L’industria militare americana finanzia e influenza il dibattito sull’invio di armamenti a Kiev

L’industria militare americana finanzia e influenza il dibattito sull’invio di armamenti a Kiev

4 Giugno 2023 0

I cosiddetti esperti dell’industria americana della difesa finanziano i think tank per scrivere a favore dell’invio di armi all’Ucraina e per inondare i media di articoli che spingono verso forniture militari sempre maggiori. Però gli autori di quei pezzi non dicono volentieri i nomi dei loro sponsor e nemmeno l’entità delle sponsorizzazioni. È ciò che sostiene Ben Freeman sulla rivista online del Quincy Institute for Responsible Statecraft, un centro studio fondato nel 2019 avente base a Washington.

Sulla rivista The Atlantic, il politologo Eliot Cohen ha fatto questo ragionamento: Parlando in modo brutalmente sincero, dobbiamo vedere i russi che scappano e disertano in massa, che sparano ai loro ufficiali, che si danno prigionieri o che muoiono. La sconfitta russa deve essere totale, deve essere un bagno di sangue… Per tale obiettivo l’Occidente deve dare con la massima urgenza all’Ucraina tutto ciò che può servirle. Ciò che né Cohen – che come è risaputo aveva a suo tempo caldeggiato l’invasione USA in Iraq – né il The Atlantic riconoscono è che la maggior parte degli armamenti menzionati in quell’articolo (compresi i missili a lungo raggio, gli F-16 e persino gli F-35) sono prodotti dai finanziatori del loro datore di lavoro, che è il Center for Strategic and International Studies (CSIS).

Un conflitto d’interessi messo a tacere

Sebbene la situazione sembri un eclatante conflitto di interessi, come risulta nel seguente articolo, nel mio ultimo rapporto per il Quincy Institute intitolato “I think tank finanziati dall’industria della difesa dominano il dibattito sull’Ucraina” dimostro come non sia un’eccezione, bensì la regola. I principali centri di analisi americani ricevono fondi in abbondanza dai fabbricanti di armamenti. Essi hanno dominato il mercato mediatico relativo al conflitto ucraino e molto raramente, anzi quasi mai, ammettono che le armi che stanno spingendo per l’invio all’Ucraina sono prodotte proprio dai loro sponsor.

In breve, quando sentite l’accademico di un think tank che disquisisce sul conflitto in Ucraina, ci sono buone possibilità che il suo datore di lavoro sia finanziato da coloro che traggono profitti dalla guerra, anche se non lo saprete mai con certezza. Il motivo è che il 78% dei centri di analisi estera americani ricevono fondi dal Pentagono o dai suoi appaltatori, come documentato nel rapporto.

Think Tank finanziati dal settore della Difesa

L’influenza dell’industria bellica è persino maggiore agli alti livelli: i dieci principali think tank di politica estera ricevono denaro dal settore della difesa. In molti casi i finanziamenti sono davvero enormi. Ad esempio il CSIS, il Center for a New American Security (CNAS) e l’Atlantic Council prendono più di un milione di dollari all’anno dai produttori di armamenti. Questi ed altri centri studio che sono beneficiari di ingenti fondi stanno spingendo pubblicamente per un risposta in forma maggiormente militare alla guerra in Ucraina da parte degli USA e, a differenza dei loro colleghi che ricevono poco o niente dall’industria bellica, stanno dominando il panorama mediatico sul conflitto.

Il nuovo rapporto analizza citazioni di questi prestigiosi think tank nei loro pezzi relativi al conflitto ucraino che vengono pubblicati dal New York Times, dallo Washington Post e dallo Wall Street Journal. Ne è emerso che i media riportano sulle loro pagine le parole dei think tank connessi al settore della difesa sette volte più di quelli indipendenti. Delle 1247 citazioni prese in considerazione, 1064 (cioè l’85%) erano quelle dei centri studi sostenuti dall’industria bellica. Peraltro due dei think tank più citati in articoli che parlano della guerra in Ucraina sono quelli che vengono letteramente inondati di dollari da parte della difesa, ossia il CSIS e l’Atlantic Council.

La trasparenza quella sconosciuta

Tuttavia, siamo a conoscenza dell’entità dei finanziamenti al CSIS e all’Atlantic Council solamente perché entrambi praticano una lodevole trasparenza rispetto ai loro sponsor ed elencano sui loro siti i nomi di tutti i donatori. Sfortunamente, molti altri think tank non fanno altrettanto. La relazione mostra infatti come un terzo di essi non riveli i nomi dei finanziatori; tra di essi vi sono proprio i centri studi maggiormente menzionati dagli articoli sulla guerra, come ad esempio l’American Enterprise Institute (AEI).

Anche se gli accademici dell’AEI hanno rivelato nel corso di eventi pubblici che la loro organizzazione riceve finanziamenti da appaltatori della difesa, essa non mette sul sito i nomi dei finanziatori. Nemmeno la stampa è trasparente rispetto ai conflitti di interesse degli esperti che cita. In nessuno degli articoli che abbiamo analizzato nel rapporto viene indicato che l’industria della difesa sponsorizza i think tank, i quali a loro volta promuovono politiche che possano per l’appunto portare profitto ai fabbricanti di armi.

La necessità di una riforma

Gli argomenti suesposti conducono ad alcune raccomandazioni concrete di riforma. Anzitutto, il Congresso dovrebbe obbligare i think tank a rivelare i nomi dei finanziatori. Dal momento che i centri di analisi godono di un ruolo importante nel processo di formazione degli indirizzi politici e ricevono enormi donazioni da parte dell’industria della difesa, di governi stranieri e di altri gruppi di interesse, è fondamentale che il pubblico e i politici sappiano chi finanzia l’esperto che stanno ascoltando.

In secondo luogo, i mass media devono riferire qualunque potenziale conflitto di interessi con le fonti che citano a proposito delle principali decisioni di Washington in materia di politica estera. Come detto nella relazione, evitando di fornire tale informazione, i media ingannano i propri lettori, ascoltatori o spettatori. Poiché il numero di ricerche che documentano il modo in cui i finanziamenti influenzano l’opera dei think tank è in aumento, il minimo che i media possano fare è di comunicare ai propri lettori quando sussiste la possibilità che una fonte sia faziosa, specialmente quando tratta questioni come la guerra e la pace.

 

Redazione Strumenti Politici
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