Esclusiva – Lincoln Bloomfield Jr ricorda il segretario di Stato George Shultz, l’uomo che cercò sempre di convincere l’America a fare ‘cose difficili’

Esclusiva – Lincoln Bloomfield Jr ricorda il segretario di Stato George Shultz, l’uomo che cercò sempre di convincere l’America a fare ‘cose difficili’

22 Febbraio 2021 0

Incontrando George Shultz nel suo ufficio della Stanford University il 2 marzo 2016, ho rievocato all’ex segretario di Stato già novantacinquenne alcuni ricordi che probabilmente avrebbe voluto dimenticare. Mentre, il mio proposito era quello di evidenziare allo stimato anziano statista il lavoro dello Stimson Center, il think tank apartitico di Washington di cui ero presidente, la nostra conversazione tornò inevitabilmente agli eventi che avevo vissuto durante il periodo del signor Shultz come Segretario di Stato. 

Purtroppo, ho potuto condividere con lui solo alcuni ricordi molto travagliati dei primi anni ’80, quando ero un giovane direttore nazionale per il Libano al Pentagono e Shultz aveva preso il posto di Alexander Haig come alto diplomatico americano. A quel tempo, il sottosegretario alla Difesa del Pentagono Caspar Weinberger era profondamente preoccupato per le questioni del Medio Oriente, non a caso aveva inviato marines insieme a contingenti dall’Italia e dalla Francia, cui in seguito si unì il Regno Unito, per cercare di pacificare Beirut dopo l’incursione verso nord di Israele del 1982 contro l’Olp. L’aiutante militare di Weinberger era una stella nascente, il maggiore generale Colin Powell, e il mio capo, l’assistente segretario alla Difesa Richard Armitage, un altro personaggio emergente. Entrambi erano veterani della guerra in Vietnam e hanno stretto una profonda amicizia, che il mondo ha poi imparato ad apprezzare quando Powell è diventato il segretario di Stato del presidente George W. Bush, con Armitage come suo vice. Questa squadra del Dipartimento della Difesa ha fornito un flusso di suggerimenti politici direttamente al presidente Reagan, tramite il suo consigliere per la sicurezza nazionale William Clark.

Foto – Beirut Ovest all’inizio del 1984. L’immagine mostra il Segretario alla Difesa Caspar Weinberger che dialoga con l’ambasciatore statunitense Reginald Bartholomew.
A destra si può riconoscere Colin Powell, che allora era un maggiore generale dell’esercito (2 stelle) e lavorava come assistente militare di Weinberger. A sinistra il giovane Lincoln Bloomfield Jr.

Il Segretario di Stato Shultz e il suo team non mostrarono entusiasmo nello scoprire che il presidente Reagan riceveva consigli da un altro dipartimento di gabinetto. Con l’aggravarsi della crisi, i Dipartimenti di Stato e della Difesa hanno guadagnato fiducia l’uno nell’altro. Questo era un riflesso della silenziosa ma potente capacità manageriale di Shultz. Uno dei ricordi più cupi del servizio di Shultz da Segretario di Stato è stato il periodo appena prima delle elezioni presidenziali del 1984. Il presidente Reagan era il favorito per vincere contro il candidato democratico, l’ex vicepresidente e senatore degli Stati Uniti, Walter Mondale.

Gli eventi a Beirut, in Libano, potevano costituire un rischi concreto per gli americani che ancora prestavano servizio lì e, per estensione, per la presidenza Reagan. L’attentato del 23 ottobre 1983 alla caserma dei marine statunitensi all’aeroporto di Beirut, dove persero la vita 241 militari statunitensi, aveva portato alla rimozione delle truppe statunitensi dal Libano all’inizio del 1984. Con l’avvicinarsi delle elezioni di novembre, il 20 settembre, l’ambasciata di collegamento degli Stati Uniti a Beirut fu colpita da un attentatore suicida che era penetrato attraverso le barriere di sicurezza ancora in fase di installazione, poiché l’ambasciata americana originaria era stata già distrutta da un camion bomba nell’aprile 1982, prima che Shultz diventasse Segretario di Stato. Timoroso di ulteriori attacchi suicidi o di miliziani che sparavano dai camion e dei colpi di artiglieria ostile che piovevano dalle colline sopra Beirut, Shultz ritira quasi l’intero contingente diplomatico dal Libano, con un equipaggio ridotto al minimo che operava da un’ambasciata improvvisata.

Ogni giorno al Pentagono per settimane prima delle elezioni americane, sentivamo che il segretario Shultz chiedeva un elenco aggiornato di tutto il personale ufficiale ancora in servizio presso l’ambasciata. Al momento delle elezioni di novembre, erano rimasti solo l’ambasciatore statunitense Reginald Bartholomew e un assistente, con circa 22 membri del personale di sicurezza a proteggerli. I cannoni antiaerei si trovavano sul tetto del palazzo presidenziale. L’intera città trattenne il fiato. Fortunatamente arriva il giorno delle elezioni in America, il 6 novembre,  senza che si verificassero incidenti in Libano. Shultz, il marine in tempo di guerra e professore che prima insegnava corsi di economia e management, aveva supervisionato personalmente le condizioni quotidiane di sicurezza in Libano, consapevole della sua importanza geopolitica per la reputazione dell’America nel mondo. Shultz e il Segretario alla Difesa Weinberger erano entrambi contrari al piano segreto dello staff del Consiglio di sicurezza nazionale del presidente Reagan di fornire armi a Israele, da trasferire al regime rivoluzionario in Iran come incentivo per liberare gli ostaggi americani detenuti da terroristi sostenuti dall’Iran in Libano. Nonostante la loro personale opposizione, tuttavia, entrambi hanno collaborato seguendo le indicazioni del presidente, e hanno reso noto il loro punto di vista solo dopo che l’operazione era stata presentata e ciascuno è stato obbligato a testimoniare sotto giuramento davanti a una commissione speciale del Congresso.

Prima di quella testimonianza pubblica sulla tv nazionale, gli alti funzionari dell’amministrazione Reagan, compreso l’enigmatico direttore della Cia William Casey, dovettero testimoniare in segreto il 21 novembre al Comitato di selezione permanente per l’intelligence della Camera. Casey negò di essere a conoscenza che Israele avesse trasferito armi americane in Iran. Il funzionario del Dipartimento di Stato, tuttavia,  condivise le informazioni note col suo Dipartimento. Due giorni dopo, Casey scrive una infame lettera privata al presidente Reagan esortandolo a licenziare il segretario George Shultz. A metà dicembre, quando il Comitato dei servizi segreti del Senato chiama i funzionari per fornire istruzioni segrete simili, Casey viene portato d’urgenza in ospedale e, secondo quanto riferito, muore poco dopo per un tumore al cervello. Alti diplomatici americani avevano espresso scetticismo sul destino del signor Casey e sul perché fosse così riluttante a testimoniare al Congresso. Quei ricordi spiacevoli erano, sfortunatamente, quelli che conoscevo meglio delle mie esperienze negli anni ’80. Chiacchierando con l’ex Segretario di Stato molti anni dopo, ho scoperto che i suoi ricordi erano chiari come i miei, eppure era ancora caloroso e gentile nell’accogliere un giovane collega di quei giorni. La buona notizia per Shultz era che aveva ricordi molto più positivi a cui guardare del suo storico mandato come Segretario.

Nei decenni successivi a quegli anni turbolenti, George Shultz è stato venerato dai diplomatici in carriera come un “capo”, un modello. Ha guidato il Dipartimento di Stato concentrandosi intensamente su obiettivi importanti e invitando l’intera organizzazione a fare del suo meglio per raggiungerli. Più della maggior parte di coloro che hanno ricoperto quella posizione, Shultz ha riempito posizioni politiche di sotto gabinetto con professionisti in carriera, creando un potente team di esperti politici, molti dei quali sono diventati influenti nei comitati del Congresso e con i governi di tutto il mondo. Due accademici che conoscevano bene Shultz, John F. Cogan e John B. Taylor, scrivono che: “Alla maniera di Shultz, non importava se le idee politiche provenissero dai liberali o dai conservatori. Le idee  giudicate in base ai loro meriti. Era un repubblicano, ma il suo approccio allo sviluppo delle politiche non era di partito “.

Come Shultz ha ben capito, i professionisti della carriera nel governo degli Stati Uniti si demoralizzano e non offrono il loro meglio quando i loro superiori, nominati politicamente, parlano e agiscono da partigiani della politica. Colin Powell e Richard Armitage hanno seguito l’eccellente esempio di Shultz subito dopo essere entrati in carica al Dipartimento di Stato nel 2001, dicendo a tutti i dipendenti: “Abbiamo vinto le elezioni. Gestiremo la politica al nostro livello. Tutti gli altri dovrebbero concentrarsi nel fare il proprio lavoro. Il comportamento di parte non sarà tollerato“. Si capisce bene perché il Dipartimento di Stato, dopo aver creato un campus nella vicina Virginia per ospitare il Foreign Service Institute, dove i diplomatici ricevono una formazione, lo ha chiamato in onore di George P. Shultz.

Un testimonianza diversificata di Servizio pubblico, che influenza la storia

L’eredità di Shultz si estende anche oltre il suo servizio di Segretario di Stato, poiché ha ricoperto quattro incarichi a livello di gabinetto durante la sua carriera governativa, oltre ad aver prestato servizio in combattimento nel teatro del Pacifico come marine durante la seconda guerra mondiale. Economista di formazione, dopo aver conseguito il dottorato di ricerca in economia industriale presso il Massachusetts Institute of Technology (Mit) al termine del conflitto, Shultz ha trascorso la sua prima parte di carriera nel mondo accademico, insegnando economia al Mit e poi prestando servizio come preside della Graduate School of Business dell’Università di Chicago. In quel periodo è consulente economico per l’amministrazione Eisenhower. Il presidente Richard Nixon riporta Shultz al servizio del governo nel 1969 come segretario al Lavoro. Questa era la prima delle quattro posizioni che George Shultz avrebbe ricoperto a livello di gabinetto. 

Foto – Il presidente Richard Nixon con il segretario al Lavoro George Shultz

Molti segretari di gabinetto trascorrono il loro mandato senza apportare modifiche degne di nota o partecipare a eventi storici. Shultz, invece, è sempre stato vicino al centro delle principali questioni e decisioni nel suo ambito di responsabilità. In qualità di segretario al Lavoro, ha contribuito ad attuare nuove misure sui diritti civili, chiedendo agli imprenditori edili di Filadelfia, in Pennsylvania, di ammettere lavoratori afroamericani. Le quote razziali erano controverse, ma Shultz ha convinto il sindacato dei lavoratori a cooperare con questo nuovo mandato. Contemporaneamente, fa parte di un comitato speciale formato dal presidente Nixon per porre fine alla segregazione razziale illegale nelle scuole di sette Stati, situati nel sud degli Stati Uniti. Per oltre 100 anni dalla guerra civile americana, gli Stati del sud hanno perpetrato molte forme di discriminazione nei confronti dei cittadini neri. Shultz ha poi ricordato che i funzionari locali credevano di poter resistere a queste riforme. E quando Shultz dispose che il procuratore generale degli Stati Uniti si unisse ai negoziati, capirono finalmente che l’amministrazione Nixon avrebbe applicato la legge contro la segregazione. Questo è stato un importante passo avanti nell’affrontare la travagliata eredità razziale americana. Diviene direttore dell’Ufficio di gestione e bilancio nel 1970, supervisionando l’intero processo di definizione delle priorità e di richiesta fondi al Congresso per ogni aspetto del governo degli Stati Uniti. Tale esperienza fornisce una comprensione più profonda delle scelte politiche che i presidenti devono fare. Altri importanti membri del governo, tra cui Caspar Weinberger, che era il primo Segretario alla Difesa del presidente Reagan, e Leon Panetta, l’ex membro del Congresso della California, che in seguito divenne direttore della Cia e poi pure Segretario alla Difesa, avevano entrambi servito come direttore del bilancio.

Da quella posizione, Shultz è stato elevato nel 1972 dal presidente Nixon alla posizione di Segretario del Tesoro, una delle più alte cariche nel governo. Anche in questo caso, come per le precedenti posizioni al governo, Shultz ha contribuito a un cambiamento storico. Il presidente Nixon ha disgiunto il dollaro Usa dal gold standard consentendo, per la prima volta nella storia, alla valuta americana di fluttuare liberamente e trovare il suo valore nel mercato globale aperto. È stato un cambiamento profondo, che alcuni americani continuano a criticare e cercano di invertire. Ciò segnò la fine del sistema monetario internazionale organizzato a Bretton Woods, nel New Hampshire dal 1944 sotto la guida degli Stati Uniti, che aveva ancorato i valori delle valute e i tassi di cambio all’oro e al dollaro USA. I cosiddetti “shock Nixon” sono ora visti da una prospettiva storica come un passo che ha consentito una crescita significativa nell’economia statunitense, stimolando politiche economiche favorevoli alla crescita in molti paesi.

Frenare la più grande minaccia: la prospettiva di una guerra nucleare con l’Unione Sovietica

Scrivendo agli Affari Esteri nel 1985 come Segretario di Stato, Shultz ha dichiarato:

«Abbiamo il dovere di contribuire a plasmare le tendenze, man mano che si evolvono, in conformità con i nostri ideali e interessi, per aiutare a costruire un nuovo modello di stabilità internazionale che garantirà pace, prosperità e libertà per le generazioni future».

Come per le sue precedenti posizioni di leadership, non si è mai accontentato di essere uno spettatore, reagendo alle iniziative intraprese da altri a livello mondiale. La sua esperienza nel combattimento in guerra e nell’avanzamento delle riforme sociali ed economiche in tempo di pace, aveva forgiato in Shultz la convinzione che l’America dovesse esercitare la sua influenza, per il bene  suo e del resto del mondo. Da nessuna parte questa filosofia si è affermata in modo più consequenziale che negli sforzi di George Shultz, per impedire agli Stati Uniti e all’URSS di varcare la soglia della guerra nucleare. Sebbene “la vera amicizia e cooperazione” con l’Unione Sovietica “rimarranno fuori portata”, scrisse, «nell’era termonucleare entrambe le parti hanno un interesse comune alla sopravvivenza; pertanto entrambe le parti hanno un incentivo a moderare la rivalità e a cercare modi per controllare le armi nucleari e ridurre i rischi di guerra». Mentre i critici si opponevano a gran voce alla Strategic Defense Initiative del presidente Reagan, che era comunemente nota come “Star Wars”, Shultz ha sottolineato che il Cremlino aveva sempre fatto affidamento su misure difensive, persino mentre sia americani che sovietici erano scoraggiati a entrare in guerra dalla minaccia del “Mutual Assured Destruction”- noto come Mad. Egli sosteneva che nel tempo, la scienza e l’ingegneria avrebbero determinato la possibilità di difendersi dai missili balistici intercontinentali con armi nucleari. Forse un giorno entrambe le parti potrebbero distaccarsi dalla dottrina Mad e ridurre i loro arsenali di armi nucleari. Forse i sistemi difensivi non nucleari potrebbero contribuire alla deterrenza nucleare e ridurre l’incentivo per qualsiasi parte a vedere un vantaggio nell’escalation nucleare. 

Il suo obiettivo non era solo gestire questo pericolo esistenziale, ma perseguire una visione che sarebbe rimasta coerente per il resto della sua vita: «Un mondo libero dalle armi nucleari è un obiettivo finale su cui noi, l’Unione Sovietica e tutte le altre nazioni possiamo essere d’accordo». Per quanto Shultz fosse impegnato a perseguire una nuova e più stabile intesa con l’unico paese in grado di minacciare la sopravvivenza stessa degli Stati Uniti, ha lavorato per un presidente, Ronald Reagan, la cui carriera politica era stata definita da un sentimento anticomunista così forte, tale che l’inquilino della Casa Bianca era visto inizialmente come un isolazionista che non si fidava delle istituzioni multilaterali o del perseguimento di accordi sul controllo degli armamenti nucleari. All’epoca in cui Shultz divenne Segretario di Stato nel 1982, Reagan sfidava la dottrina nucleare dell’establishment perseguendo la difesa contro i missili balistici – una caratteristica che i teorici nucleari credevano da tempo potesse convincere una parte che una guerra nucleare sarebbe potuta essere “vincibile”. Stava anche infiammando l’opinione pubblica europea, facendo pressioni per schierare due tipi di armi nucleari a corto e medio raggio sul suolo europeo. Ciò fece seguito allo spiegamento da parte dei sovietici a metà degli anni ’70 di missili nucleari a raggio intermedio SS-20, il cui raggio copriva l’Europa occidentale; e una decisione della Nato del 1979 di rispondere con una strategia “a doppio binario”, combinando il dispiegamento di missili Nato con l’offerta di negoziati per il controllo degli armamenti.

Gli sforzi iniziali sotto l’amministrazione Reagan per coinvolgere Mosca nei negoziati sui suoi missili SS-20 in Europa non fecero progressi. Tuttavia, Reagan procedette con il dispiegamento in Europa di missili Pershing II a raggio intermedio e missili da crociera lanciati da terra, entrambi dotati di armi nucleari. I manifestanti anti-nucleare scesero nelle piazze delle capitali europee e Reagan venne descritto come l’ostacolo alla pace. In mezzo a queste controversie, anche se altri membri dell’amministrazione Reagan mantennero la linea dura e conflittuale nelle relazioni con l’Unione Sovietica, Shultz trascorse molto tempo a cercare di persuadere Reagan che gli interessi degli Stati Uniti potevano trarre vantaggio solo offrendo opportunità di negoziare le riduzioni delle armi con Mosca. Ci è riuscito.

Foto – 21 Novembre 1985, il segretario di Stato US George Shultz e la controparte sovietica Eduard Shevardnadze firmano un accordo tra le due superpotenze.
Alle loro spalle i presidenti Ronald Reagan e Mikhail Gorbachev.

Il Trattato INF del 1987

Dopo che Mikhail Gorbaciov è diventato il leader sovietico nel marzo 1985, il presidente Reagan ha perseguito un crescente rapporto con la controparte superpotenza, iniziato con una profonda sfiducia ma che nel tempo si è evoluto in un rapporto di genuina buona volontà e fiducia, rafforzato dalla verifica reciproca delle riduzioni nucleari. Shultz ha cercato energicamente di raggiungere il rafforzamento della fiducia sul nucleare e la riduzione degli armamenti con la controparte sovietica, il ministro degli Esteri Eduard Shevardnadze. L’indicazione iniziale che la strategia Nato Dual-Track avrebbe potuto produrre risultati arrivò nell’autunno del 1985, quando il Cremlino offrì una proposta per bilanciare il numero dei propri missili SS-20 con il recente schieramento di Pershing II americano e i missili da  crociera lanciati da terra. Nei due anni successivi, i colloqui tra le superpotenze portarono a una formula più ampia, che incorporava tutti i missili a raggio intermedio sparsi nel globo e posseduti da entrambe le parti. Ciò includeva tutti i tipi di missili con distanze comprese tra 500 e 5.500 chilometri. Entrambe le parti concordarono di distruggere alcuni missili in loro possesso, che non erano stati dispiegati e gli Stati Uniti convennero che non sarebbe andato oltre il posizionamento pianificato di altri 208 missili da crociera nucleari da collocare nel Regno Unito, Paesi Bassi, Belgio, Germania e Italia. L’8 dicembre 1987, il presidente Reagan e il segretario generale Gorbaciov firmarono il trattato INF e il 1 giugno 1988 entrò in vigore. Quattordici anni dopo, diversi paesi che ospitavano missili a raggio intermedio in Asia centrale e in Europa, centrale e orientale comprese, accettarono gli obblighi del trattato INF e si liberarono dei loro missili. Shultz ha svolto un ruolo chiave nel consigliare al presidente Reagan di perseguire la politica di riduzione delle armi nucleari, non con debolezza e concessioni, ma attraverso la risoluta determinazione a negare vi fosse qualsiasi vantaggio per l’Unione Sovietica nel dispiegare suoi missili in Europa.

Foto George Shultz e Mikhail Gorbachev discutono di riduzione degli armamenti nucleari

Il Trattato INF ha funzionato, ma nel tempo, secondo quanto viene riferito, la Russia post-sovietica mostrò preoccupazione per lo sviluppo della Cina di missili a raggio intermedio, nonché per la collocazione dei sistemi antimissili americani nei paesi europei che in precedenza avevano fatto parte del Patto di Varsavia, subordinati al Cremlino, ma che erano diventati membri dell’alleanza Nato. Emersero rapporti di possibili sviluppi e test missilistici russi in violazione degli obblighi del Trattato INF. Nel 2017, il Pentagono ha confermato la sua valutazione secondo cui la Russia possedeva un missile da crociera lanciato da terra, l’SSC-8 (noto in Russia come 9M729), che non era consentito dal Trattato.

Il Congresso degli Stati Uniti, considerando le crescenti preoccupazioni rispetto alle varie attività ostili della Russia sotto la guida del presidente Vladimir Putin, ha sviluppato una legislazione nel 2018 che conteneva una specifica richiesta al presidente Trump di emettere una decisione entro il 15 gennaio 2019, in merito alla violazione del Trattato INF da parte della Russia. Il 20 ottobre 2018 Trump, coerente con la sua propensione a prendere decisioni importanti senza preavviso, annuncia che intendeva “sospendere” il trattato INF. Il suo consigliere per la sicurezza nazionale all’epoca, John Bolton, era ben noto per essere un oppositore del Trattato INF insieme a molti altri accordi multilaterali. Il segretario di Stato Mike Pompeo dichiarò due mesi dopo che i russi avevano fatto una “violazione materiale” del Trattato – una posizione ripresa da diversi legislatori repubblicani nel 2019. L’intenzione degli Stati Uniti di porre fine alla partecipazione al Trattato, è stata annunciata il giorno successivo, il 1 ° febbraio2019, con il ritiro formale degli Usa previsto per il 2 agosto 2019, quasi 31 anni dopo l’entrata in vigore.

L’anno prima, all’età di 98 anni, George Shultz era coautore di un editoriale  sul Washington Post con niente meno che Mikhail Gorbachev, con i due statisti che sostenevano che gli Stati Uniti e la Russia dovrebbero lavorare insieme “per preservare e correggere” il Trattato INF. Abbandonare il patto, scrivevano, “sarebbe un passo verso una nuova corsa agli armamenti, minando la stabilità strategica e aumentando la minaccia di errori di calcolo o guasti tecnici che porterebbero a una guerra immensamente distruttiva“.

Con il cambiamento delle amministrazioni Usa, alcuni prevedono che il presidente Joe Biden e il suo team di esperti di politica estera faranno uno sforzo per impegnarsi con la Russia e cercheranno di ripristinare le restrizioni reciproche sui missili a raggio intermedio, forse cercando di indurre anche la Cina a cooperare. Il mondo del 2021 porta nuove complicazioni, poiché l’Iran sta ora sviluppando energicamente capacità di missili balistici a lungo raggio, così come la Corea del Nord, entrambi con programmi di sviluppo nucleare che continuano a sollevare profonde preoccupazioni. Già nel suo primo mese in carica, Biden ha concordato con il presidente russo Putin che il nuovo accordo sulle armi nucleari START sarà prorogato per altri cinque anni. Questo può far presagire una disponibilità da parte dell’amministrazione Biden a fare alcuni compromessi, nel tentativo di ripristinare parte dell’architettura legale sul controllo degli armamenti nucleari.

Il vecchio uomo di Stato che continua a influenzare gli eventi mondiali

Dimettendosi il giorno dell’inaugurazione del presidente George HW Bush, il 20 gennaio 1989, dopo aver servito come Segretario di Stato per il periodo più lungo – sei anni e mezzo – di qualsiasi individuo dai tempi di Dean Rusk sotto John F.Kennedy, Shultz ha vissuto una vita molto attiva. Ha scritto un libro di memorie del suo mandato storico, intitolato “Turmoil and Triumph”. E’ stato consigliere del governatore George W. Bush nella sua campagna di successo, che lo portò ad essere il 43 ° presidente degli Stati Uniti, e nel 2003 sostenne l’invasione americana dell’Iraq. Ha collaborato con diverse organizzazioni, inclusi consigli di amministrazione a scopo di lucro e no-profit. Il suo incarico come membro del consiglio di una società di tecnologia sanitaria chiamata Theranos, sfociò nello scandalo, poiché Shultz non presto immediata attenzione alle raccomandazioni secondo cui le affermazione della società di aver sviluppato un rivoluzionario esame del sangue erano false. Dalla sua posizione accademica alla Hoover Institution della Stanford University, Shultz ha sostenuto politiche pubbliche che riteneva importanti.

Foto – Il libro autobiografico di George ShultzTurmoil and Triumph

Credeva che la “guerra alla droga” fosse stata controproducente. Ha offerto la sua esperienza in ambito economico come consulente del governatore della California, Arnold Schwartzenegger. Ha chiesto la fine dell’embargo economico degli Stati Uniti su Cuba. Poche persone vivono per 100 anni, rimanendo in salute e produttive, ma molto tempo dopo aver terminato il suo servizio al governo, Shultz ha continuato a parlare di questioni critiche, esprimendo il suo dissenso verso la Brexit del Regno Unito. Soprattutto due questioni erano di fondamentale importanza per George Shultz nei suoi ultimi anni. Una era la preoccupazione di vecchia data per i pericoli della proliferazione delle armi nucleari. L’altra, più recente ma non meno esistenziale: la necessità di affrontare la crescente crisi causata dal cambiamento climatico.

Unendo le forze con colleghi di lunga data ed altre eminenti figure di esperti, Shultz ha continuato a cercare di influenzare le potenze nucleari mondiali, affinché cooperassero per compiere seri sforzi di controllo degli armamenti. Henry Kissinger e l’ex Segretario alla Difesa William Perry si sono uniti a Shultz nel 2008 per promuovere gli obiettivi della Nuclear Threat Initiative, un’organizzazione creata dall’ex presidente della Commissione dei servizi armati del Senato Senato, il senatore Sam Nunn, con il sostegno del filantropo Ted Turner (fondatore del Rete televisiva CNN). Il loro obiettivo era promuovere politiche che supportassero la visione di un mondo senza armi nucleari. La Nuclear Threat Initiative ha contribuito alla creazione dell’Istituto mondiale per la sicurezza nucleare a Vienna, cercando di identificare e assicurare il controllo sui materiali nucleari nel mondo. La convinzione di Shultz che le armi nucleari non avrebbero mai dovuto essere utilizzate era coerente con il pensiero di molti ex leader civili e militari della Guerra Fredda, che arrivarono a capire che i catastrofici effetti umani e ambientali di una guerra nucleare sarebbero stati di gran lunga peggiori di qualsiasi conseguenza politica, frutto di un accordo politico tra i nemici. Gli effetti disastrosi dell’incidente nucleare di Chernobyl nel 1986 e lo tsunami del 2011 che ha distrutto la centrale nucleare di Fukushima Daiichi e generato il rilascio incontrollato di radiazioni, sono stati visti come segnali di allarme di ciò che potrebbe accadere su scala più ampia se la soglia del conflitto nucleare fosse stata raggiunta. George Shultz ha lasciato una potente eredità come statista di principi, che cerca di proteggere gli Stati Uniti e il mondo da una tale calamità.

L’altra grande causa che ha abbracciato nei suoi ultimi anni è stato lo sforzo di mobilitazione per arrestare il continuo riscaldamento dell’atmosfera terrestre. Il cambiamento climatico, secondo Shultz, rappresentava una minaccia per il futuro dei cittadini di tutto il mondo, poiché l’innalzamento del livello del mare, la diffusione della desertificazione, le temperature stagionali pericolosamente elevate e l’aumento dell’insicurezza alimentare avrebbero portato allo spostamento di massa delle popolazioni e gravi danni da eventi meteorologici più intensi, incendi incontrollabili e inondazioni diffuse lungo le coste e i corsi d’acqua. Shultz ha sostenuto fortemente una tassa sul carbone come soluzione per ridurre le emissioni in atmosfera, come alternativa ai governi che fanno affidamento sui sussidi per incoraggiare le industrie a convertirsi alla tecnologia sostenibile e alle fonti di energia rinnovabile. All’età di 97 anni, Shultz ha co-fondato il Climate Leadership Council nel 2017, unendosi all’ex Segretario di Stato James Baker e all’ex Segretario del Tesoro Henry Paulson insieme a due importanti economisti americani. Questa organizzazione ha dato forte voce allo sforzo di incoraggiare politiche volte a imporre un prezzo di mercato sulle emissioni di carbone e uno schema per scambiare crediti di carbonio.

Foto – 15 novembre 2010 – L’ex Segretario di Stato George Shultz
parla all’Università della California Davis durante il Global Climate Summit 3

Un chiaro messaggio dalla loro difesa è stato che la preoccupazione per il cambiamento climatico non è una questione di parte; importanti figure delle amministrazioni repubblicane condividono questa apprensione con la maggior parte dei leader democratici. Sebbene il presidente Trump e la sua amministrazione fossero apertamente ostili verso gli sforzi di frenare il cambiamento climatico, Shultz ha contribuito a dimostrare che l’atteggiamento di Trump non era rappresentativo di tutti i repubblicani. In effetti, Shultz amava sottolineare che i presidenti repubblicani risalenti a Theodore Roosevelt erano stati campioni della conservazione ambientale, rendendo la questione del cambiamento climatico una preoccupazione naturale per il suo partito politico.

Testimoniando davanti al Congresso nel 2013 – la sua prima apparizione dinanzi al Congresso in due decenni – Shultz ha esortato i legislatori a sostenere le energie rinnovabili e la nuova tecnica di recupero del petrolio nota come “fracking“. Ha visto questi passaggi come un’opportunità positiva, affermando: «Se possiamo capitalizzare queste opportunità, avremo un futuro energetico molto migliore dal punto di vista della nostra difesa nazionale, della nostra economia e del nostro ambiente, compreso il cambiamento climatico», a casa nella Silicon Valley, Shultz era noto per la guida di un veicolo elettrico.

Lezioni da una vita piena e influente

Una cena di gala in cravatta nera al Ritz-Carlton Hotel di Washington il 29 ottobre 2009 ha riunito l’elite politica americana per onorare il ministro-mentore di Singapore, il defunto Lee Kuan Yew, Shultz, insieme a Henry Kissinger e altri luminari, parlò di quel che aveva imparato negli anni di collaborazione e amicizia con il padre fondatore di Singapore. Raccontò l’episodio di quando si trovò su un tetto a Singapore con il ministro Lee. «Guarda quegli edifici – disse Lee -. Ai residenti era stato offerto un alloggio gratuito. Gli edifici erano mal tenuti e alla fine dovettero essere chiusi». Lee Kuan Yew disse poi a Shultz di guardare un diverso insieme di edifici, dove ai residenti a basso reddito era stato richiesto di pagare una somma nominale per il loro alloggio. Quegli appartamenti erano in ottime condizioni e ben tenuti.

Mentre Shultz raccontava, Lee Kuan Yew gli illustra un principio cardine della condizione umana, che il senso di appartenenza fa parte della dignità umana e ispira la motivazione e responsabilità personale. Il pubblico quella sera ricordò che George Shultz aveva sempre un messaggio significativo quando parlava. In quella occasione, aveva sottolineato profondamente che il capitalismo, non il socialismo, era la formula naturale per una società di successo. Un messaggio ancora più profondo era che uno statista americano aveva mantenuto un legame di solidarietà intellettuale e amicizia con uno statista asiatico dall’altra parte della terra. Una voce della ragione, sostenendo una cooperazione ragionevole e pratica per affrontare i pericoli più gravi per l’umanità, Shultz ha ricevuto un ampio riconoscimento per i suoi contributi all’America e al mondo. Alla fine della sua vita, diciotto università in quattro paesi avevano conferito lauree honoris causa a questo stimato americano.

Scrivendo l’11 dicembre 2020, in occasione del suo centesimo compleanno, George Shultz ha offerto un’elaborazione della sua famosa frase: «La fiducia è la moneta del reame». Riguardo alla fiducia, sottolinea: «Se è presente, tutto è possibile. Se è assente, niente è possibile. I migliori leader si fidano dei loro seguaci con la verità e sai cosa succede di conseguenza? I loro seguaci si fidano di loro. Con questo legame, possono fare cose grandi e al contempo difficili, cambiando il mondo in meglio». La storia ricorderà questo patriota americano dotato di grandi principi come un uomo che ha cercato, e spesso è riuscito, a persuadere il suo Paese e altri a fare “cose ​​difficili” insieme. George Shultz ha cambiato il mondo in meglio.

Traduzione a cura di Marina Pupella

Lincoln Bloomfield
Lincoln Bloomfield

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