Zelensky sta finendo invischiato nella sua stessa “ragnatela” di attentati e colpi a effetto
L’attacco di Kiev coi droni contro gli aerei militari russi è stato certamente audace, ma anche viziato da errori di prospettiva. Più efficace sul piano mediatico che su quello pratico, è stato un colpo foriero di conseguenze negative per gli stessi ucraini. Con l’operazione “Ragnatela” Zelensky finirà per restare intrappolato nella sua stessa rete. È questa la conclusione dell’analisi del giornale argentino Página 12.
Mossa audace ma avventata
I titoli dei principali giornali mainstream euroamericani hanno celebrato gli attacchi dei droni ucraini contro la flotta di aerei militari russi, definendola probabile punto di svolta del conflitto. “Cambio drastico nella strategia e nelle capacità dell’Ucraina”, “Uno dei maggiori eventi tattici della guerra”, “Una lezione magistrale di guerra moderna”, “È stata per la Russia una vera Pearl Harbour” e così via. Il governo di Zelensky tuttavia non ha solo portato lo scontro a un nuovo livello, senza considerare bene le conseguenze a breve termine delle sue azioni. Ha anche contribuito a un brusco aumento della tensione tra i due Paesi.
Stiamo parlando della “Operazione Ragnatela” effettuata il 1° giugno dai servizi segreti dello SBU contro quattro aerodromi militari russi. Centodiciassette droni sono stati trasportati dentro dei camion dopo essere stati ben camuffati e poi, una volta dentro il territorio russo, sono stati lanciati a distanza dopo aver aperto i tetti retrattili dei veicoli. Si è trattato di una mossa audace, ma avventata.
Non disattenzione, bensì obbligo per trattato
La BBC e altri media hanno diffuso le immagini dell’attacco quasi come fossero quelle di un videogame. Come se non bastasse tale atteggiamento infantile, quel che è certo è che l’evento in questione potrebbe generare conseguenze tali da far temere un’escalation catastrofica. L’Operazione Ragnatela è stata un’azione estremamente pericolosa, perché il suo obiettivo erano gli aerei strategici russi che portano i missili da crociera e gli armamenti nucleari. Il mainstream ha reagito con un misto di ingenuità e di ignoranza, attribuendo il successo dell’attacco al fatto che i velivoli fossero esposti. Da qui l’opinione dei media occidentali, i quali lo ritengono una disattenzione o un falso senso di sicurezza dell’alto comando militare russo.
Tuttavia, secondo le clausole del Trattato START sulla limitazione e la riduzione degli armamenti nucleari, accordo siglato ad alto livello fra i governi di USA e Russia, i bombardieri strategici devono rimanere sempre visibili con monitoraggio satellitare. Questo genere di aerei deve quindi stazionare in basi predeterminate e segnate per rendere possibile una successiva identificazione.
Pericolo di escalation
Certo, la Russia si è ritirata dal New START dopo lo scoppio delle ostilità aperte con l’Ucraina nel febbraio del 2022, perché non voleva permettere l’ispezione dei suoi impianti nucleari da parte delle forze della NATO. Tuttavia il Cremlino si attiene ad altri parametri fondamentali, come segnale determinante per la validità di un accordo di importanza fondamentale per il mantenimento della pace nel mondo. Mosca ritiene che l’attacco dei droni ucraini abbia diminuito l’efficacia futura delle sue forze nucleari. In conformità ai “Principi fondamentali della politica statale della Federazione Russa sulla deterrenza nucleare”, azioni come quelle svolte da Kiev potrebbero giustificare d’ora in avanti l’uso di armi nucleari da parte di Mosca.
Con l’aiuto dell’intelligence occidentale
Di fronte a tale situazione il governo ucraino è presto caduto nelle sue stesse contraddizioni. Zelensky all’inizio sosteneva di aver distrutto 41 aerei russi, ma dalle registrazioni video si può appurare che un impatto serio c’è stato solamente su una decina di essi. Inoltre, mentre Kiev cerca di presentare l’Operazione Ragnatela come un intervento quasi artigianale, con l’impiego di droni “casalinghi” da 400 dollari, guidati a distanza dal proprietario della flotta dei camion (un ex DJ aiutato dalla compagna, esperta di letteratura erotica), è emerso che la pianificazione dell’intera azione ha richiesto almeno diciotto mesi di preparazione e che vi hanno preso parte esperti di intelligence militare con conoscenza diretta dell’attuale complesso dei velivoli russi.
Ben difficile credere che una tale operazione possa essere stata portata a termine con successo senza la collaborazione della NATO e soprattutto dei servizi segreti britannici. E alla fin fine pure con l’aiuto degli USA, sebbene il presidente ucraino sostenga di non aver informato la Casa Bianca della pianificazione dell’attacco.
Divergenze fra Washington e Kiev
Ciò dimostra chiaramente le crescenti divergenze politiche e la prevalente sfiducia fra i governi di Zelensky e di Trump. Una delle critiche principali all’operazione proviene proprio da Keith Kellogg, il rappresentante speciale degli Stati Uniti per la risoluzione del conflitto russo-ucraino. In un’intervista televisiva del 3 giugno ha detto che l’Ucraina ha condotto un “attacco molto audace” contro gli aerodromi militari russi e ha avvertito che la misura attuata da Kiev avrebbe aumentato significativamente il rischio di un’escalation militare, peraltro a un “livello inaccettabile” per Mosca. Non sono mica espressioni di poco conto se dette da un ufficiale in pensione come lui, conosciuto pure per la sua ideologia neocon e soprattutto per le sue posizioni esplicitamente a favore di Zelensky.
Provocazioni
Il giorno dopo l’attacco i rappresentanti di ambo i Paesi si sono incontrati a Istanbul per ricominciare i negoziati di pace. Con un altro gesto provocatorio la delegazione ucraina ha tentato di imporre a Mosca diversi punti su quali sapeva che non avrebbe trattato, come il diritto a entrare nella NATO, decisione che dipenderebbe esclusivamente dal “consenso interno dell’Alleanza” e che non imporrebbe “alcuna restrizione al numero, al dispiegamento e ad altri parametri delle Forze armate ucraine, né al dispiegamento di truppe di Stati stranieri amici sul territorio dell’Ucraina”. Risulta evidente come Zelensky sia oggi il principale responsabile della continuazione di una guerra che non ha più il sostegno diretto della Casa Bianca, ma che è ancora finanziata da governi come quelli di Regno Unito, Francia e Germania, i principali promotori della “coalizione dei volenterosi”, l’alleanza di leader caratterizzata da un’estrema russofobia.
Terrorismo
Con scarse speranze di vincere un conflitto che si estende solo a beneficio delle multinazionali delle armi, Kiev ricorre sempre più spesso a colpi a effetto, come gli attacchi con i droni e pure a un numero crescente di attacchi terroristici, tenendo costantemente un atteggiamento da vittima vittimizzazione e dando la colpa alla Russia delle conseguenze delle proprie azioni, che sono assolutamente riprovevoli. Non c’è altro modo per spiegare l’aver organizzato sei esplosioni su treni, binari e ponti nella Russia meridionale che, tra il 25 maggio e il 6 giugno, hanno causato una quantità notevole di vittime civili e quasi un centinaio di feriti. Non volendo accettare una sconfitta inevitabile, soprattutto per i suoi interessi economici e politici, oggi Zelensky continua a invischiarsi in una rete sempre più larga, robusta e complessa nella quale purtroppo le azioni terroristiche ambiscono a diventare una pratica abituale, comune, ordinaria.

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