L’innovativo libro “Calcio & Geopolitica”: come spiegare la geopolitica globale attraverso il calcio in 300 pagine

L’innovativo libro “Calcio & Geopolitica”: come spiegare la geopolitica globale attraverso il calcio in 300 pagine

28 Febbraio 2023 0

In un mondo sempre più interconnesso, con cambiamenti tanto profondi quanto repentini, in cui i potentati economici dettano la linea alla politica, Calcio & Geopolitica”(Edizioni Nuovo Mondo), racconta il mondo del calcio e il suo rapporto con le relazioni internazionali e la politica mondiale.

Per presentare questo libro, abbiamo posto alcune domande ai tre autori, (Valerio Mancini, Alessio Postiglione e Narcís Pallarès-Domènech) che con un grande lavoro di squadra e di ricerca sono riusciti a far emergere le complesse ramificazioni in ambito politico, geopolitico, economico e culturale del calcio. Un lavoro accurato che è valso al libro la menzione speciale del Premio giornalistico e letterario Coni 2022. Un lavoro che i tre autori considerano in divenire, tanto che ci hanno anticipato che uscirà il 7 aprile la riedizione del libro, ampliata ed aggiornata, che si intitolerà “Calcio, politica e potere“.

Infografica – La biografia degli intervistati Mancini, Postiglione, Pallares-Domenech

– Da dove nasce l’idea di scrivere questo libro, che poi è frutto di un grande lavoro di squadra di ricerca, approfondimento ed analisi?

Abbiamo unito una delle nostre passioni, il calcio, alla conoscenza e lo studio in ambito geopolitico. Nonostante le diverse provenienze, geografiche e professionali, siamo riusciti a mettere insieme un’idea comune, che da semplice passione, appunto, è diventata sempre di più un lavoro, che in questi due anni ci ha portato numerose soddisfazioni, alcune delle quali, come la menzione speciale al 56° Concorso Letterario Coni 2022, assolutamente inaspettate.

Il libro è appunto un grande esempio di lavoro di squadra. Siamo assolutamente convinti che ciò sia necessario quando si affronta un tema così ampio e con sfaccettature così diverse come la geopolitica. Quello che inizialmente poteva apparire come un ostacolo si è trasformato nella vera forza del nostro libro. La geopolitica, infatti, richiede necessariamente quelle competenze multidisciplinari che caratterizzano i nostri tre profili accademici e background professionali: Alessio Postiglione è giornalista professionista, esperto di marketing e comunicazione politica e grande conoscitore del mondo arabo e del Sahel.

Valerio Mancini è specializzato in geoeconomia e sicurezza economica, criminalità organizzata e conosce molto bene alcune aree geografiche del mondo come l’America Latina (nello specifico Paesi come la Colombia e l’Argentina, storicamente protagonisti degli storici intrecci tra calcio, politica e criminalità). Narcís Pallarès-Domènech ha una grande conoscenza della geografia del calcio internazionale (club, nazionali e le varie competizioni che caratterizzano questo sport) così come della geografia delle lingue, i nazionalismi e le loro lotte geopolitiche per il controllo del territorio.

Il premio Nobel Bernand Show ha detto che una partita di calcio è il riassunto della storia universale in 90 minuti, noi abbiamo provato a spiegare la geopolitica globale attraverso il calcio in 300 pagine.

– Uno degli aspetti che colpisce maggiormente, nel libro, riguarda la definizione di calcio come fenomeno identitario e politico, con particolare riferimento al momento in cui gli Stati Moderni, sostituendosi alla Chiesa, hanno dovuto creare i loro miti. Cosa intendete con questa definizione?

Nel libro, analizziamo la teoria della “nazionalizzazione delle masse”, che si deve a teorici come George Mosse, Ernest Gellner, Benedict Anderson. Gli studiosi spiegano come il senso di appartenenza nazionale non sia innato, ma sia una ‘costruzione sociale’ prodotta attraverso una serie di regole e discipline.

I mezzi di comunicazione, lo storytelling, i monumenti alla nazione, l’epica nazionale, la scuola, l’alzabandiera a scuola, lo sport. Il calcio, in modo particolare, ha avuto questa funzione. Perché? Perché proprio il calcio è una lotta simulata per la conquista dello spazio, il campo avverso, e, come noto, fra gli elementi costitutivi dello Stato c’è il territorio. Non a caso, il linguaggio del calcio è quello politico-militare: attacco, difesa, bomber.

Ecco che, fra tutti gli sport che hanno favorito il processo di costruzione dei concetti di Stato e nazione, proprio il calcio è quello che ha rivestito il ruolo principale. Basti vedere quanto ha pesato il calcio nell’identità politica di Paesi come Uruguay, Brasile, Inghilterra, Scozia, ma anche della stessa Italia, con le vittorie di Pozzo, ottenute quando non ancora tutti gli italiani riuscivano a parlare in italiano e a comunicare fra di loro!

In questo contesto non dobbiamo sottolineare la questione “Superlega”, argomento di grande attualità e le cui ragioni e radici storiche sono ampiamente descritte nel nostro libro. Il progetto di una lega paneuropea, promosso e attualmente sostenuto da Juventus, Real Madrid e Barcellona, è una risposta diretta allo strapotere rappresentato dal monopolio di FIFA e UEFA e, nonostante lo shock iniziale, potrebbe davvero rappresentare una chiave di volta per l’identità stessa dell’Unione Europea. Esiste già infatti una “Superlega” e si gioca fuori dai confini UE, non a caso in Inghilterra, dove la Premier League sta giocando la Brexit calcistica, spodestando economicamente i campionati del Vecchio continente. La ESL rappresenta quindi a tutti gli effetti un possibile adeguamento ai nuovi scenari internazionali.

– Arriviamo al cuore del libro: dalle vostre ricerche, emerge un giro d’affari enorme; parliamo di 28,4 miliardi di euro, ben oltre l’economia di alcuni stati sovrani. Questo dato, unito al fatto che la FIFA riconosce situazioni problematiche, ovvero delle realtà-nazioni non riconosciute da tutti, come la Catalogna, Taiwan o la stessa Padania, rappresenta un elemento che può essere utilizzato a proprio vantaggio dalle varie potenze o un momento cui guardare positivamente?

In primis una delle ragioni che ha fatto diventare il calcio un attore geopolitico vero e proprio è la sua popolarità come fenomeno di massa e gli imponenti interessi economici che girano attorno al mondo del pallone. Questo è un fenomeno che si retro-alimenta. Dove ci sono soldi c’è business e ci sono di conseguenza i poteri forti che vogliono avvicinarsi sempre di più a questo fenomeno.

Il calcio quindi come strumento di propaganda, mitopoiesi e nation building (esistono pochi elementi di aggregazione potenti quanto una Nazionale di calcio nell’infiammare gli animi e irreggimentare le masse attorno a un’identità nazionale, o addirittura creare ex novo un’idea di Nazione altrimenti inesistente). Il calcio è tutto questo e molto altro: è un fatto sociale totale, direbbe Marcel Mauss; un’arma polivalente con cui ogni Paese, organizzazione o potere legittimo od occulto deciso ad avere un peso si confronta e studia modi per servirsene a proprio vantaggio. Pertanto, come qualsiasi fenomeno di massa, ci gravita anche la politica.

Calcio, potere e politica (che è poi il nome della riedizione del nostro libro che uscirà ad aprile 2023), formano quindi un triangolo geopolitico all’interno del quale c’è una lotta per il dominio di questo spazio declinato in diverse dimensioni. Poi c’è la questione FIFA e UEFA, organizzazioni svizzere con una funzione storica di cuscinetto para-diplomatico sin dalla sua creazione. E appunto, il calcio è uno strumento come abbiamo detto di soft power per gli Stati, ma anche e soprattutto per le nazioni senza Stato che affermano la propria esistenza, promuovono i propri valori, e proiettano la propria immagine proprio attraverso lo sport più popolare al mondo.

– Venendo all’ultima domanda, sempre in tema di principi, con questo giro d’affari, gli interessi in campo, il ruolo geopolitico del calcio, cosa pensate dello sport-washing? Ogni riferimento a recenti notizie di cronaca è causale…

Quello dello sport-washing è uno dei molti fenomeni multidimensionali che più e meglio ci fanno capire la relazione tra calcio, geopolitica e, soprattutto, geoeconomia. Tutti i Paesi che hanno problemi reputazionali in termini di “nation branding” cercano i mezzi più efficaci per contrastarlo. Nessuno vuole essere percepito in modo sbagliato o negativo, soprattutto se si vuole avere a che fare con il mondo occidentale, dove valori come la democrazia e i diritti umani sono considerati fondanti ed universali e non possono pertanto essere messi in discussione.

Sin dai tempi di Hitler o di Mussolini organizzare un mondiale di calcio o i giochi olimpici, rappresenta il miglior modo per “ripulire” la propria immagine o, in alcuni casi, far conoscere meglio il proprio Paese al mondo. L’esempio paradigmatico sono i recenti mondiali di Qatar 2022 e Russia 2018.

Ci sono però altri interessanti esempi in questo senso che vengono analizzati nel nostro libro: facciamo infatti riferimento al caso di Pablo Escobar, che nella sua amata Colombia punta subito sul calcio, elemento perfetto sia per riciclare i proventi del narcotraffico sia per ottenere i favori del popolo. Non è un caso infatti che, sotto la sua “supervisione” e grazie ai soldi dei narcos, il Nacional de Medellín, squadra di cui “el patrón” era anche grandissimo tifoso, arriva in pochi anni a vincere il campionato colombiano, la coppa Libertadores e addirittura giocarsi fino ai tempi supplementari la Coppa Intercontinentale contro l’invincibile Milan guidato da Arrigo Sacchi e finanziato da Silvio Berlusconi.

Infografica - La scheda del libro "Calcio & Geopolitica"
Infografica – La scheda del libro “Calcio & Geopolitica
Dario Roverato
DarioRoverato

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