Siria, i russi hanno salvato nella loro base migliaia di fuggitivi dalle stragi
La base aerea russa di Khmeimim sulla costa mediterranea della Siria si è rivelata fondamentale per salvare migliaia di civili oggetto delle persecuzioni e delle violenze scoppiate il 6 marzo.
I cittadini possono tornare a casa
La fase più aspra dell’emergenza pare ormai terminata. Negli ultimi giorni le autorità siriane sono riuscite a ristabilire un livello adeguato di sicurezza, di incolumità e di normalità per le comunità alawite minacciate. I comandanti della base russa hanno quindi fatto sapere a coloro che si erano rifugiati presso gli impianti che possono tornare alle loro abitazioni. Per agevolare il tragitto verso casa, sono stati riforniti di generi alimentari e di beni di prima necessità. Purtroppo a rendere più difficoltoso il ritorno c’è il fatto che molti di loro sono arrivati senza documenti. Era comunque diventato impossibile riuscire a ospitare tutti quanti per un tempo illimitato. La base semplicemente non è pensata come centro di accoglienza e non dispone di risorse sufficienti per i civili che l’hanno inondata.
Le stragi iniziate il 6 marzo
La tragedia era cominciata il 6 marzo, quando in un villaggio della provincia di Latakia (Laodicea) un abitante è stato assassinato. I locali hanno deciso di reagire recandosi nei pressi del villaggio di Jable, non lontano dalla base russa di Khmeimim. Hanno ucciso una quindicina di miliziani delle forze di sicurezza del governo provvisorio, che sono composte anche dagli integralisti provenienti dall’organizzazione Hay’at Tahrir al-Sham. In altre parole, da coloro che fino alla caduta di Assad erano considerati in Occidente dei terroristi e lo sono ancora oggi in Russia. Infatti l’assalto dei locali non è giunto solo come vendetta per l’omicidio di un compaesano, ma come mossa disperata contro le repressioni sanguinarie iniziate subito dopo la fine del precedente governo di Damasco. Purtroppo, da lì è partita una catena di ulteriori violenze, proseguite almeno fino al 10 marzo, che hanno provocato la strage di circa 1500 civili.
La fuga
Gli abitanti dei paesi della zona, in larga maggioranza appartenenti alla comunità alawita, sono scappati in due direzioni. Dei 13mila fuggiti, una parte è riuscita a giungere fino al confinante Libano, mentre circa 9mila persone ha trovato rifugio nella vicina base russa. Costoro, arrivati in fretta e furia in cerca di riparo presso il sito militare, sono stati sistemati in tende ovunque possibile, anche sulle piste di atterraggio. Dopo essere stati rifocillati e curati, molti sono stati evacuati direttamente in territorio russo. Ben 3mila persone sono state fatte arrivare in Russia con voli militari. È poi giunta una delegazione dell’amministrazione regionale di Jable per verificare la situazione e coordinare il ritorno dei cittadini ai loro villaggi.
Le posizioni ufficiali
Il Cremlino ha definito le stragi di civili come qualcosa di “completamente inaccettabile e ingiustificabile”. Mosca si aspetta che ora Damasco migliori le condizioni per la sicurezza di tutti i siriani, indipendentemente dall’etnia o dalla confessione religiosa. Riconosce comunque che in questo senso sono stati fatti ultimamente degli importanti passi avanti, anche collaborando con le organizzazione umanitarie internazionali. Il governo provvisorio ufficialmente afferma di voler scovare e punire i responsabili. Tuttavia è stato accusato dagli alawiti di aver consentito o incentivato le stragi, perciò oggi lavorerebbe anche per coprire le prove che ne mostrerebbero la complicità. Solo col tempo si vedrà se al-Sharaa avrà la volontà politica di garantire davvero la pace interna e la vita di tutti i siriani.

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