Trattative difficili fra Londra e le isole Mauritius: c’è di mezzo anche una base americana nell’Oceano Indiano
Prosegue la difficile trattativa fra il Regno Unito e la Repubblica di Mauritius a proposito delle isole Chagos. Il cambio di governo avvenuto a Port Louis a novembre ha complicato ulteriormente la questione, che coinvolge anche la gestione della base americana di Diego Garcia, nell’Oceano Indiano.
Le richieste del governo mauriziano
Il nuovo premier mauriziano Navinchandra Ramgoolam, entrato in carica il 12 novembre, aveva immediatamente espresso le sue riserve nei confronti dell’accordo in via di perfezionamento col governo di Londra. Secondo lui, infatti, i termini raggiunti non avrebbero generato quei benefici che la nazione si attende da un accordo del genere. Lo aveva dichiarato proprio dopo aver incontrato il consigliere britannico per la sicurezza nazionale Jonathan Powell. Di fronte al suo Parlamento aveva anche aggiunto di essere comunque pronto a cercare un’intesa con il Regno Unito. Inoltre aveva detto che il governo avrebbe comunicato ai britannici le sue “controproposte”. L’entità di queste ultime è stata rivelata appena un paio di giorni fa: 800 milioni di sterline all’anno come affitto del territorio per la base militari e in più altri miliardi come riparazioni.
Duro colpo per Starmer
Inizialmente a Londra si erano detti fiduciosi che il consenso sarebbe arrivato presto. Anzi, il ministro per i Territori d’oltremare Stephen Doughty aveva definito “totalmente comprensibile” che il nuovo governo mauriziano volesse avere più tempo per definire i dettagli dell’accordo. Tuttavia, nessuno si aspettava che a Port Louis fossero così determinati nel rigettare le condizioni già abbozzate. Non ne sta uscendo bene il primo ministro britannico Keir Starmer, prima accusato di voler affrettare la chiusura delle trattative prima che Trump salga alla Casa Bianca e oggi criticato per aver permesso che la controparte abbia avanzato tali pretese. I conservatori inglese si stanno opponendo al trattato invocando ragioni geopolitiche e di sicurezza nazionale. L’ex premier Boris Johnson dice che regalare le Chagos alle Maritius significa di fatto lasciare aperto l’ingresso nella regione alla Cina. Per Nigel Farage l’accordo potrebbe rovinare i rapporti fra Londra e la nuova amministrazione di Washington.
Un accordo epocale
Alla base dei negoziati c’è l’intenzione del Regno Unito di cedere alle Mauritius la giurisdizione sull’arcipelago Chagos. Fatto di una sessantina di isole, la più grande di esse ospita la base militare americana di Diego Garcia. Essa verrà trattenuta sotto il controllo di Londra con un contratto di affitto di almeno 99 anni. Ma Port Louis ha chiesto una cifra che gli inglesi ritengono eccessiva. A questo punto, pare, Starmer farà a sua volta una controproposta. Si tratterebbe comunque di un patto epocale, perché costituirebbe la rinuncia di Londra a un altro pezzo del vecchio Impero Britannico. Le Chagos infatti entrarono a farne parte nel 1814, mentre negli anni ‘70 venne costruita la base USA, che oggi ospita circa 2500 componenti del personale militare americano. Ma se Biden ha definito l’accordo come “storico”, il possibile prossimo segretario di Stato Marco Rubio lo vede come una “seria minaccia” alla sicurezza nazionale.
Il destino dei chagossiani
Per consentire l’allestimento della base, all’epoca vennero espulsi dall’isola 1500 chagossiani. Furono costretti a emigrare nelle Mauritius, nelle Seychelles e in Gran Bretagna. Per anni, costoro e i loro discendenti hanno lottato a livello legale per il diritto di tornare a casa. Secondo i termini della bozza, Port Louis sarebbe libera di farli trasferire nell’arcipelago, esclusa però l’isola di Diego Garcia. Ma la presenza stessa della base non piace alle Mauritius. Il vicepremier Paul Berenger ha infatti accennato alle cose che non si possono accettare se si è dei veri patrioti e che non è solamente qualcosa di riguardante la nostra sovranità. L’annuncio delle trattative in corso ha provocato reazioni non univoche nei chagossiani stessi. Alcuni vedono che si sta facendo un passo cruciale per la determinazione dei loro diritti, mentre altri si lamentano di non essere stati coinvolti nel processo negoziale.
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