intervista all’ammiraglio italiano oggi ai vertici della NATO fa luce su una situazione piena di contraddizioni. Si tratta del rapporto dell’Occidente con l’Ucraina e il suo atteggiamento verso la Russia. Kiev membro dell’Alleanza: ieri sì, oggi non più? Russia debole, ma smaniosa di arrivare a Lisbona? Mosca sbaglierebbe a sentirsi provocata, sebbene agli ucraini arrivino da anni laute forniture di armi occidentali?
L’intervista
Il 28 marzo l’agenzia di stampa RBC-Ukraine ha pubblicato un’intervista all’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, ex capo di stato maggiore della difesa e da gennaio presidente del comitato militare della NATO. Con tale incarico adesso è il portavoce e il rappresentante dell’Alleanza Atlantica, nonché il responsabile delle attività delle sue strutture militari. Dunque ha un ruolo di primissimo piano: nei confronti dell’opinione pubblica le sue parole costituiscono la posizione ufficiale della NATO, quanto meno dal punto di vista strettamente militare e operativo. Rispondendo alle domande di RBC, Cavo Dragone si è di fatto rivolto agli ucraini, ai russi e a tutti gli europei, chiarendo alcuni punti, ma lasciandone altri in sospeso o interpretabili.
Ucraina nella NATO: più no che sì
Una domanda secca posta all’ammiraglio riguardava l’ingresso di Kiev nella NATO, ma la sua risposta non è stata altrettanto diretta. Ha spiegato che non era mai stato concordato che qualora i negoziati di pace iniziassero e poi terminassero, ciò avrebbe sicuramente incluso anche l’adesione alla NATO. Un bel modo per dire agli ucraini “scordatevi le nostre promesse, di diventare membri NATO per adesso non se ne parla. A onor del vero, questo era il suo parere anche due anni fa, quando in Occidente il futuro benvenuto a Kiev era quasi unanime. Nel 2023 Cavo Dragone invitava alla prudenza: Non parlerei dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato: aspettiamo che le acque si calmino e che raggiungano un accordo. Secondo lui l’obiettivo primario era e resta ancora quello di una “pace giusta e duratura”. Per la membership ci sarà tempo, ma soltanto dopo che saranno soddisfatti determinati requisiti. Quindi, forse mai.
Eppure tutti la volevano…
Eppure nel 2021 a Bruxelles proclamavano ufficialmente che l’Ucraina sarebbe diventata membro, proprio come stabilito al vertice di Bucarest del 2008. Una storia non certo nuova, ma perseguita per anni anche con passi formali come il Membership Action Plan (MAP). Gli annunci pubblici dei vertici euroatlantici e i gesti concreti come la generosa fornitura di armamenti facevano dire due anni fa all’allora ministro della Difesa di Kiev che l’Ucraina in quanto Stato, con le sue Forze armate, è diventata un membro della NATO. De facto, non de iure, perché abbiamo le armi e sappiamo come usarle. Nel 2022, nove Stati membri avevano ufficialmente esortato ad accelerare il percorso per accogliere Kiev. L’allora segretario generale Jens Stoltenberg aveva cercato di placare i toni evitando i facili entusiasmi per tale appello, lanciato da Estonia, Lituania, Lettonia, Polonia, Romania, Slovacchia, Repubblica Ceca, Montenegro e Macedonia del Nord.
La Russia come aggressore a priori
Sul pericolo russo, Cavo Dragone è sicuro: La Russia rimane l’aggressore, qualunque siano le ragioni che sostiene di avere per le sue azioni. Dunque nessun apertura al dialogo, anzi scarica su Mosca l’onere di provare un reale interesse alla pace. E avverte il Cremlino: se la Russia dovesse fare un passo avventato, la risposta sarebbe catastrofica per Mosca. Infine mostra i muscoli: Non c’è dubbio che le nostre forze e le nostre capacità come NATO siano largamente preponderanti rispetto a quelle russe. E qui il dubbio nasce spontaneo: ma allora gli 800 miliardi del piano ReArm sono così urgenti e necessari? Una giustificazione volendo la si trova sempre, persino di fronte alle contraddizioni in termini e senza nemmeno scomodare Zelensky quando elogia la resistenza ucraina, la quale permetterebbe all’Europa di salvarsi dalla possibile “occupazione totale” da parte della Russia.
Deliri e previsioni
I calcoli del presidente ucraino sono opposti a quelli dell’ammiraglio: i soldati russi sono molti più di quelli euroatlantici e possono lanciare un’invasione della Polonia o della Lituania. D’altronde, dice Zelensky, non pensano ad altro. Assetati di dominio e disposti a combattere per ottenerlo a qualunque costo: con questo marketing, si può persino sorvolare sulle considerazioni numeriche. Che poi tanto possono essere piegate a qualsiasi esigenza grazie alle proiezioni temporali. L’intelligence danese, ad esempio, partendo dal presupposto che la Russia voglia a tutti costi l’Europa, distruggendola o conquistandola, ha di recente proposto questa scaletta: fra sei mesi Mosca potrebbe attaccare un Paese NATO confinante, fra due anni scatenerebbe una guerra regionale nel Baltico e infine tra cinque anni lancerebbe un’invasione dell’Europa su larga scala, posto che gli USA non intervengano. Insomma, partendo dai presupposti voluti, non importa quanto ideologici o semplicistici, si può giustificare qualunque spesa militare o posizionamento politico-strategico.
Pace buona o pace cattiva
Fortunatamente, Cavo Dragone non si limita agli slogan, ma fa delle considerazioni più articolate, dicendo che comunque l’eventualità di uno scontro con la Russia è minima, sebbene non impossibile, proprio perché la NATO ha una grande capacità di deterrenza e una forte postura difensiva, oltre all’uso della diplomazia. Per l’ammiraglio, ciò che caratterizza la NATO è dunque la combinazione di “soft power” e di “hard power”. La Russia lo sa e dunque non esagera. Aggiunge però che una cattiva pace in Ucraina potrebbe essere peggio di nessuna pace, dunque occorre impedire la vittoria russa, persino se parziale. Essa infatti sarebbe un segnale devastante a livello globale. Per questo motivo la NATO deve continuare a dare supporto materiale all’Ucraina, avendo in mente l’importanza di arrivare al tavolo dei negoziati in una posizione più forte possibile.
La NATO ha preparato Kiev alla guerra
Non è certo da oggi che Kiev riceve questo genere di appoggio da parte dell’Occidente. Bisogna risalire almeno fino al 2016, anno indicato dall’ammiraglio come avvio del “pacchetto di assistenza comprensivo” e di altre iniziative per l’incremento delle capacità ucraine di garantire la propria sicurezza. In sostanza, la NATO forniva armi e impartiva consigli e addestramento. E spiega che dagli anni ‘90 la NATO e l’Ucraina hanno sviluppato una forte partnership. Di fatto toglie così l’appiglio a chi nega che ci sia una manina occidentale che da decenni tira Kiev dalla parte di Bruxelles e di Washington. Senza nemmeno considerare le missioni congiunte svolte dall’Ucraina con l’Alleanza Atlantica (come Operation Ocean Shield del 2013 contro la pirateria) basti vedere come già nel 2014 il mainstream parlava apertamente di invii di armamenti. Qualche governo negava o sminuiva, ma sottolineava la gravità del conflitto in Donbass e l’importanza del sostegno militare euroamericano.

52 anni, padre di tre figli. E’ massimo esperto di Medio Oriente e studi geopolitici.