Indonesia: l’Antitrust indaga sul monopolio di Google

Indonesia: l’Antitrust indaga sul monopolio di Google

19 Settembre 2022 0

L’agenzia Antitrust dell’Indonesia (KPPU) ha dichiarato di aver avviato un’inchiesta della durata di due mesi su Google. Attualmente, il gigante informatico americano controlla il 93% del mercato indonesiano, il quale ha enormi potenzialità perchè costituito da 275 milioni di individui e ha un’economia digitale in rapida crescita. L’autorità antimonopolio ha comunicato infatti di avere il fondato sospetto che Google abbia condotto affari in Indonesia abusando della sua posizione dominante, per ciò che concerne in particolare i servizi di pagamento sulla sua piattaforma di distribuzione di software Google Play Store. Se la compagnia venisse dichiarata colpevole di aver infranto la legge n.5/1999 sulle pratiche monopolistiche, allora verrebbe condannata a pagare una multa fino al 50% del profitto ottenuto nel periodo preso in considerazione: secondo i calcoli, si tratterebbe di più di un milione e mezzo di dollari. Una prima indagine aveva già evidenziato come dallo scorso 1° giugno gli sviluppatori indonesiani siano stati di fatto costretti a utilizzare il sistema di pagamento di Google, la cui tariffa pesa sul totale dal 15% al 30%, dunque molto di più del 5% (o meno) richiesto dagli altri servizi. Il portavoce dell’azienda americana ha commentato: Saremo lieti di colloborare con la KPPU per dimostrare come Google Play sostenga i programmatori.

L’Indonesia ha intenzione di attirare un numero ancora maggiore di “nomadi digitali”, i quali hanno sul Paese un’ottima ricaduta economica. Il ministro del Turismo Sandiaga Uno ha detto che cercheranno di attuare questo piano tramite un regime flessibili di visti. La presenza di questa particolare categoria di professionisti nello Stato in cui si trasferiscono per lavorare dura certamente più di una vacanza, ma meno di quanto rimarrebbe un classico immigrato per motivi personali o di lavoro. Prossimamente, i nomadi digitali verranno accettati in Indonesia con un visto “socio-culturale” di sei mesi. Una volta in Indonesia, essi scelgono in prevalenza di stare sull’isola di Bali, i cui flussi turistici stanno gradualmente tornando ai livelli di prima della pandemia. Da gennaio ad oggi, sono entrati in Indonesia più di 3mila di questi “lavoratori da remoto”, i quali provengono soprattutto da Germania, Gran Bretagna e Russia. Tra l’altro, il governo di Jakarta non ha ancora predisposto per loro un determinato regime di tassazione, ma potrebbe farlo in futuro. Pure il direttore dell’ufficio turistico di Bali ha proposto di elaborare per loro un preciso regime fiscale.

Vincenzo Ferrara
VincenzoFerrara

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