L’intelligence Usa punta la lente d’ingrandimento sulle presunte manipolazioni politiche degli Emirati Arabi Uniti
Il tentativo di manipolare il sistema politico americano non sarebbe una prerogativa esclusiva di Cina, India e Russia. Ora a finire sotto la lente d’ingrandimento dell’intelligence statunitense vi sarebbe anche uno dei principali alleati nel Golfo, gli Emirati Arabi Uniti. Secondo il rapporto redatto dal National Intelligence Council anche Abu Dhabi avrebbe messe in atto “ampi sforzi per manipolare il sistema politico americano“.
A rivelarlo il Washington Post che spiega come l’alleato privilegiato della Casa Bianca avrebbe compiuto “tentativi illegali e legali di orientare la politica estera statunitense in modi favorevoli all’autocrazia araba“. Gli strumenti più utilizzati in tal senso sarebbero la dipendenza degli Stati Uniti dai contributi nelle campagne elettorali, la suscettibilità del sistema a potenti società di lobbying e l’applicazione lassista delle leggi sulla divulgazione intese. Sicuramente colpisce come l’azione dei servizi segreti, in modo irrituale, si concentri “sulle interazioni che coinvolgono funzionari statunitensi” più che sulle “minacce straniere” che sarebbero il mandato ufficiale degli apparati d’intelligence. La sensazione è che gli Stati Uniti siano vivendo una nuova stagione di maccartismo e che sia pronta quindi ad impegnare ingenti risorse anche per studiare la “politica interna americana” e gli eventuali nemici che si annidano all’interno della propria organizzazione amministrativa e tra i principali partner strategici in Medio Oriente e Europa. D’altra parte il Datagate ricorda come Washington non si sia mai tirata indietro dallo spiare i propri “amici”.
Non è un caso che come ricordato dal WP Bruce Riedel, un membro anziano della Brookings Institution che ha prestato servizio nel National Intelligence Council negli anni ’90 “Fare qualcosa del genere con un potere amico è unico. È un segno che la comunità dell’intelligence statunitense è disposta ad affrontare nuove sfide“.
Gli Emirati Arabi Uniti avrebbero speso più di 154 milioni di dollari per i lobbisti dal 2016. Ha speso centinaia di milioni di dollari in più anche in donazioni a università e think tank americani, molti dei quali producono documenti politici che vengono poi recepiti in patria e che pare verrebbero redatti in favore degli Emirati Arabi Uniti.
Secondo alcuni parlamentari Usa che hanno commentato questo dossier “È necessario stabilire una linea rossa molto chiara contro gli Emirati Arabi Uniti che giocano nella politica americana” e questo perchè l’azione degli Emirati andrebbe oltre il semplice spaccio di influenza ma sfocerebbe anche in azioni di vero e proprio spionaggi.
D’altra parte si sa ad esempio che Dubai aveva assoldato tre ex funzionari dell’intelligence e militari statunitensi per aiutare gli Emirati Arabi Uniti a sorvegliare dissidenti, politici, giornalisti e società statunitensi. L’anno scorso, tutti e tre avevano ammesso in tribunale di aver fornito sofisticate tecnologie di hacking agli Emirati Arabi Uniti, accettando di rinunciare ai loro nulla osta di sicurezza e di pagare circa 1,7 milioni di dollari per risolvere le accuse penali. Il Dipartimento di Giustizia ha pubblicizzato l’accordo come una “risoluzione unica nel suo genere“. Lascia però perplessa la scelta di non comminare la reclusione di queste persone che hanno solo dovuto pagare una sanzione pecuniaria irrisoria
Questo studio ricorda come gli Emirati Arabi Uniti sono tutt’altro che soli nell’usare tattiche aggressive per cercare di piegare il sistema politico statunitense a proprio piacimento. Arabia Saudita, Qatar, Israele, Taiwan e decine di altri governi organizzano campagne di influenza negli Stati Uniti nel tentativo di influenzare la politica statunitense. Ma il controllo da parte della comunità dell’intelligence degli Emirati Arabi Uniti indica un accresciuto livello di preoccupazione e un drammatico allontanamento dal modo elogiativo in cui il paese viene discusso in pubblico dai segretari di stato e difesa e dai presidenti statunitensi, che sottolineano regolarmente “l’importanza di approfondire ulteriormente gli Stati Uniti- Relazione strategica con gli Emirati Arabi Uniti”.
Dal 2012 è stato il terzo maggior acquirente di armi statunitensi e ha costruito quello che molti considerano l’esercito più potente del mondo arabo coltivando stretti legami con l’establishment politico, della difesa e militare degli Stati Uniti. Le forze armate degli Emirati Arabi Uniti hanno combattuto a fianco delle truppe statunitensi in Afghanistan, Iraq e Siria. Il paese ospita anche 5.000 militari statunitensi presso la base aerea di al-Dhafra e navi da guerra statunitensi nel porto di acque profonde di Jebel Ali.
L’attenzione sul ruolo degli Emirati Arabi Uniti a Washington è cresciuta in seguito alla morte dell’editorialista del Washington Post Jamal Khashoggi in Turchia. La CIA ha concluso che la sua uccisione è stata compiuta per volere del principe ereditario saudita Mohamed bin Salman, una rivelazione che ha indotto le società di lobbying di Washington e i gruppi di riflessione a recidere i loro legami finanziari con Riyadh. Sebbene gli Emirati Arabi Uniti non fossero coinvolti, lo status del principe ereditario di protetto di Mohammed bin Zayed al-Nahyan, il sovrano degli Emirati Arabi Uniti noto come MBZ, ha invitato a un maggiore controllo. Altro elemento che pare aver fatto rizzare le antenne dell’intelligence è il fatto che lo stato del Golfo ha anche fatto arrabbiare i funzionari statunitensi dopo che il cane da guardia del Dipartimento della Difesa ha affermato che gli Emirati Arabi Uniti potrebbero aver finanziato il Gruppo Wagner, un esercito mercenario russo vicino al Cremlino per le sue azioni in Libia, Ucraina e Africa.
L’indagine ha mostrato che negli ultimi sette anni, 280 membri del servizio militare statunitense in pensione hanno lavorato come appaltatori e consulenti militari per gli Emirati Arabi Uniti, più che per qualsiasi altro paese, e che i lavori di consulenza pagano profumatamente. Fondamentale per il successo degli Emirati Arabi Uniti a Washington è stato Otaiba, secondo il WP, un ambasciatore che ha stretto forti legami con potenti politici e leader aziendali in tutto lo spettro politico.
Raccogliere le voci dei protagonisti dalle varie parti del mondo e documentare i numeri reali inerenti ai grandi dossier e questioni d’attualità è il modo migliore e più serio per fare informazione. L’obiettivo finale è fornire gli strumenti ad ogni lettore e lettrice per farsi una propria opinione sui fatti che accadono a livello mondiale.