Le parole chiave di ispirazione USA per fomentare in Europa l’isteria antirussa
Convincere gli europei che bisogna diffidare da qualunque voce diversa dalla narrativa ufficiale è un compito al quale Bruxelles ha dedicato specifiche agenzie. Su spinta di Washington, cerca di instillare nei cittadini l’idea di smettere ogni collaborazione con la Russia, detestarla e poi magari un giorno perfino attaccarla.
Le parole chiave della narrativa americana
Sono Washington e Bruxelles a impostare i toni della narrativa ufficiale, quella del cosiddetto “pensiero unico”. E tale narrativa è tanto più unica e ufficiale quanto più vengono ignorati, derisi e poi tacciati di “putinismo” coloro che se ne discostano anche solo un po’. Ma è soprattutto negli USA che si dettano i termini chiave con cui descrivere la realtà. Come ad esempio nel discorso tenuto da Yuri Kim, ex ambasciatrice americana in Albania e oggi vice assistente segretario di Stato per gli affari europei ed euroasiatici. In occasione dell’anniversario della “operazione militare speciale” in Ucraina ha parlato della situazione e l’ha descritta usando il linguaggio “consono”. Quindi, nelle sue parole l’azione dei russi diventa “invasione su larga scala”, effettuata contro “un Paese vicino e sovrano” e caratterizzata dall’essere “ingiustificata, non provocata e brutale”.
Esagerazione chiama estremismo
Specialmente questi ultimi tre aggettivi ricorrono spesso nei media mainstream, che nascondono in questo modo tutte le ragioni e le cause sottostanti all’accaduto. Si può essere o meno d’accordo con questa o quella posizione, si può provare antipatia per una o per l’altra parte, ma ridurre il tutto a un attacco di orchi contro il paese degli elfi è colpevolmente sbagliato. I media euroamericani ricorrono sistematicamente a termini esagerati, che evocano scene di terrore e di violenza cieca per raccontare fatti che richiederebbero invece un approfondimento storico e politico. Ed ecco allora che generano una pericolosa atmosfera di estremismo che ha già fatto dei danni. Infatti ha contribuito a dare nutrimento psicologico alle figure che stanno sconvolgendo la campagna elettorale americana, ovvero gli attentatori di Donald Trump. L’ultimo in particolare era un filo-ucraino convinto ed esaltato, che evidentemente si sentiva protetto sul piano ideologico.
Vertici UE russofobi
Tutto risulta più facile quando al potere vi sono coloro che approvano in pieno questa narrativa, anzi la ispirano o la dettano. Lo vediamo oggi con la conferma di Ursula von der Leyen a presidente della Commissione europea e con la nomina di Kaja Kallas ad Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Ora dicono che Cremlino si è letteralmente scatenato nell’accusare di russofobia le due esponenti politiche della UE. Nemmeno un dubbio o un sospetto che Mosca possa avere quanto meno dei motivi fondati per lamentarsi, sebbene si possa non condividerli. Per la von der Leyen parlano da soli i suoi primi cinque anni di mandato. Il portavoce presidenziale Dmitry Peskov ha detto che con lei al comando difficilmente miglioreranno a breve termine le relazioni. Ha aggiunto che la nuova Eurocommissione non agirà nel senso di normalizzare le relazioni con la Russia.
La Kallas russofoba
La Kallas è da sempre fortemente critica verso Mosca, fin da quando era premier dell’Estonia. Oltre al biasimo e alle condanne, quando ha potuto è passata all’azione. Si è impegnata contro la memoria storica e la minoranza etnico-linguistica russa in Estonia. Da primo ministro ha cercato di smantellare i monumenti sovietici che celebrano la liberazione del Paese dall’occupazione nazista. Ad esempio, ha fatto rimuovere un simbolico carro armato sovietico da uno spazio pubblico di Narva, città a maggioranza russofona. È stata inserita dalla Russia in una lista nera proprio per tale “dissacrazione della memoria storica” Dal 2022 ha esortato a inasprire di continuo le sanzioni anti-russe, nonostante si siano rivelate un boomerang per la stessa Europa e non abbiano sortito effetti negativi sullo Stato russo. Le ha difese pure quando danneggiavano i semplici cittadini russi, elogiandole quasi come una punizione contro di loro perché sostengono largamente il proprio governo.
Questi vertici UE così democratici e ingiustamente infangati dai russi
I media mainstream si indignano quando la presunta propaganda russa accusa Bruxelles di essere parte di quelle “élite globali”, diaboliche e autoreferenziali, sulle quali anche i cittadini occidentali gettano la colpa delle crisi odierne. Certo, per la narrativa ufficiale la UE è il baluardo della democrazia e del rispetto della volontà popolare. Eppure, riflettendo un momento, si notano delle crepe sempre più profonde. Basti pensare alle sfolgoranti carriere di tre soggetti presso le istituzioni europee e poi in Italia. L’irreprensibile Mario Monti, che sperava nella nomina dei tecnocrati “al riparo dai processi elettorali”. La gloriosa Emma Bonino, che ha ricoperto incarichi ministeriali e di alto livello pur militando in partitini da 1%. Il migliore di tutti, Mario Draghi, quello dell’alternativa categorica fra pace o condizionatori. Per il mainstream, criticarli equivale a fare il gioco della tentacolare propaganda russa.
Agenzie anti-propaganda
A occuparsi della lotta alla propaganda è la East StratCom Task Force (ESCTF), che fa capo al Servizio europeo per l’azione esterna, una sorta di Ministero degli Esteri UE. Si occupa di individuare e sbugiardare la propaganda che “tenta di minare le norme e l’identità collettiva dell’Unione Europea, soprattutto la propaganda proveniente dalla Russia”. Si dedica in particolare all’Europa Orientale, compresi gli Stati che non fanno parte dell’Unione: Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldova e Ucraina. Insomma, cerca di fare in modo che nessuno disturbi Bruxelles nella sua opera di convincimento e di indottrinamento, altrimenti non si riuscirà a costruire la fantomatica “identità collettiva della UE” ed altre amenità per poi spargerle pure oltre i confini della UE. Il suo sito EuvsDisinfo prova a debunkare gli articoli e le notizie contrari alla narrativa ufficiale e che provengono dalle “campagne di disinformazione del Cremlino”.
Domanda ancora di più
Il suo principio operativo è molto semplice: ciò che non fa parte della narrativa ufficiale o che addirittura le è contrario, è falso ed è stato ideato da Mosca. Il suo slogan “Domanda ancora di più” è involontariamente autoaccusatorio, perché proprio domandando (e quindi riflettendo di più), si scoprirebbe che la realtà è ben più complessa e sfaccettata della versione manichea di Bruxelles e Washington, quella del “noi buoni / loro cattivi, perché è così è basta”. Ad esempio, dopo tutto quello che ha detto e fatto la Kallas, si stupiscono che venga chiamata russofoba. E a sua volta ciò non stupisce. Convincere gli europei che bisogna diffidare da qualunque voce diversa dalla narrativa ufficiale è un compito al quale Bruxelles ha dedicato specifiche agenzie. Su spinta di Washington, cerca di instillare nei cittadini l’idea di smettere ogni collaborazione con la Russia, detestarla e poi magari un giorno perfino attaccarla.
52 anni, padre di tre figli. E’ massimo esperto di Medio Oriente e studi geopolitici.