L’accusa: la grande manipolazione

L’accusa: la grande manipolazione

1 Febbraio 2025 0

Il presidente americano Donald Trump ha intentato causa all’emittente americana CBS. Il motivo è rappresentato da un’intervista di ben 60 minuti alla sua avversaria Kamala Harris, andata in onda in piena campagna elettorale. Secondo Trump, la registrazione del servizio e la sua diffusione sarebbero stati atti partigiani e illegali di interferenza elettorale e degli elettori intesi a ingannare il pubblico, allo scopo di far pendere la bilancia delle preferenze a favore della candidata Dem.

Un’intervista-show

Trump sostiene che si sia trattato di un’intervista-show, modificata a uso e consumo della campagna elettorale della Harris. Ha quindi auspicato che la CBS perda la licenza. Inoltre punterebbe a far pubblicare il girato per intero, mostrando pure le parti che erano state tagliate per ricavare un’immagine migliorata dell’intervistata.

Qualcuno potrebbe definirla una “trumpata”, ma ci diversi elementi che danno forza alla tesi dell’inquilino della Casa Bianca. Uno fra tutti: la debole difesa della CBS. L’avvocato afferma che la causa intentata dal presidente è un tentativo frivolo e pericoloso da parte di un politico di controllare i mezzi di informazione. Prosegue così: La Corte Suprema lo ha precisato chiaramente: il Primo Emendamento lascia ai giornalisti – e non ai tribunali, al governo o ai candidati alle cariche – decidere come riportare le notizie. Un tale atteggiamento del difensore della Harris ci appare come un’ammissione di colpa.

Infatti lui stesso tiene a spiegare che un’emittente può decidere il modo in cui riportare le notizie su un candidato. Ma in questo caso non si tratta di un candidato qualunque, magari del consigliere di scala del condominio. Si tratta niente meno che della vicepresidente degli Stati Uniti che corre alle presidenziali. Data una premessa del genere, è fondamentale capire quale sia per l’avvocato il confine fra la sacrosanta libertà di informazione e la manipolazione del pubblico a uso elettorale. E poi perché non fornire subito tutto il girato dell’intervista, per trincerarsi invece dietro il Primo Emendamento?

Pressioni e censure di Biden

Vanno evidenziati, secondariamente, anche altri problemi. Nella precedente campagna elettorale Biden non accettò interviste senza prima avere le domande preconfezionate dei giornalisti. La notizia uscì su alcuni grandi quotidiani americani. Si può parlare anche qui di libertà d’informazione? E c’è il precedente dell’accusa mossa da Mark Zuckerberg in qualità di amministratore delegato di Meta Platforms. Lo scorso agosto, in una lettera indirizzata alla Commissione giustizia della Camera dei Rappresentanti USA, il creatore di Facebook ammise che nel 2021 l’amministrazione Biden aveva fatto pressioni verso Meta per censurare alcuni contenuti relativi alla pandemia. E che dire dell’aver assoldato da parte di Biden decine di influencer a inizio 2022 per veicolare la bontà del sostegno diretto all’Ucraina?

Insomma, ci sono tutti i presupposti per dubitare del difensore della Harris quando si appella alla libertà l’informazione. In questi ultimi anni l’informazione potrebbe essere davvero stata manipolata da chi siedeva alla Casa Bianca. E adesso vediamo se Trump riuscirà ad arrivare fino in fondo a questa causa. E intanto in Italia? Secondo voi l’informazione nazionale è manipolata?

Marco Fontana
marco.fontana

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