I dubbi dei politici europei sulla tenuta economica della UE e il nervosismo nei dibattiti

I dubbi dei politici europei sulla tenuta economica della UE e il nervosismo nei dibattiti

27 Maggio 2024 0

Ce la farà l’Unione Europea ad allontanarsi dal burrone su cui sta pericolosamente penzolando? Tornerà sulla strada dello sviluppo e dei valori che ispirarono la creazione della CEE? Detto in maniera più semplice, quali prospettive economiche ci darà Bruxelles per i prossimi anni? Le elezioni per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo sembra possano segnare grossi cambiamenti in questo senso.

Cinque anni consecutivi di crisi

Negli ultimi cinque anni l’economia europea ha subito una serie di crisi consecutive: il Covid, la guerra in Ucraina, l’inflazione alle stelle, lo shock energetico. Sullo sfondo, intanto, vi è la rottura delle relazioni con la Russia e il deterioramento di quelle con la Cina, oltre alla turbolenza nei rapporti col Medio Oriente a causa delle azioni di Israele. Questi problemi si sovrappongono e si intrecciano con le aree di dibattito politico che gli esperti dello European Council on Foreign Relations (ECFR) hanno delineato analizzando le intenzioni di voto dei cittadini europei. Sono cinque anche tali istanze, trasversali e intergenerazionali, e fanno saltare la classica distinzione dell’elettorato fra destra e sinistra, fra euroscettici ed europeisti a oltranza. Covid (o meglio, condizioni dei sistemi sanitari nazionali), Ucraina, cambiamento climatico, immigrazione e crisi economica sono dunque i temi su cui si giocano le preferenze degli elettori negli Stati membri della UE.

Problemi incrociati

Ad esempio per Polonia e Repubblica Ceca, che hanno accolto il maggior numero di profughi ucraini e sostengono Kiev militarmente, la questione delle relazioni con l’Ucraina si intreccia con le problematiche dell’immigrazione e con la tenuta economica del sistema continentale. Inoltre il costo dell’energia dipende anche dalla continuazione o meno delle sanzioni anti-russe. L’ex premier Paolo Gentiloni, oggi commissario europeo per gli affari economici e monetari, si mostra ottimista in merito. Sottolinea infatti come vi sia stata fra gli Stati membri unità sulle sanzioni, sulla reazione politica, sul disaccoppiamento dal gas russo. Sì, come no! Peccato che la Commissione sappia che gli europei cercano di eludere le sanzioni comprando il combustibile russo o vendendo i loro prodotti tramite Paesi terzi. La IÉSEG School of Management con sede a Lille ha trovato che la prova statistica che le sanzioni UE vengono massicciamente aggirate soprattutto nel caso degli articoli ad alta priorità.

Debito comune e crescita

L’Unione europea ha recentemente emesso un debito comune per la prima volta. Non è stata una conquista da poco, sebbene vi siano ancora molti dubbi sulla sua ripetibilità. Il pacchetto di aiuti è parte del piano NextGenerationEU ed è uno strumento finanziario da 800 miliardi di euro. Secondo l’europarlamentare francese Stéphanie Yon-Courtin, mettere d’accordo i cosiddetti Paesi frugali con quelli appartententi al Club Med è stato un “fatto storico”. Per il co-presidente del gruppo dei Verdi, il belga Philippe Lamberts, il NextGenerationEU è un “prototipo” ed è importante che il prototipo funzioni bene, in modo da poterlo rendere permanente. Invece l’eurodeputato olandese Michiel Hoogeveen vede nel debito comune europeo un errore, un “vaso di Pandora” dal quale possono impunemente attingere i Paesi già altamente indebitati.

L’ombra della Nexit

L’antipatia politica fra gruppi di Stati membri è alla luce del sole, sebbene talvolta venga strumentalizzata dagli europeisti integralisti. Nel 2020 l’ex premier Enrico Letta definiva i Paesi frugali con un altro nome: “tirchi”. Inizialmente erano Austria, Danimarca, Olanda e Svezia; per qualche tempo ne ha fatto parte anche la Germania, poi smarcatasi e unitasi alla Francia per chiedere la creazione del pacchetto comune di finanziamenti che esiste oggi. In compenso si è trasformata in “frugale” la Finlandia. Poi, con gli incrementi di spesa europea per l’assistenza all’Ucraina, anche altri hanno pensato a diventarlo. Dal gruppo potrebbe uscire però l’Olanda: non per cambiare atteggiamento sulla questione finanziare, ma per abbandonare completamente l’Unione Europea. Infatti la vittoria dell’euroscettico Geert Wilders alle elezioni dello scorso anno ha portato nel discorso politico la “Nexit”, l’uscita dei Paesi Bassi dalla UE sull’esempio della Brexit.

Contraddizioni

Eppure senza debito comune non c’è crescita. Gentiloni afferma che è impossibile partecipare alla corsa globale per le tecnologie pulite e alle sfide della competitività senza un solo euro di finanziamento comune. I finanziamenti post-pandemia termineranno nel 2026, dunque potrebbe non esservi abbastanza denaro per finanziare i progetti della transizione verde. L’ex premier non ci spiega però come conciliare il tanto agognato “green” con i milioni di euro spesi per le armi e l’assistenza bellica all’Ucraina. Quanto è green un carro armato? Quanto vale il suo acquisto come investimento nella crescita dell’eurozona? Manfred Weber, presidente del Partito Popolare Europeo, dice che il debito significa “meno opportunità di investimento per la prossima generazione”, perché in questo momento nessuno sa come pagare i tassi di interesse. Abbiamo bisogno di crescita economica, questa è la base dell’Europa. Siamo economicamente forti e dobbiamo riavviare il motore. Ma evidentemente mancano i soldi per la benzina.

Nervosismo in Francia

La scorsa settimana si sono sfidati in un dibattito televisivo il premier francese Gabriel Attal e il presidente del Rassemblement National Jordan Bardella. Europeista il primo ed euroscettico il secondo, si sono reciprocamente e vigorosamente accusati di mentire all’elettorato. Attal difende il mercato comune: gli appelli dei nazionalisti a comprare prodotti francesi violano le regole UE e sarebbero dannosi qualora gli altri Paesi dessero priorità alla produzione locale. Bardella sottolinea come a danneggiare gli interessi dei francesi sia invece l’appiattimento di Parigi sulle politiche europee. Nei sondaggi è in testa proprio Bardella, successore di Marine Le Pen alla guida di quello che fino al 2018 si chiamava Front National. Ce la farà l’Unione Europea ad allontanarsi dal burrone su cui sta pericolosamente penzolando? Quali prospettive economiche ci darà Bruxelles per i prossimi anni? Le elezioni per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo sembra possano segnare grossi cambiamenti in questo senso.

Giuliano Pellico
Giuliano Pellico

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