La Francia e il no al trattato UE-Mercosur: un’opposizione strategica per difendere il suo primato agricolo
Parigi – Tornano gli agricoltori in piazza, torna la paura che la città venga accerchiata dai trattori, torna la paura dei blocchi sull’autostrada e della penuria negli approvvigionamenti. In realtà il problema reale questa volta è il trattato UE-Mercosur. Per gli agricoltori francesi la posta in gioco è alta. Temono di non essere in grado di competere con i giganti della produzione della carne sudamericani che possono contare su un’industria ultra specializzata. Il governo francese questa volta non è stato a guardare lo spettacolo dei quintali di letame riversati per protesta davanti ai comuni di mezza Francia, in ballo c’è il fiore all’occhiello della sua economia, il settore agricolo: l’agricoltura (compresa la silvicoltura e la pesca) e le industrie agroalimentari (AFI) rappresentano in effetti circa il 3,5% del PIL nazionale.
La Francia è anche un gigante europeo dell’agricoltura. Così ha deciso senza mezzi termini di spalleggiare la protesta degli agricoltori e di portare lo scontro al livello europeo. Negli ultimi anni, la Francia ha ribadito più volte con forza la sua opposizione ferma all’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea (UE) e il Mercosur, un’alleanza che comprende Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay.
Questo accordo, presentato inizialmente come una grande opportunità per consolidare le relazioni economiche tra due grandi mercati mondiali, ha sollevato una serie di preoccupazioni, giustificate da studi e rapporti all’interno dell’UE, che hanno spinto Parigi a prendere una posizione sempre più rigida, cercando di portare dalla propria parte anche altri alleati europei per fare fallire l’accordo. Nel giugno 2019, l’Unione Europea e il Mercosur hanno firmato un accordo di associazione commerciale e politica per facilitare il libero scambio. Ma da allora il testo non è stato ratificato e i negoziati sono in fase di stallo.
Opposizione strategica per salvaguardare primato agricolo
La Francia ha tradizionalmente posto un’enfasi particolare sulla protezione del proprio settore agricolo nazionale, non solo per il peso economico che esso rappresenta, ma anche per il suo valore culturale e sociale. L’opposizione all’accordo UE-Mercosur nasce, infatti, da una visione strategica volta a difendere la sovranità alimentare del paese, le specificità agricole locali e a proteggere gli agricoltori francesi da una concorrenza sleale, che viene percepita come ingiusta e pericolosa dai produttori locali. Come ha spiegato più volte Arnaud Rousseau, presidente della FNSEA, il principale sindacato agricolo francese, gli agricoltori europei sono costretti a rispettare regole oltremodo severe in termini di sicurezza alimentare, benessere animale e sostenibilità ambientale.
Questi standard di alto livello rappresentano sicuramente un costo aggiuntivo per gli agricoltori europei e francesi, ma garantiscono l’alto standard dei prodotti alimentari europei. L’apertura ai mercati del Mercosur da questo punto di vista significherebbe perdere questo privilegio e competere con prodotti più economici perché confezionati senza l’orpello delle ferree e rigide regole europee. “Non possiamo accettare che prodotti non conformi ai nostri standard entrino nel nostro mercato, mettendo a rischio le nostre aziende agricole”, ha dichiarato Rousseau, sintetizzando la preoccupazione diffusa tra gli operatori del settore.
Pesticidi ed ormoni vietati nell’UE verso il mercato europeo
Nei mercati sudamericani del blocco effettivamente sono autorizzati pesticidi e antibiotici severamente vietati in Europa, mentre la tracciabilità dei prodotti non è garantita con lo stesso rigore. Un audit dell’UE ha evidenziato come, ad esempio, i controlli in Brasile non siano sufficientemente rigorosi per assicurare l’assenza di ormoni della crescita, vietati in Europa dal 2003. L’audit, effettuato nei mesi di maggio e giugno 2024, ha evidenziato gravi lacune nella capacità del Brasile di tracciare l’uso di ormoni nelle esportazioni di bestiame verso l’UE, in particolare l’estradiolo 17β, un ormone della crescita vietato nell’UE a causa dei suoi potenziali rischi di cancro.
Nonostante ciò, inspiegabilmente, la Commissione europea ha permesso alle autorità brasiliane di attuare misure correttive per garantire l’esportazione di carne bovina senza ormoni verso l’Europa. La decisione ha sollevato un vespaio di polemiche con i principali gruppi di produttori agricoli europei, tra cui COPA-COGECA, AVEC (l’Associazione dei trasformatori di pollame e del commercio di pollame nell’UE), l’Unione europea dei commercianti all’ingrosso di uova, ovoprodotti, pollame e selvaggina (EUWEP) e l’Associazione europea per l’allevamento e la carne sostenibili (SELMA), che hanno affermato che la decisione solleva seri dubbi sull’affidabilità dell’autoregolamentazione del Brasile. E’ utile qui ricordare la famosa operazione Carne Fraca, un’indagine della polizia federale che ha portato alla luce frodi nel settore della carne che hanno coinvolto alcune delle più grandi aziende del paese.
La ricostruzione giornalistica
Secondo il NYT, due colossi della trasformazione alimentare, JBS e BRF, hanno pagato gli ispettori federali per ignorare l’adulterazione o la scadenza degli alimenti lavorati, esportando carne avariata anche verso l’Italia. Gli investigatori hanno dichiarato che le pratiche delle aziende di trasformazione alimentare regionali comprendevano la commercializzazione di un prodotto etichettato come salsiccia di tacchino che conteneva carni scadute e trattate con un tipo di acido considerato cancerogeno da diversi studi. Questi prodotti oltre all’esportazione verso paesi terzi, venivano venduti anche alle scuole dello stato meridionale del Paraná. Aveva scritto Maurício Moscardi Grillo, un investigatore federale, nella sua descrizione del caso:
I bambini delle scuole pubbliche del Paraná mangiano pasti a base di carne scaduta, avariata o addirittura cancerogena per sostenere gli interessi di una potente organizzazione criminale
Deforestazione dell’Amazzonia e cambiamento climatico
L’altro argomento faro su cui la Francia ha costruito la sua opposizione all’accordo riguarda l’impatto ambientale derivante da un accordo Ue-Mercosur, con lo spazio comune europeo che verrebbe inondato di prodotti a buon mercato che però avrebbero un impatto devastante sulla deforestazione già in corso in Amazzonia. Il concetto di deforestazione importata è stato introdotto da Marine Calmet nel suo libro Devenir gardiens de la nature, citato da diversi parlamentari francesi ecologisti. Il Brasile negli ultimi anni ha visto aumentare significativamente i tassi di deforestazione per far spazio a coltivazioni agricole e pascoli destinati all’allevamento del bestiame, entrambi settori chiave per le esportazioni verso l’Europa. Questi sono alcuni dei temi contenuti nella lettera aperta inviata ad Ursula Von Der Leyen.
“L’attuale accordo non soddisfa i criteri democratici, economici, ambientali e sociali stabiliti dall’Assemblea Nazionale e dal Senato”, hanno scritto 622 deputati provenienti da un’ampia gamma di contesti politici, in un editoriale pubblicato su Le Monde e scritto su iniziativa del senatore Yannick Jadot (Les Ecologistes). In questa lettera indirizzata alla presidente della Commissione Europea, i parlamentari si focalizzano sui rischi ambientali che deriverebbero dalla ratifica dell’accordo.
La deforestazione dell’Amazzonia, si spiega nella lettera, non è infatti soltanto un problema interno brasiliano, ma un problema globale: è uno dei principali fattori che contribuiscono al cambiamento climatico, rilasciando grandi quantità di CO₂ nell’atmosfera e riducendo la capacità del pianeta di assorbire gas a effetto serra. Secondo Greenpeace, ratificare questo accordo significherebbe accettare e promuovere la “deforestazione importata”, in netto contrasto con gli impegni ambientali presi dall’UE, tra cui il Green Deal europeo.
La minaccia alla sovranità alimentare europea
L’accordo con il Mercosur, nella sua attuale formulazione, è visto dalla Francia come una minaccia alla sovranità alimentare europea. L’importazione di prodotti agricoli a basso costo, provenienti da regioni dove i costi di produzione sono ridotti grazie all’assenza di normative ambientali e sanitarie stringenti, rischia di mettere in difficoltà i produttori locali e di rendere l’Europa sempre più dipendente da fornitori esterni. Questa dipendenza potrebbe diventare un problema rilevante in tempi di crisi geopolitiche o di instabilità economica globale. Secondo Sophie Primas, presidente della commissione Affari economici del Senato francese, è necessario quindi “creare un equilibrio di potere con la Commissione sull’accordo con il Mercosur“.
Primas fa riferimento alla necessità di mantenere una certa indipendenza economica e di non compromettere la sicurezza degli approvvigionamenti alimentari, specialmente in un periodo in cui le crisi climatiche e geopolitiche sono sempre più frequenti. Una prospettiva condivisa anche dal presidente francese Emmanuel Macron, che la settimana scorsa, nel corso del suo viaggio in Brasile per il vertice del G20, ha spiegato che la Francia cerca “alleati” per rinviare la firma dell’accordo. “Contrariamente a quanto molti pensano, la Francia non è isolata e diversi paesi si stanno unendo a noi“, ha dichiarato il presidente francese da Rio.
Ha citato “polacchi, austriaci, italiani e molti altri in Europa“. Effettivamente da sola, la Francia non può fare nulla. Per bloccare la decisione, ha bisogno di una minoranza di blocco nel Consiglio, che riunisce gli Stati membri dell’UE. Ma non c’è nulla di certo. La Germania e la Spagna per ora stanno spingendo al massimo per ottenere l’accordo. Anche se la Polonia e l’Austria hanno regolarmente espresso la loro opposizione, ciò non è sufficiente. Tuttavia, alcuni a Bruxelles vogliono credere che paesi come l’Italia, l’Irlanda e i Paesi Bassi possano ancora far pendere l’ago della bilancia.
Giornalista professionista ed autore. Dopo la laurea in filosofia all’Università di Napoli ed un Master in filosofia alla Sorbona di Parigi lavora per l’agenzia nazionale ANSA, al desk di ANSAmed. Ha collaborato per ResetDoc e Gruppo Espresso. Da Parigi scrive per Strumenti Politici, Micromega, Linkiesta, Pagina99, The Post Internazionale, Atlantico, Valigia Blu, Focus On Africa, Imbavagliati.it, Articolo 21. Nel 2012 ha pubblicato un libro sulla censura in Turchia dal titolo « Sansür: Censura. Giornalismo in Turchia » (Bianca&Volta) che nel 2015 s’aggiudica un premio al Concorso Internazionale Giornalisti del Mediterraneo di Otranto. Nel 2016 per il suo libro « Medin. Trenta Storie del Mediterraneo » (Rogiosi), s’aggiudica il Premio di Letteratura Mediterranea Costa d’Amalfi Libri 2016. Dal 2016 coordina con la giornalista Désirée Klein il Festival Internazionale di Giornalismo Civile “Imbavagliati” al PAN di Napoli. Oggi lavora a Parigi presso l’agenzia stampa Kantar per conto della Commissione Europea, la NATO ed il ministero degli interni francese.