La plutocrazia ed il totalitarismo finanziario

La plutocrazia ed il totalitarismo finanziario

19 Maggio 2023 0

La rivoluzione finanziaria avviata nel 1971 con la fine del “gold exchange stadard” che vincolava la stampa della carta moneta ad un vincolo sottostante reale come l’oro consentì di stampare carta moneta all’infinito slegata da un sottostante reale. L’economia da scienza sociale, basata sull’emozionalità dell’uomo diventava innaturalmente scienza esatta. Basata cioè su numeri astratti, slegati dal reale, contro la realtà ma in funzione di interessi superiori e contro la scienza la finanza diventava razionale.

Lucas, nobel nel 1974, affermava in modo incontrovertibile che i mercati finanziari sono razionali e non sbagliano mai nell’allocazione delle ricchezze così perfino la bolla speculativa ed emozionale di Lemhan diventò solo un incidente di percorso.

Il cammino senza ostacoli della finanza

Il cammino senza ostacoli della finanza ha radicalmente cambiato la modalità di accumulazione della ricchezza e della sua distribuzione. Fino al 1971 il quintile più povero negli Usa cresceva più del quintile più ricco, dopo, la rivoluzione finanziaria ha creato invece la maggiore concentrazione di ricchezza della storia e quindi ha insediato al potere una plutocrazia che a sua volta ha dato posto a un totalitarismo finanziario non meno pericoloso e non meno antidemocratico di quello politico e di quello militare. Un totalitarismo che in forma diverse consente agli interessi di pochi di determinare ed influenzare la vita di tutti.

I padri costituenti avevano già allora ben chiaro il dramma della concentrazione della ricchezza come scriveva Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti, principale autore della dichiarazione di indipendenza e presente sul monte Rushmore accanto a George Washington, Abraham Lincoln e Theodore Roosevelt.

Il pensiero di T. Jefferson

“Io credo che le istituzioni bancarie siano più pericolose per le nostre libertà di quanto non lo siano gli eserciti permanenti. Se il popolo americano permetterà mai alle banche private di controllare l’emissione del denaro, dapprima attraverso l’inflazione e poi con la deflazione, le banche e le compagnie che nasceranno intorno alle banche priveranno il popolo dei suoi beni finché i loro figli si ritroveranno senza neanche una casa sul continente che i loro padri hanno conquistato”.

Gli Stati Uniti in mano la plutocrazia

La plutocrazia negli Stati Uniti ha cominciato la sua corsa a ridosso della rivoluzione finanziaria osservando il periodo 1989 – 2021 (dalla pagina web del Consiglio dei Governatori della FED). Ed ividendo in cinque quintili la popolazione americana dal più ricco al più povero la dinamica della crescita ha contribuito alla concentrazione di ricchezza verso l’alto nella scala retributiva. Il venti per cento più ricco è passato dall’avere il 60,7% della ricchezza totale nel 1989 al 70,6 % del 2021, mentre il quintile più povero è passato dal 2,89 % del totale nel 1989 al 2,75% del 2021. In altri termini il 20% del quintile più ricco possiede il 70,6% della ricchezza totale mentre i restanti quattro quintili possiedono il 29,4 della ricchezza

All’interno del primo quintile più ricco possiamo vedere come l’1% della classe al top passa dall’avere il 17, 2 % del 1989 al 27% del 2021.  E’ evidente come all’interno dei quintili ci sia un’ulteriore frammentazione. Così si può vedere come nel quintile più povero la fascia più bassa è infinitamente più bassa della parte alta dello stesso quintile: è l’America profonda dei senzatetto, delle tendopoli, dei drogati, dei senza fissa dimora, dei disoccupati. Le due realtà, così profondamente lontane, sono l’espressione di una concentrazione di ricchezza che non ha precedenti nella storia e rappresenta un sistema plutocratico ben lontano dalla tanto ipocritamente declamata democrazia . 

La caduta del Muro e la libertà dei vincitori di imporre le proprie regole

Lo spazio temporale 1989-2021 non è casuale ma indicativo del percorso della cultura finanziaria tra accademia, politica e finanza. Nel 1989 abbiamo la caduta del muro di Berlino che segna una nuova storia e lascia libertà ai vincitori di imporre le loro regole specie nell’economia e nella finanza che prende il primo premio nobel nel 1990 con Markovitz.

Nel 1994 la finanza diventa razionale con Lucas che ne fa una verità incontrovertibile ed alla fine del secolo nel 1999 l’abrogazione della Glass Steagal Act fatta da Roosevelt per disciplinare la finanza le apre campi sterminati in cui tutti prodotti finanziari sono liberi di correre senza limiti, promuovendo un totalitarismo finanziario non dissimile da tutti gli altri nei quali la democrazia è un’illustre sconosciuta.

Il politburo dei miliardari

L’esercizio del potere a tutti i livelli rimane nella sfera decisionale di un ristretto numero di miliardari. Questi controllano e determinano tutti i processi decisionali del Paese in una logica di stretto interesse del gruppo plutocratico che ha una ricchezza simile a quella di tutta l’Europa messa insieme. Le politiche estere sono influenzate da loro, così come le proposte presentate al Congresso dove l’80% degli americani non viene rappresentato. E determinano anche quelle dei paesi collegati e subordinati privandoli di una loro reale governabilità.

Il senato virtuale nato dalla concentrazione di ricchezza 

La concentrazione di ricchezza in questo modo ha consentito di costituire un senato virtuale che sta sopra l’ordine di tutti i paesi con le eccezioni delle economie crescenti come la Cina ed i paesi del BRICS. Un senato non democraticamente eletto, il cui bene da perseguire non è quello comune ma l’interesse interno al loro sistema che diventa un bene assoluto. Abbiamo infranto il senso e la speranza di democrazia dichiarata come una foglia di fico.

La finanza non regolata diventa così un forma di totalitarismo non dissimile da quelli che drammaticamente vediamo e denunciamo ogni giorno. Un totalitarismo di cui siamo prigionieri fisicamente e culturalmente. Forse prenderne atto potrebbe consentirci di provare a costruire una società più giusta, in cui la disuguaglianza non sia la morte di troppi che, visti come danni collaterali, in tutto il mondo soffrono e muoiono.

 

Fabrizio Pezzani
Fabrizio Pezzani

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