Francia: l’impasse politica favorisce Macron che punta al governo dalle larghe intese 

Francia: l’impasse politica favorisce Macron che punta al governo dalle larghe intese 

12 Luglio 2024 0

Il Nouveau Front Populaire, composto da diversi partiti di sinistra, diventa il primo blocco in parlamento ma non ha i numeri per governare da solo e registra le prime defezioni. La coalizione macronista a sorpresa diventa la seconda forza dell’Assemblea Nazionale e cerca di attirare a sé i moderati di entrambi gli schieramenti. Il Rassemblement National, pur avendo perso le elezioni, è il partito più votato in Francia. Sindacati già sul piede di guerra per chiedere al presidente di rispettare l’esito delle urne. 

(Parigi). All’esito delle urne del secondo turno delle legislative, nessun partito ottiene la maggioranza assoluta ed il pericolo più grave è quello dell’impasse istituzionale mentre la tensione monta nei diversi schieramenti. Lo sa il presidente Macron, che ha sorprendentemente sciolto l’assemblea facendo sprofondare il paese nel caos, lo sanno le forze della coalizione delle sinistre che hanno contribuito a sbarrare la strada all’estrema destra, lo sanno i cittadini francesi che sono andati in massa a votare in un grande esercizio di democrazia che non si verificava dal 1997, con il 66,7% degli aventi diritto che si sono presentati alle urne.

L’insofferenza dei francesi nei sondaggi

Nonostante il plebiscito democratico però la maggioranza dei francesi, secondo un sondaggio dell’IFOP (Institut français d’opinion publique) non è soddisfatta dell’esito delle elezioni legislative (59%). Se questo è particolarmente vero per gli elettori del Rassemblement National (88%), non lo e’ per gli elettori del Nouveau Front Populaire che invece hanno acclamato l’esito delle urne a stragrande maggioranza (92%).

Per quanto riguarda i personaggi politici considerati come i migliori papabili alla carica di primo Ministro, l’ex Ministro degli Interni Gérald Darmanin è in testa (38%), seguito da Raphaël Glucksmann (33%), François Ruffin (33%), Xavier Bertrand (31%) e François Hollande (29%). 

La destra punta alle presidenziali

Il Rassemblement National non va quindi al governo ma continua a fare paura in ottica presidenziali 2027. Quello di Macron è stato un calcolo politico spregiudicato che gli ha permesso di disinnescare temporaneamente la bomba RN e di risalire la china piazzandosi addirittura come seconda coalizione in Assemblea Nazionale. Un risultato insperato che sa quasi di miracolo politico se si guarda ai sondaggi che lo davano per spacciato.

Il Front Populaire, l’alleanza di sinistra che comprende, tra gli altri, La France Insoumise di Mélenchon, il Partito Socialista ed altre forze di sinistra, ottiene ben 180 seggi all’Assemblea Nazionale vincendo le elezioni e si piazza come primo blocco in parlamento. Diventa dunque la principale forza politica riuscendo ad incarnare, almeno in parte, lo spirito repubblicano della Francia democratica.

Lo ha spiegato bene l’ex Presidente della Repubblica François Hollande, eletto in Corrèze, che dopo aver ringraziato

tutti i partiti di sinistra che hanno capito il significato di questo approccio” ha menzionato “donne e uomini che non sono di sinistra, ma che hanno voluto, con il loro voto, far sì che il risultato fosse chiaro, limpido e indiscutibile”.

In queste parole c’è la chiave di una vittoria che sembrava avere un solo scopo: bloccare l’ascesa del Rassemblement National per prepararsi alla vera battaglia: le elezioni presidenziali del 2027. Non vince nessuno dunque ed il paese si trova diviso in tre blocchi.  

La macchina a perdere

Il Rassemblement National – con i suoi alleati – che era stato in testa ai sondaggi durante la campagna elettorale, non ha vinto, ma ha moltiplicato il numero di seggi in parlamento: da 89 membri eletti, il partito ha ottenuto 143 seggi. Nella destra moderata però la delusione è grande ed è perfettamente sintetizzata nell’editoriale del direttore del Figaro Guillaume Roquette intitolato “la macchina a perdere”.

Da dodici anni a questa parte, i francesi che non si identificano né con Emmanuel Macron né con nessuno dei partiti di sinistra, scrive il direttore, si trovano dalla parte dei perdenti a ogni elezione nazionale. Le stesse cause hanno producono sempre gli stessi effetti. Ancora una volta, i presunti “inconciliabili” partiti di sinistra francesi si sono presentati uniti alle ultime elezioni generali, mentre i partiti di destra erano divisi come al solito. Questo ha permesso al Nuovo Fronte Popolare di vincere queste elezioni cruciali. Eppure, a ben guardare, il risultato non era scontato: domenica scorsa i partiti di sinistra hanno totalizzato il 27% dei votanti, mentre i partiti di destra hanno totalizzato il 47%. Ma è stata comunque la sinistra a vincere”.

Il Deus ex Machina della Francia post-voto

La verità è che ancora una volta sarà lui, Emmanuel Macron, il Deus ex Machina della Francia post-voto. E’ rimasto in silenzio fin dal primo turno delle elezioni legislative. Tre giorni dopo il verdetto delle urne, si è finalmente espresso sul risultato delle elezioni in una “lettera ai francesi”, chiedendo un “compromesso” tra le “forze repubblicane” per governare il paese.

Tra le righe, ha escluso qualsiasi coabitazione con l’una o l’altra fazione estrema. Per Emmanuel Macronnessuno ha vinto (…), solo le forze repubblicane rappresentano una maggioranza assoluta“. Questo li obbligherebbe “a costruire una coalizione di ampio respiro, una solida maggioranza, necessariamente plurale, per il paese”. Si è rivolto quindi a “tutte le forze politiche che si riconoscono nelle istituzioni repubblicane, nello stato di diritto, nel parlamentarismo, nell’orientamento europeo e nella difesa dell’indipendenza francese“. 

La scommessa rischiosa vinta


Macron non fa nomi di partiti, ma è evidente che questi criteri da lui delineati escludono, almeno teoricamente, sia il Rassemblement National che La France Insoumise, che, a suo dire, sarebbero fuori dall’arco repubblicano. La scommessa di Macron è stata rischiosa ma sembra in parte vinta. Il partito presidenziale ha fatto addirittura meglio del previsto – 163 seggi – beneficiando di alcune desistenze tra i due turni. Tuttavia, ha perso almeno un centinaio di deputati, e non è poco.

Il RN ha subito invece una battuta d’arresto inaspettata, ma allo stesso tempo ha conquistato sempre più spazio nell’emiciclo. Dato in vantaggio nei sondaggi durante la campagna elettorale condotta da Jordan Bardella, che già si vedeva primo ministro di un probabile governo di coabitazione con il presidente, il partito e i suoi alleati sono diventati la terza forza politica alla Camera e si preparano a sferrare l’assalto alla presidenza nel 2027. “La marea sta salendo. Questa volta non è salita a sufficienza, ma continua a salire e, di conseguenza, la nostra vittoria è solo rimandata“, ha dichiarato Marine Le Pen dopo il voto. 

La lotta agli estremisti

L’azzardo dello scioglimento lanciato da Emmanuel Macron il 9 giugno, che ha portato ad indire delle elezioni generali anticipate, avrebbe potuto portare a una sconfitta molto più pesante. Così non è stato ed il progetto del presidente, dopo aver disinnescato la dinamite dell’estrema destra, è questo: sbarazzarsi degli estremi (La France Insoumise a sinistra e RN a destra) per creare una sorta di governo dalle larghe intese capace di governare e traghettare il paese verso le elezioni del 2027.

Il tempo è a suo favore. La coalizione di sinistra non ha ancora annunciato il nome di un primo ministro per un’eventuale coabitazione. Le forze del Nuovo Fronte Popolare continuano a discutere. Le discussioni sembrano infinite perché c’è un fragile equilibrio di potere tra i rappresentanti dei partiti di sinistra. La France Insoumise (LFI) è leggermente in testa rispetto al Partito Socialista ma le sue posizioni estreme non piacciono ai possibili alleati di governo. 

La politica delle linee rosse

Un esempio è Gérald Darmanin, attuale ministro degli interni, che in un’intervista alla RTL ha detto che potrebbe governare con i socialisti soltanto qualora questi rompessero con LFI, il cui programma definisce “delirante”. Si preferisce insomma la facciata più presentabile e moderata del Partito Socialista che continua a spingere per Olivier Faure come primo ministro, mentre LFI non vuole cedere e continua a sostenere altri nomi di papabili tra i ranghi degli Insoumis. Insomma la polvere che era stata nascosta sotto al tappeto al momento della creazione del Nuovo Fronte Popolare sta offuscando la vista della coalizione di sinistra.

Alcuni accusano LFI di rallentare i negoziati, tracciando nuove linee rosse con il passare delle ore. Un atteggiamento che dimostrerebbe semplicemente che forse non c’è una reale volontà di governare ma soltanto di prendere tempo per prepararsi allo scontro finale con il Rassemblement national nel 2027. Intanto si registrano le prime defezioni a sinistra. Un gruppo di fuoriusciti (cinque) in contrasto con La France insoumise lanciano  un nuovo movimento, “L’Après”. Insomma le spaccature della sinistra sono evidenti e per questo sarà oltremodo difficile esprimere una maggioranza di governo. Lo spiega Emmanuel Rivière, politologo, professore  all’Università di Paris-I e Scienze Politiche. 

“Per la prima volta nella Quinta Repubblica, non c’è una maggioranza e i gruppi politici sembrano instabili. La tensione maggiore è a sinistra. Ci sono linee di frattura all’interno del NFP e della France insoumise, un partito guidato da una delle figure più impopolari del paese. (…) I partiti dell’Ensemble (coalizione macronista nda)  hanno criticato la sinistra per la presenza di LFI, ed è difficile vedere un’alleanza tra il PCF e Les Républicains.  Ma se pure immaginiamo una coalizione di centro con il Nouveau Front Populaire senza gli Insoumis, questo pone un problema democratico fondamentale: i membri eletti del NFP sono una miscela di voti provenienti da tutti gli elettori di sinistra. Sarebbe una negazione della democrazia estrapolare una parte in nome di un’altra”. 

La preoccupazione nella società francese

L’impasse politica genera tensione nella società. Le organizzazioni dei lavoratori, presagendo la grande ammucchiata macronista al centro, denunciano il tono della lettera del presidente Macron e annunciano manifestazioni davanti alle prefetture e all’Assemblea Nazionale il 18 luglio prossimo per “chiedere” l’insediamento di un governo di sinistra.

Siamo andati molto vicini a una catastrofe” e “abbiamo quasi avuto un governo del Rassemblement National“, ha dichiarato Marylise Léon, segretario generale del CFDT. La leader del CFDT ritiene che questi risultati debbano essere presi in considerazione dalle forze politiche e in particolare da Emmanuel Macron di fronte alle “immense sfide” e alla “crisi democratica che è tutt’altro che superata“. Il maggiore sindacato francese, la CGT (Confédération Générale des Travailleurs) chiede, da parte sua, una mobilitazione “pacifica, senza eccessi o violenza per esprimere in modo massiccio la necessità di vedere la scelta delle urne avere un seguito, con un governo che sia in particolare il prodotto del Nuovo Fronte Popolare“. Insomma con le forze parlamentari impelagate in un’impasse politica dall’esito incerto, un rompicapo politico di difficile soluzione, Emmanuel Macron puo’ ancora una volta assurgere ad arbiter elegantiae della politica francese e presentarsi come salvatore della patria. 



Marco Cesario
Marco Cesario

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