L’operazione verità di Roberto Napoletano in ‘La Grande Balla”: “Troppi soldi al Nord. Siamo passati dai grandi capitani d’impresa ai piccoli uomini della rendita privata sanitaria”

L’operazione verità di Roberto Napoletano in ‘La Grande Balla”: “Troppi soldi al Nord. Siamo passati dai grandi capitani d’impresa ai piccoli uomini della rendita privata sanitaria”

20 Aprile 2020 0

Tra gli ultimi libri usciti prima della pandemia da coronavirus spicca sicuramente il nuovo lavoro del direttore di Quotidiano del Sud-L’altra voce dell’Italia, già alla guida del Sole24Ore e del Messaggero Roberto Napoletano. Si tratta di “La grande balla. Non è vero che il Sud vive sulle spalle del Nord, è l’esatto contrario”, edito da La Nave di Teseo. Un libro assolutamente da leggere perché pare preconizzare quanto stiamo vivendo in questi giorni con la grande crisi della Lombardia e del Nord Italia. Abbiamo interpellato Napoletano per approfondire i contenuti di questo testo.

Infografica – La Biografia dell’intervistato Roberto Napoletano

– Come ha origine l’idea di questo saggio?

– Questo libro nasce da quello che abbiamo raccontato nel Quotidiano del Sud – L’Altra Voce dell’Italia dove, giorno dopo giorno, abbiamo svelato e documentato che ormai da un decennio – dalla riforma federalista a firma Roberto Calderoli – ogni anno 60 miliardi, dovuti alle regioni meridionali, vengono ingiustificatamente regalati alle Regioni del Nord. A testimoniarlo la forza incontestabile dei numeri, non di un analista amico nostro, ma comunicati ufficialmente dai Conti Pubblici Territoriali  dello Stato italiano voluti da Carlo Azeglio Ciampi quando capì che le Regioni si sarebbero tramutati in centri esorbitanti di spesa e voleva averle almeno sotto controllo. 

– Per spiegare questo “scippo”, Lei utilizza una metafora.

– Sì utilizzo l’immagine del gioco delle tre carte, che il mondo identifica con Forcella Napoli. Il gioco delle tre carte moderno è stato inventato prima a Pontida e poi a Varese. Tutto inizia nel 2009 è stata approvata la Legge Calderoli – che è una legge di attuazione del federalismo fiscale – ma fatta da un leghista che conosce la Costituzione, a differenza di quelli che sono venuti dopo. Calderoli in questa legge fissa dei paletti benprecisi: tutti i cittadini devono avere gli stessi diritti dalla scuola alla sanità, fino ai trasporti. Per ogni cittadino quindi Calderoli stabilisce che è necessario definire i livelli essenziali di prestazione, i fabbisogni standard e anche un fondo di perequazione. Si è detto  ci vuole un po’  di tempo per stabilire questi criteri e quindi nel frattempo utilizziamo il criterio di spesa storica. Doveva durare qualche mese e sono passati più di dieci anni. Risultato: carta vince e carta perde, che succede? Sono state gettate nel cestino le carte dei livelli essenziali, del fondo di perequazione e dei fabbisogni standard. L’unica carta a rimanere sempre sul tavolo è stata solo quella della spesa storica: dove il ricco diventa sempre più ricco e il povero sempre più povero. Così se oggi nasci in Puglia ad Altamura, ricevi per gli asili nido zero euro. Se nasci a Reggio Calabria 19. Se invece sei in Brianza te ne arrivano 3mila, ma non sono trasferimenti privati delle famiglie della Brianza, ma del bilancio pubblico nazionale e, cioè, di tutti gli italiani.

– Il presidente della Lombardia Attilio Fontana non la pensa come Lei.

– Ci siamo incontrati al Tg4 e ha replicato ai miei dati ufficiali con quelli della Cgia di Mestre. Questo mi ha molto inquietato, perché mostra quanto siano caduti in basso alcuni tra coloro che ricoprono determinati ruoli: un rappresentante delle Istituzioni non può non riconoscere i dati certificati dalla contabilità pubblica e affidarsi invece alla Cgia di Mestre, la quale con tutto il rispetto non ha la competenza necessaria per valutare la distribuzione della spesa pubblica. Il coronavirus ha messo in luce ciò che è contenuto ne “La Grande Balla”. Non pretendo che la Lombardia chieda scusa all’ospedale Civico di Palermo o a quello di Catanzaro o di Napoli, però tutti presidi tagliati a favore della sanità lombarda hanno poi visto decine di medici corsi in aiuto di Bergamo nel momento del bisogno. Vorrei quindi che fosse riconosciuto da Attilio Fontana che il frammentamento dei poteri decisionali avrebbe bloccato un Paese di 60milioni di persone. Una tesi che nel quotidiano che dirigo stiamo portando avanti da un anno in profonda solitudine. Oggi tutti ci danno ragione, ma la verità si saprà quando l’emergenza sarà passata e ognuno tenterà di riportare nel proprio bilancio il maggior numero di risorse possibili.

– Non crede che il titolo “La grande balla. Non è vero che il Sud vive sulle spalle del Nord, è l’esatto contrario” diventi ancor più deflagrante se considerato nell’ottica della pandemia da Covid-19?

– La Grande Balla anticipa le ragioni economiche della crisi del coronavirus. La regione della Lombardia riceve il triplo della regione Puglia ma non ha una popolazione tre volte più grande. Quello che è successo è una cosa inaudita, in particolare in ambito sanitario dove i soldi sono finiti indebitamente quasi sempre alla rendita della sanità privata. Sicuramente ci sono anche delle eccellenze ma ciò che emerge è che in Lombardia è totalmente assente l’idea della prevenzione, del bene pubblico, la cultura dell’ospedale pubblico. Questi soldi ricevuti in più dalla Lombardia e dovuti alla sanità pubblica del Mezzogiorno non sono  quindi  neppure serviti per finanziare la sanità pubblica lombarda  ma sono finite nelle casse dei privati. Ecco quindi che si è passati dalla generazione dei grandi capitani di impresa della Lombardia agli uomini della rendita privata sanitaria foraggiata dalle sempre crescenti prebende pubbliche. Sono arrivati così ex editori, ex petrolieri siderurgici, affaristi di ogni tipo. Questo libro è una operazione verità, un libro inchiesta che si fonda non su congetture ma su dati pubblici elaborati dal meglio della statistica e della contabilità nazionali e, cioè, da istituzioni che sono Istat, Corte dei Conti, Ragioneria di Stato, CPT.

– Pensa che alla fine la crisi del coronavirus allargherà la forbice tra Meridione e Settentrione?

– Molte imprese del Sud – avendo problemi annosi di ristrutturazione del debito – sono escluse dagli aiuti del Governo perché non è prevista la garanzia statale al 100% per le banche e le clausole di salvaguardia per i casi di npl o di forborne. È una vergogna assoluta e un danno certo per l’intera economia del Paese.  Non si agisce così in tempi di guerra. Francamente non avrei mai pensato di dover riproporrei il titolo che come direttore del Sole24Ore scelsi nel 2011 “Fate presto” a caratteri  cubitali. Eravamo diventati lo Stato da vendere, erano a rischio il risparmio e il lavoro degli italiani. L’Italia oggi con questa pandemia che è globale e riguarda 4 miliardi di persone  rischia di tornare a essere lo Stato da vendere. Per questo avvertendo i rischi di allora ho titolato   “Ri-fate presto” . Da un lato se il Governo pensa di fare un decreto liquidità, che non eroga contributi a fondo perduto e vuole invece fare indebitare le imprese per pagare gli stipendi, allora  ritorneremo al 2011. Si possono accendere prestiti in seguito per sviluppo non sicuramente ora. Se siamo di fronte alla  nuova grande depressione globale dove tutti saranno costretti a indebitarsi  oltre le proprie possibilità, allora è evidente che ad un certo punto tutti i creditori rinunceranno ad una parte di questi fondi. Alla fine i debiti di tutti verrano cancellati, magari prima in America poi in Europa. Nessuno può impedire oggi all’Italia di dare soldi a chi oggi nel Paese ha fame e non può mangiare. Così come non si può scaricare sulle imprese i costi del disastro che non hanno fatto loro. Dall’altro se non denunciamo l’anomalia mondiale della Regione Lombardia che registra il 50% dei morti italiani, il 10% dei morti della terra, e l’evidente fallimento di un modello di organizzazione e di spesa non saremo più credibili in futuro. Dobbiamo condividere i fatti e, se necessario, gridare  – come ho fatto io nella ‘Grande Balla’: sono stati dati troppi soldi pubblici al Nord. Questo ha determinato l’assistenzialismo, il finanziamento abnorme della rendita privata, è stata dimenticato la prevenzione. Il problema in Lombardia non è tanto che non ci si sia accorta di nulla mentre scoppiava la pandemia, quello è successo in tutto il mondo. La questione è che si è chiesto agli ospedali pubblici lombardi di gestire un’emergenza che non erano strutturalmente in grado di sostenere perché quegli ospedali pubblici erano stati da loro dimenticati e non erano attrezzati perché la gran parte della abnorme spesa ricevuta è finita nelle tasche delle cliniche private. L’ubriacatura di fondi però non si è fermata alla sanità: sarà un caso che la Brianza ha tra le prime 10 aziende sette filiali di aziende multinazionali e una società commerciale? Dove è finito il capitalismo delle grandi famiglie private italiane? Non abbiamo più la Montedison. L’Olivetti è sparita. L’Italcementi è tedesca. Lucchini non ha avuto eredi.

– Nel Suo saggio spiega come non vi sia soltanto un problema di classe politica, ma anche di classe dirigente e imprenditoriale.

– Assolutamente. Più sono arrivati soldi indebitamente al Nord più ne chiedevano affaristi di ogni genere alla politica locale e più la politica ne utilizzava per sistemare gli amici degli amici. I soldi non bastavano mai e si sono presi anche le risorse destinate specificamente al Sud e, quindi, non è vera neanche la grande balla che il Mezzogiorno spreca o butta via i soldi o perlomeno non è vera nella dimensione che si vuole fare credere. Pensiamo ai fondi per la coesione: sono stati azzerati in questi anni per sostenere i costi dell’austerità e ci sono le delibere del CIPE 2008 e 2009 a documentarlo. Stesso film per i fondi comunitari utilizzati per pagare la cassa integrazione straordinaria. Altro che buttare via i soldi, è arrivato nulla di nulla al Sud. Poi ci si stupisce che ci sia un treno a alta velocità  ogni venti minuti tra Torino-Milano e invece non ce ne è neppure uno al mese tra Napoli e Bari o tra Napoli e Reggio Calabria. Così è anche per  le mense scolastiche, gli asili nido, tutta la scuola, tutta la sanità . La verità vera che racconta “La grande balla” è che quanto rimprovera l’Italia agli olandesi in Europa è quello che è accaduto in Italia almeno negli ultimi 20 anni. Gli olandesi d’Italia sono una certa classe politica e imprenditoriale del Nord. 

– Secondo la Sua ricostruzione, la scelta di accentrare i soldi al Nord non sembra aver portato fortuna.

– E’ stata una scelta assolutamente miope. Non abbiamo più grandi imprese private, tranne alcune poche importanti eccezioni, le ultime sono quasi tutte quelle pubbliche. Abbiamo dei subfornitori di qualità i quali hanno pensato di prendere una scorciatoia alleandosi con la Germania e puntando sul l’integrazione tra Nord Italia e Nord Europa . La Germania è entrata in crisi e quindi il Nord è diventato l’appendice meridionale del gigante tedesco malato. Il Mezzogiorno, che è stato abbandonato, non è più il mercato di consumi interno così importante per i prodotti del nord. Il reddito procapite nel Mezzogiorno è la metà di quello del Nord. Risultato: gli unici due territori europei che non hanno raggiunto i livelli pre-crisi del 2008 sono il Nord (-2%) e il Sud (-10%) dell’Italia. Se il Nord non capisce che bisogna tornare a ragionare come nazione, in modo solidale,  bisogna tornare a rimettere in gioco le grandi società pubbliche di mercato e fare crescere quelle private, perderà sotto tutti i punti di vista. Il mio libro penso e spero sia da leggere per comprendere, ancora più oggi in chiave post pandemia, come riportare l’Italia ad essere leader mondiale. Il Nord deve tornare a ragionare non come un pezzo di territorio europeo che si aggancia al Nord Europa, ma come un pezzo del Nord che guida la rinascita del Nord e del Sud d’Italia insieme con più locomotive e l’unificazione infrastrutturale. Senza il mercato di consumi del Sud il Nord è un’economia che non può avere grandi ambizioni.

– Lei abolirebbe le Regioni?

– Bisogna ricostruire la supremazia dello Stato. Non ha certamente senso l’autonomia differenziata. Di certo è importante recuperare la cultura dei beni pubblici e dei suoi presidi. Le Regioni son state un errore. Abbiamo creato venti staterelli, in guerra perenne tra di loro che indeboliscono se stessi e gli altri. Ora il tema della riforma delle competenze delle regioni è all’ordine del giorno dell’agenda politica. Per anni però solo il sottoscritto, il professor Capaldo e pochi altri lo dicevano. Si abolivano le Province quando si sarebbero dovuto abolire le Regioni. Diffido però dei semplicismi: abolirle oggi avrebbe un costo. Ugo La Malfa nei suoi interventi  appassionati in Parlamento disse a metà degli anni ’70 che le Regioni avrebbero fatto aumentare i capi di gabinetto, i capi di sezione, avrebbero moltiplicato le clientele e avrebbero impedito al Paese di crescere. Da questo errore bisogna avere consapevolezza per potere ripartire in modo condiviso. Non si può continuare ad avere nel Nord Italia migliaia  di partecipate di enti locali che danno un reddito assistenziale ai trombati della politica. Perché i servizi generali del Piemonte devono costare cinque volte di più della tanto vituperata Campania che ha un milione e mezzo di abitanti in più? Sia ben chiaro: non è sempre stato così, parlo degli ultimi vent’anni. Prima ci sono stati investimenti pubblici di sviluppo dignitosi nel Mezzogiorno – mai come quelli sostenuti dai cittadini privati tedeschi  per riunificare le due Germanie – ma comunque importanti. 

– Lo spostamento di soldi dal Sud al Nord ha prodotto anche uno spostamento delle mafie?

– Si scopre l’acqua calda. Mi ricordo quando da direttore al Messaggero venne da me il prefetto Caruso e mi disse di non mandare più inviati in Sicilia perché ormai i mafiosi li abbiamo presi quasi tutti e di mandare piuttosto i giornalisti in Emilia-Romagna, in Piemonte, in Lombardia, in Veneto. Mi stava raccontando l’Italia che ora vediamo in una cartina curata dall Banca d’Italia, che ho pubblicato nel mio libro, dove si osserva il grado di infiltrazioni mafiose nel Nord Italia e nel Paese. Francamente fa paura. 

Infografica – La Scheda del libro “La grande balla” di Roberto Napoletano
Marco Fontana
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