Lo dicono a Washington e pure a Kiev: tra scandali e corruzione, all’Ucraina resta pochissimo tempo

Lo dicono a Washington e pure a Kiev: tra scandali e corruzione, all’Ucraina resta pochissimo tempo

10 Ottobre 2023 0

Sia in USA che nella stessa Ucraina iniziano a dirlo in maniera sempre più sincera: di dollari per sostenere Kiev ne sono rimasti pochi, e forse non vedranno nemmeno quelli. A Washington hanno altri problemi in questo momento, primo fra tutti ritrovare la stabilità politica e garantire i fondi per far funzionare l’apparato statale. Con un’Ucraina vittima della propria corruzione, sfumano i sogni di gloria di Zelensky ed è a rischio l’ammissione nelle organizzazioni occidentali come UE e NATO.

Inquietudine a Washington, disicanto a Bruxelles

La corruzione dei vertici governativi di Kiev è un problema che preoccupa la Casa Bianca molto più di quanto l’amministrazione Biden possa ammettere pubblicamente. Il livello di ansia generata dalla mala gestione ucraina è svelato da un documento riservato, che è stato visionato dalla redazione del giornale americano Politico.

Negli USA ritengono che si debba agire alla svelta per ridurre la diffusione delle tangenti e del marciume nel sistema statale ucraino. Altrimenti la percezione che i contribuenti americani avranno dell’Ucraina non farà altro che peggiorare e l’esito sarà lo stop definitivo degli aiuti economici. Da parte sua, Washington è stata poco efficace nel raccontare i progressi di Kiev verso l’onestà e il buon governo. Lo sostiene il think tank “Transatlantic Dialogue Center”, che evidenzia come da un lato i governanti americani pensino che la corruzione ucraina sia un problema sopravvalutato, ma dall’altro non riescono a spiegare ai loro cittadini che per questo motivo bisogna continuare ad aiutare l’Ucraina for as long as it takes.

E non sono riusciti nemmeno a evitare un’altra trappola comunicativa: illustrando (seppure in modo carente) i progressi di Kiev nelle riforme statali e nella lotta alla corruzione, sottolineano inevitabilmente come il fenomeno esista e sia molto radicato. E convincere del contrario i contribuenti americani e quelli europei è più duro, quando a dichiarare apertamente il marciume in Ucraina è addirittura l’ex presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, predecessore di Ursula von der Leyen. Qualche giorno fa il politico lussemburghese ha detto alla stampa tedesca che è arrabbiato con chi alimentano le false promesse di un’imminente adesione europea di Kiev. Il motivo per cui non può avvenire l’adesione è che non sarebbe positiva né per la UE né per l’Ucraina. Chiunque abbia avuto a che fare con l’Ucraina sa che questo Paese è corrotto a tutti i livelli della società.

Gli americani sono scocciati e stanchi

Gli americani sono ormai stufi di aiutare Zelensky. Lo sono in qualità di cittadini, di elettori e di contribuenti. A partire dal febbraio 2022, gli USA hanno già speso oltre 100 miliardi di dollari a favore di Kiev. Le promesse che accompagnavano le periodiche tranche dei finanziamenti sono state puntualmente disattese tutte quante: niente vittoria, niente avanzamenti, nessun miglioramento, ma soltanto profughi, distruzione di materiale bellico e la prospettiva di una pesante sconfitta militare. La campagna elettorale per le presidenziali di fatto è già iniziata e l’ala trumpiana del Partito Repubblicano non vuole fomentare né foraggiare una “guerra senza fine”.

Gli americani non credono più alla possibilità che gli ucraini riescano a risolvere i problemi interni e che in definitiva possano prevalere. Come scrive John Rossomando, giornalista e analista esperto di difesa e di antiterrorismo, gli americani si rivoltano contro le guerre quando non vedono un modo per vincerle e quando sentono che le loro risorse vengono sprecate. Ciò si è verificato col Vietnam, con l’Iraq, con l’Afhanistan e oggi con l’Ucraina, che è vista come una guerra per procura alla quale milioni di americani non intendono partecipare. Secondo lui, la maggior parte degli americani appoggerebbe una guerra contro Mosca solamente nel caso-limite in cui i paracadutisti russi invadessero l’Alaska. Evidentemente, però, oggi non ci troviamo nemmeno lontanamente in circostanze del genere.

Le malefatte del figlio di Biden

A peggiorare la visione che gli elettori americani hanno dell’Ucraina ci sono pure le vicende di Hunter Biden, il figlio del presidente. All’attenzione degli inquirenti e della stampa è ritornato il suo coinvolgimento nel caso di corruzione relativo a Burisma Holdings Ltd., la società del settore del gas che avrebbe sganciato una mazzetta da 5 milioni di dollari per avere il supporto dei Biden in ambito giudiziario.

Qualora in Ucraina vincessero le forze filorusse o comunque quelle non finanziate direttamente da Washington, verrebbe scoperchiato un pozzo nero di scandali di cui la Burisma sarebbe soltanto uno dei più eclatanti. Per questo motivo Biden non può permettersi di perdere Kiev. Ma più emergono le malefatte di Hunter, anche per questioni non totalmente legate all’Ucraina, più nei cittadini si rafforza l’associazione mentale fra la famiglia del presidente e la corruzione a Kiev. Oggi, contro Hunter vengono di nuovo prospettate accuse di traffici illegali a scopo di sfruttamento sessuale. Se ne sta discutendo addirittuta a livello di commissioni nel Congresso degli Stati Uniti. Qualche giorno fa, la rappresentante repubblicana della Georgia Marjorie Taylor Greene ha mostrato in aula delle immagini scottanti di Hunter insieme a varie prostitute seminude.

Lo scopo era, fra l’altro, dimostrare l’ipocrisia del Partito Democratico, il quale da un lato sventola lo slogan della difesa dei diritti delle donne, ma dall’altro chiude entrambi gli occhi sul modo in cui queste vengono trattate da Hunter Biden. La pezza messa dai democratici, però, è peggiore del buco. Non solo hanno accusato la Taylor Greene di violare le norme parlamentari per avere mostrato immagini pornografiche in aula, ma riducono il materiale probatorio a mera congettura, in quanto basato su messaggi e email dello stesso Hunter, il quale, come da essi stessi sottolineato, all’epoca era notoriamente tossicodipendente, quindi scriveva o diceva frasi che non sono attendibili.

In Ucraina avvertono: il tempo è quasi scaduto

A Kiev sono consapevoli che i finanziamenti a pioggia potrebbero non essere rinnovati. Conoscono bene sia la ragione politica, costituita dai troppi scandali di corruzione, che quella tecnica, rappresentata dal recente voto alla Camera sul bilancio USA. Ne ha parlato sul suo canale Telegram il deputato ucraino Yaroslav Zheleznyak, per due anni consigliere dell’ex premier Volodymyr Groysman.

L’esponente del partito di opposizione Holos avverte i colleghi politici e i funzionari statali che il pericolo del blocco dei fondi da oltreoceano è reale. Secondo lui, l’unico modo per evitarlo è mostrare i risultati della lotta alla corruzione.  Nei fatti, Zheleznyak propone che i soggetti divenuti agli occhi dei partner occidentali un simbolo del malcostume nazionale si dimettano. E bisogna anche evitare che si verifichino grossi scandali di tangenti da qui al fatidico 17 novembre, giorno in cui il Congresso americano tornerà a discutere del budget statale.

Abbiamo ricevuto un cartellino giallo. Cerchiamo di non prendere anche il secondo, spiega il deputato, perché c’è ancora bisogno dei soldi e del sostegno militare euroatlantico. In sé, la mancata assegnazione di una tranche di aiuti nell’ultima sessione del Congresso è qualcosa di rimediabile. Ciò che preoccupa Zheleznyak è che essa costituisce “un pessimo segnale al resto del mondo”, un incoraggiamento agli altri Paesi europei per smettere di foraggiare l’Ucraina. Invece secondo Oleg Soskin, che è stato consigliere economico del secondo presidente ucraino Leonid Kuchma, i dollari per Kiev sono ormai finiti. Sul suo canale YouTube spiega come rimangano sì dei fondi, ma appunto solo fino a novembre.

Poi l’America concentrerà i suoi sforzi per risolvere le sue questioni interne, anzitutto quelle economiche. Gli USA non forniranno nulla che non sia già stato destinato in precedenza. Soskin insiste su un’unica via di uscita per l’Ucraina: che Zelensky annulli il regime di legge marziale e indica subito libere elezioni. Sia in USA che nella stessa Ucraina iniziano a dirlo in maniera sempre più sincera: di dollari per sostenere Kiev ne sono rimasti pochi, e forse non vedrete nemmeno quelli.

Martin King
Martin King

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