Cittadino singalese brutalmente ucciso in Pakistan: rapporti tesi con lo Sri Lanka

Cittadino singalese brutalmente ucciso in Pakistan: rapporti tesi con lo Sri Lanka

21 Dicembre 2021 0

I rapporti fra Sri Lanka e Pakistan sono in difficoltà a causa della brutale uccisione di Priyantha Diyawadanage, manager singalese picchiato a morte dalla folla e poi bruciato a Sialkot, nella provincia del Punjab. Le autorità pakistane hanno già arrestato più di cento persone e il premier Imran Khan ha bollato l’accaduto come “giorno della vergogna” per il suo Paese. Su Internet circola il video del linciaggio e del cadavere messo a fuoco, davanti al quale alcuni facevano dei selfie.

Le autorità riferiscono che la causa che ha scatenato la reazione della gente sembra essere stato un gesto “blasfemo” della vittima, che ha strappato dei manifesti con il nome di Maometto; tuttavia un testimone afferma che la rimozione dei poster fosse dovuta semplicemente alla preparazione dell’edificio per i lavori di pulizia. La moglie di Diyawadanage non è convinta della versione ufficiale, perché dopo undici anni di lavoro in Pakistan il marito sapeva bene come comportarsi nei confronti del sentimento religioso dei locali. Le autorità singalesi stanno cercando di contenere il clamore sull’incidente nel timore che la popolazione buddhista si rivalga sulla minoranza musulmana. La scia di polemiche, però, ancora non spegne: il ministro della Sicurezza pubblica dello Sri Lanka, retroammiraglio Sarath Weerasekara, ha condannato le parole del ministro della Difesa del Pakistan Pervez Khattak e lo ha invitato a scusarsi con i singalesi: Khattak ha infatti sminuito la gravità dell’omicidio commentando il comportamento della folla come “un’esuberanza giovanile” che capita normalmente.

Un altro decesso ha generato forti reazioni non solo a Kotte, ma anche a Tokyo: è quello di Wishma Sandamali, una trentatreenne singalese morta nel centro di detenzione per immigrati irregolari a Nagoya, dopo mesi di deterioramento della salute. Le autorità giapponesi hanno ritenuto fino alla fine che stesse fingendo di stare male per ottenere di essere rilasciata. Era stata trattenuta sei mesi prima quando la polizia ha scoperto che le era scaduto il visto. È stata criticata la stessa Ambasciata singalese per non aver informato la famiglia delle condizioni di salute della donna e non aver messo a disposizione il suo aiuto nella battaglia legale contro le autorità giapponesi. La morte ha provocato proteste e manifestazioni contro il pacchetto di modifiche alla Legge sul controllo dell’immigrazione e il riconoscimento dei rifugiati. Alla fine il disegno di legge è stato ritirato. Centinaia di stranieri sono ancora nei centri di detenzione per immigrati, 76 di loro da più di tre anni. Il caso di Wishma ha spinto le autorità a liberare finalmente alcuni di loro. E a settembre l’Alta Corte di Tokyo ha ribaltato una decisione dell’Agenzia per l’immigrazione, che aveva comunicato a due cittadini singalesi il rifiuto dello status di rifugiati e li aveva espulsi il giorno successivo senza dare loro la possibilità di fare ricorso.

Vincenzo Ferrara
VincenzoFerrara

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