In Libia urgono soluzioni democratiche, è tempo di un dialogo intralibico?

In Libia urgono soluzioni democratiche, è tempo di un dialogo intralibico?

22 Novembre 2023 0

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nei suoi recenti incontri, ha sottolineato la necessità di formare un nuovo governo unificato in Libia per ridare slancio al processo politico e procedere verso le elezioni. Tuttavia, il primo ministro libico, Abdel Hamid Dabaiba, ha ribadito a più riprese di non avere alcuna intenzione di cedere il potere se non a un governo eletto. Utilizzando risorse pubbliche, derivanti principalmente dalla vendita del petrolio, di cui è ricca la Libia, il premier ha utilizzato gruppi armati per affermare la sua posizione con la forza.

Tuttavia, il Governo di Unità Nazionale si trova a dover fare i conti con una coalizione di forze sociali e militari che comprende gran parte della regione occidentale, Zawiya e Zuwara, un’area di importanza strategica per la sicurezza e in termini di contrasto all’immigrazione illegale, non solo dell’Italia, ma anche della vicina Tunisia. La situazione in Libia ricorda dunque quella del cane che prova a mordersi la coda, da un lato i comunicati della Comunità internazionale sulla necessità di formare un governo unificato come condizione sine qua non per le elezioni, dall’altra un Governo riconosciuto dalla stessa comunità che prova ad imporre la sua legittimità sul territorio fuori dal suo controllo, attraverso l’uso della forza e accordi obsoleti con le autorità orientali sulla gestione delle risorse.

L’inviato ONU e capo della Missione di Sostegno delle Nazioni Unite, Abdoulaye Bathily, ha incontrato nei giorni scorsi il capo del Parlamento, Aguila Salah, presso la sua residenza nella città di Qubba, nella Libia orientale. Il portavoce della Camera, Abdullah Blihaq, ha dichiarato che

L’incontro ha affrontato gli ultimi sviluppi della situazione politica in Libia, in particolare lo svolgimento delle elezioni presidenziali e parlamentari e la formazione di un governo unificato che supervisioni lo svolgimento delle elezioni.

Secondo una dichiarazione del portavoce, domenica, i due “hanno concordato di adottare le misure necessarie per attuare le misure necessarie ad esercitare il diritto elettorale nel prossimo futuro”. Si tratta di capire se la formazione di un nuovo esecutivo sarà frutto di un dialogo intra-libico attraverso una mediazione tra Camera ed Alto Consiglio con il coinvolgimento del Consiglio presidenziale, o se si procederà con una road map di Bathily che intende coinvolgere Dabaiba.

Un’opzione, quest’ultima, che diversi partiti non accettano per due ragioni: in primis il rischio di ripetere quanto accaduto a Ginevra con il comitato dei settantacinque con rapporti credibili di corruzione, secondo come afferma una dichiarazione del team politico di Saif al-Islam Gheddafi perché è inutile coinvolgere Dabaiba considerato parte dell’attuale problema.

Escalation nella regione occidentale

Dopo aver fatto ricorso alla forza, il Primo Ministro ha cercato un incontro con le municipalità a prevalenza Amazigh, ma quest’ultimi avrebbero finora diniegato l’invito. La Joint Operation Room di Abdulsalam Zubi, una coalizione di milizie formata dal primo ministro libico, Abdel Hamid Dabaiba dopo un’escalation di violenza a Gharian, si era diretta verso Zuwara, città costiera ad ovest di Tripoli, già nota per essere punto di partenza per migliaia di migranti.

Dabaiba ha inviato la Joint Force nell’area da Zuwara a Ras Jedir e Dehiba, valici di frontiera con la vicina Tunisia mentre il suo ministro degli Interni, Emad Trabelsi, che oltre ad essere un leader dei gruppi armati di Zintan, sta cercando di affermarsi come leader tribale nella regione occidentale, ha nominato un nuovo direttore della sicurezza di Ras Jedir. Mosse che hanno subito la ferma condanna della componente Amazigh, che ha accusato il Governo di Tripoli di destabilizzare la regione attraverso l’invio di milizie da altre città, costringendo il Consiglio di presidenza ad intervenire, richiamando i gruppi armati alle loro originali posizioni, per evitare che la situazione degenerasse.

Il presidente del Consiglio supremo Amazigh in Libia, Al-Hadi Berniq, ha messo in guardia il premier Abdel Hamid Al-Dabaiba dalla minaccia della forza militare, chiedendo lo scioglimento dell’operazione congiunta guidata da Zubi.

Mettiamo in guardia contro qualsiasi movimento militare che trascinerebbe la regione in eventi i cui risultati non possono essere previsti. Il governo deve sciogliere immediatamente la cosiddetta sala comune, poiché noi non vi abbiamo partecipato, e ciò è avvenuto dopo la deliberata emarginazione della componente Amazigh. Alcuni partiti nello stato rappresentano un orientamento tribale e programmi esterni che ci spingono verso la divisione sociale ed etnica. Viviamo in un conflitto esistenziale, poiché non esiste una costituzione che garantisca i nostri diritti e non siamo rappresentati in tutti i dialoghi precedenti.

Domenica, i membri della Camera (HoR), il Parlamento libico con sede nell’est del Paese, rappresentanti della costa occidentale della Libia si sono congratulati con il tenente generale Salah al-Din al-Namroush, recentemente nominato dal Consiglio presidenziale “assistente del capo di stato maggiore dell’esercito libico”. Ali Muhammad Buzriba, Fawzi Al-Taher Al-Nuwairi, Ali Shinbaru, Abdel Nabi Al-Bashir Abdel Mawla, Halima Al-Sadiq Al-Aib e Mabrouk Abdullah Al-Khattabi, hanno elogiato i “grandi sforzi che Namroush ha compiuto per estinguere lo spettro della guerra nella regione occidentale attraverso il suo intervento, comunicando direttamente con la Presidenza del Consiglio Presidenziale per impartire ordini affinché tutte le formazioni armate ritornino alle loro posizioni e risparmino al nostro popolo il male dei combattimenti”.

Secondo la dichiarazione, i parlamentari “appoggiano tutti gli sforzi compiuti dal vice capo di stato maggiore per raggiungere la pace”. “Ciò che ha fatto – si legge ancora nel documento – è considerato uno dei principi etici più importanti degli ufficiali e la base dell’onore della professione militare. La regione occidentale è sempre stata per molto tempo in prima linea in questo campo. Pace per tutti, e la priorità è chiedere la riconciliazione nazionale, la riunificazione e preservare il tessuto sociale, nonostante tutti i tentativi disperati atti a rovinare gli sforzi pacifici, gettando la regione in una spirale di guerre”.

Non è la prima volta che il governo di unità nazionale ricorre alla forza per raggiungere i suoi obiettivi: estendere il proprio controllo sulla regione occidentale nel tentativo di restare al potere. In precedenza, la città costiera di Zawiya è stata bersaglio di pesanti bombardamenti contro gli eventuali oppositori politici del governo di unità nazionale, divenuti target dietro il pretesto di combattere i trafficanti. Fatto sta che dall’inizio di quelle operazioni, circa tre mesi fa, il numero degli sbarchi sulle coste italiane è aumentato drammaticamente.

Necessità di soluzioni durature anche in tema immigrazione

Il problema non è tanto il controllo del valico di frontiera di Ras Jedir dove già lavorano ufficiali provenienti da tutta la Libia, ma l’imposizione del controllo attraverso l’impiego di gruppi armati. Non è chiaro infatti perché l’attenzione del Governo si concentri esclusivamente sulle aree dei suoi avversarsi politici, tralasciando altre.

Le precedenti operazioni di sicurezza, con i bombardamenti su Zuwara e ad ovest di Tripoli, mascherate da operazioni contro i trafficanti, non hanno dato alcun risultato. Anzi gli arrivi di migranti illegali verso le coste italiane sono in molti casi aumentati. In passato le autorità italiane hanno stretto accordi con alcuni gruppi armati affinché bloccassero le partenze dalla Libia, gli stessi gruppi che oggi il governo di unità nazionale considera come “trafficanti”.

In tutto ciò, si continua a morire in mare mentre in Italia si continua a parlare di piano Mattei per l’Africa e altre demenziali leggende. Nelle scorse ore, una barca che trasportava 53 migranti è affondata a poche centinaia di metri dalla costa: 45 i superstiti, fra i quali una bambina di 2 anni che è morta sulla motovedetta della Capitaneria che stava trasferendo i naufraghi al molo commerciale di Lampedusa. Tra gli otto dispersi, secondo il resoconto dei sopravvissuti, vi sarebbero altri due minori.

Vanessa Tomassini
Vanessa Tomassini

Iscriviti alla newsletter di StrumentiPolitici