Democrazia nelle Americhe, l’importanza di nuovi leggi sui social media nella tutela dei diritti degli elettori

Democrazia nelle Americhe, l’importanza di nuovi leggi sui social media nella tutela dei diritti degli elettori

27 Marzo 2023 0

In un mondo sempre più interconnesso, la disinformazione e le interferenze esterne possono influenzare significativamente i processi elettorali e minare la fiducia nei sistemi democratici. In questa conversazione, abbiamo interpellato un esperto del campo per comprendere meglio la situazione attuale, i rischi e le soluzioni possibili per garantire elezioni libere, eque e trasparenti.

Wagner Gundim, avvocato e professore brasiliano, difende una filosofia ermeneutica del diritto basata sul pensiero dialogico del tedesco Hans-Georg Gadamer ed è autore di diversi libri, tra cui un libro sulla libertà di espressione nella società odierna intitolato “Democrazia 4.0: la libertà di espressione nella società dei dati”, in traduzione libera.

Infografica - La Biografia dell'intervistato Wagner Wilson Deiró Gundim
Infografica – La Biografia dell’intervistato Wagner Wilson Deiró Gundim

– I social media e i media digitali come stanno cambiando il panorama elettorale nelle Americhe e come le leggi elettorali dei paesi si stanno adattando a questi cambiamenti?

Il cambiamento principale che i social network e i media digitali promuovono è una maggiore “democratizzazione dello spazio per la parola e l’accesso alle informazioni”, che, a sua volta, porta impatti diretti e indiretti al processo elettorale mondiale. Con ciò intendo dire che oggi le persone non solo hanno accesso a una gamma sempre più ampia di informazioni, ma possono anche diffondere notizie, fatti e opinioni in un modo mai visto prima, il che finisce per generare impatti considerevoli sul processo elettorale democratico.

Questo finisce per effettuare uno spostamento di protagonismo dall’arena politica alla sfera digitale, ovvero la disputa elettorale segnata dalla competitività tra candidati nella ricerca del voto degli elettori si concentra con molta più enfasi sui social network e sui media digitali.

Il Rapporto elaborato da We Are Social nell’anno 2022 ci fornisce alcuni dati interessanti per confermarlo, come:

  1. Internet conta più di 4,95 miliardi di utenti, e nell’ultimo anno (dal 2021 al 2022) si è registrato un aumento di 190 milioni di utenti;
  2. Più di 4,62 miliardi di persone sono connesse tutti social network;
  3. La media di un utente globale tipico connesso a Internet e che utilizza media digitali e social network è di circa 7 ore;
  4. Alcuni paesi dell’America Latina, come Brasile (10:19), Colombia (10:30) e Argentina (9:38) sono rispettivamente al terzo, quarto e quinto posto tra gli utenti che spendono di più tempo connesso a internet e tutti social network.

Così, rendendosi conto che l’elettore è indiscutibilmente inserito nella sfera digitale, le tattiche di cooptazione elettorale hanno cominciato a essere prese di mira con maggiore enfasi dai candidati/partiti politici durante il processo elettorale. Nel caso del Brasile, ad esempio, sebbene i media tradizionali svolgano ancora un ruolo importante nel processo elettorale e nelle campagne, soprattutto attraverso la diffusione del tempo elettorale gratuito sia radiofonico che televisivo, sta di fatto che le campagne presidenziali del le ultime elezioni (2022) hanno mostrato una dedizione espressiva dei candidati, anche con contributi finanziari elevati, nel cercare il sostegno dell’elettorato nei social network. A tal proposito, come accertato dopo la parziale rendicontazione, fino a settembre 2022:

  1. a) La candidata Simone Tebet (MDB, “Movimento Democratico Brasiliano”) – oggi Ministra della Pianificazione, del Bilancio e della Gestione di Lula da Silva (PT, Partito dei Lavoratori) – ha dichiarato di aver investito circa BRL 2,7 milioni (due milioni e settecentomila reais, o “R$”) per potenziare i contenuti sui social network;
  2. b) L`ex-governatore e ex-ministro di Lula da Silva, Ciro Gomes (PDT, Partito Democratico Laburista), a sua volta, ha investito l’importo di BRL 1.660.266,37 (un milione seicentosessantamiladuecentosessantasei reais e trentasette centesimi);
  3. c) Le spese per il potenziamento dei contenuti sono state tra le prime 10 spese per i candidati alla presidenza, pari a circa BRL 8 milioni (otto milioni).

Per tenere il passo con questo spostamento dell’arena politica, anche se non del tutto (poiché almeno nel caso del Brasile, grazie al libero accesso alla pubblicità politica su radio e televisione, i media tradizionali hanno ancora uno spazio importante, soprattutto considerando elettori in situazioni politiche di vulnerabilità sociale), la legislazione elettorale ha cercato, in modo tempestivo, di prevenire e frenare gli usi e gli abusi da parte degli attori politici (candidati, partiti e cittadini), al fine di garantire lo svolgimento del processo elettorale in modo trasparente, adeguato e coerente.

Nel caso del Brasile, la legislazione elettorale è stata continuamente migliorata per accompagnare questo processo “evolutivo” di crescita esponenziale dei social network e dei media digitali nell’arena politica. Sempre nel 2009, attraverso la Legge n. 12.039/2009, è stata modificata la Legge n. 9.504/1997 – Legge sulle Elezioni (uno dei diplomi normativi che regolano gli aspetti essenziali del processo elettorale nel paese) per consentire mezzi dell’arte. 57-A l’utilizzo di social network, blog, siti di messaggistica istantanea e simili. Da allora sono state create importanti regole normative che miravano proprio ad accompagnare questo processo di consolidamento della sfera digitale come uno dei campi dell’arena elettorale e a evitare abusi da parte di attori politici, occupandosi di domande guida sulla registrazione di pagine, condivisioni e “impulsi” di contenuto (Legge n. 13.165/2015 e Legge n. 13.488/2017). Più recentemente, nel 2022, utilizzando il potere normativo riconosciuto dal Codice elettorale, il Corte elettorale superiore (TSE) ha approvato la risoluzione n. 23.714, di 20 ottobre 2022, che mirava a far fronte alla disinformazione che potrebbe compromettere l’integrità del processo elettorale.

Alcuni paesi latinoamericani, anche preoccupati della questione centrale dell´aumento di disinformazione nel contesto politico, sebbene non esclusivamente sul processo elettorale democratico (ma anche su di esso), hanno discusso la creazione di leggi od organi che mirano proprio a combattere questo male (LatAm Journalism Review):

  1. nell’anno 2022 il governo argentino ha lanciato l’Osservatorio sulla disinformazione e la violenza simbolica nei media e nelle piattaforme digitali (NODIO), con l’obiettivo di combattere la criminalità;
  2. nel 2022 il governo argentino ha avviato l’Osservatorio sulla disinformazione e la violenza simbolica nei media e nelle piattaforme digitali (NODIO), con l’obiettivo di contrastare la circolazione di notizie false, malevole e distorte in ambito digitale;
  3. in Cile ci sono circa 3 progetti di legge che mirano, in qualche modo, a rendere responsabile civilmente e penalmente (con pene detentive e multe) la diffusione di notizie false che possono turbare l’ordine sociale o provocare il panico;
  4. la Colombia aveva una proposta di riforma elettorale che mira a ritenere responsabili gli attori politici che praticano quella che è stata chiamata violenza politica, causata contro un altro candidato, cercando di frenare la diffusione di notizie false o ingiuriose contro altri candidati;
  5. Panama discute la possibilità di criminalizzare l’atto di diffondere disinformazione nel contesto elettorale e che potrebbe danneggiare il processo elettorale o servizi forniti dal Tribunale elettorale. Sebbene il merito/contenuto di alcuni di questi progetti possa rappresentare una battuta d’arresto nei diritti fondamentali, creando una sorta di censura, il fatto è che c’è una preoccupazione ricorrente nell’affrontare gli impatti della sfera digitale sulle campagne elettorali.

– Confrontando il contesto del Campidoglio negli Stati Uniti il 6 gennaio 2021 e di Piazza dei Tre Poteri l’8 gennaio 2023, qual è stata l’importanza dell’indipendenza giudiziaria per garantire la trasparenza dei rispettivi processi elettorali, e come le leggi elettorali dei paesi garantiscono questa indipendenza?

Direi che l’indipendenza della magistratura è stata fondamentale ed essenziale per contenere lo scenario di crisi istituzionale promosso. Nel caso del Brasile, la prestazione della giustizia elettorale nella lotta alla disinformazione e all’abuso dei media per garantire l’equità nel processo di scelta dei rappresentanti è stata unica. Sebbene alcune sentenze specifiche possano essere discusse nel loro contenuto, l’azione della Corte è stata generalmente corretta e mirata a garantire la stabilità delle istituzioni e a difendere la democrazia. A titolo di esempio e già sottolineato in precedenza, la Giustizia Elettorale brasiliana ha agito con prudenza in molti casi, evitando il proliferare di uno scenario ancora più grave di disinformazione che avrebbe potuto mettere a rischio le stesse elezioni.

L’esistenza di una Costituzione che contempli la formula della separazione delle funzioni propugnata da Montesquieu, ma, soprattutto, che riconosca l’autonomia della Magistratura come attore centrale della giurisdizione costituzionale (sebbene non l’unico) è una base essenziale per consentire la legislazione infracostituzionale (elettorale) è in grado di garantire, sul piano pratico, l’esercizio della giustizia elettorale in modo efficace.

La legislazione elettorale brasiliana, attraverso il suo Codice Elettorale (Legge n. 4.737/1965) riconosce l’autonomia, l’indipendenza e l’importanza della Giustizia Elettorale riconoscendo, tra molte altre funzioni, quella di organizzare il processo elettorale democratico e anche il suo potere di regolare , mirando appunto a conformare la condotta degli attori politici ai limiti stabiliti dalla legge e dalla Costituzione. Ed è questa formula che ha garantito con successo la regolarità dei processi elettorali in Brasile.

– Tenendo conto di tutti gli scandali emersi in tutto il mondo, a partire dalla questione di Cambridge Analytica e dalla Brexit, come le leggi elettorali possono contribuire a prevenire la disinformazione e l’interferenza straniera nelle elezioni?

In primo luogo, occorre registrare che la risoluzione del problema della disinformazione non è e non può essere condotta solo dal punto di vista normativo/giuridico, richiedendo principalmente l’utilizzo di adeguate informazioni/controinformazioni come meccanismo centrale. Si pone cioè più enfasi sull’informazione come risposta alla disinformazione, oltre, ovviamente, alle politiche pubbliche volte alla formazione e alla sensibilizzazione dei cittadini.

In ogni caso, dal punto di vista normativo, soprattutto della giustizia elettorale, diventa necessario ed essenziale che la legislazione sia in grado di contenere e punire in modo esemplare i comportamenti che implicano disinformazione e ingerenza straniera nelle elezioni. Il processo elettorale è l’ultimo esempio di realizzazione della sovranità popolare e, proprio per questo, deve essere condotto all’interno di tutti i precetti di interesse dello Stato. È inaccettabile che il processo di formazione politica e ideologica dei cittadini sia distorto dalla disinformazione o addirittura che la sovranità statale sia intaccata da interessi stranieri nella sua costituzione elementare.

Di qui la necessità di pensare a norme capaci di contenere, cumulativamente, lo scenario della disinformazione e anche di punire efficacemente chi elude il processo elettorale e intacca l’esteriorizzazione della coscienza politica del cittadino. È necessario, tuttavia, che le norme prodotte siano il risultato di intensi dibattiti da parte di settori della società civile, del mondo accademico e delle istituzioni competenti per evitare abusi, poiché è necessario bilanciare i diritti fondamentali in opposizione.

– Secondo i tre principali indici che elencano lo stato della democrazia nel mondo (V-Dem: Liberal Democracy Index 2023; EIU: Democracy Index 2023; e Freedom House: Freedom Score 2023), solo Cile e Uruguay possono essere considerati Paesi con piena democrazia, o politicamente liberale, in tutto il continente americano. Anche il Canada è attualmente nella top 21 soltanto di due di questi tre indici, e gli Stati Uniti non sono più tra i primi 21 Paesi più democratici del mondo in nessuno dei tre indici.

I restanti Paesi sono considerati democrazie imperfette o meramente elettorali. Ci sono diversi esempi: il Perù ha effettuato diversi impeachment e arresti di ex presidenti e il suo Congresso ha appena rifiutato di tenere nuove elezioni. Lenín Moreno, ex presidente dell’Ecuador, attualmente vive in Paraguay, coinvolto nella speculazione se chiederà o meno asilo politico al governo paraguaiano.

Jair Bolsonaro, ex presidente del Brasile, potrebbe vedersi sospendere i suoi diritti politici dai tribunali brasiliani mentre tiene conferenze negli Stati Uniti, anche con un visto turistico. E l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che parla anche a questi stessi eventi di Bolsonaro, sta attualmente vivendo diversi problemi legali legati al suo periodo come presidente degli Stati Uniti (POTUS, President Of The United States).

Un brasiliano di origine cilena ha tentato di assassinare la ex-presdente e attuale vicepresidente dell’Argentina, Cristina Kirchner, nel settembre 2022, e recentemente, in Brasile, la polizia federale ha effettuato un’operazione per impedire l’assassinio di diverse autorità, tra cui il senatore al primo mandato Sérgio Moro, ex giudice ed ex ministro della giustizia del Brasile nel governo Bolsonaro, considerato un sospetto dai ministri della Corte suprema federale (STF) nelle loro sentenze sull’operazione Lava-Jato (operazione Autolavaggio, ideologicamente ispirata all’operazione Mani pulite, in Italia). E questo sospetto di Moro ha portato all’annullamento di tutte le condanne contro Lula da Silva, riabilitato politicamente e vincitore delle elezioni presidenziali brasiliane del 2022. Cuba, di Miguel Díaz-Canel, è diventato esempio di paesi con gravi problemi di libertà politiche.

E, a differenza di tutti gli altri Paesi del continente americano, c’è la situazione ad Haiti, dove in migliaia fuggono dal caos che provoca gravi ripercussioni sulla politica interna del Messico, sotto López Obrador, e negli Stati Uniti, sotto Joe Biden, l’attuale POTUS. Sulla base dell’attuale situazione nella regione, come descriveresti la rappresentanza politica nelle Americhe? Le ondate di autocratizzazione, descritte dagli studiosi del settore, stanno acquistando forza? Gli spazi di rappresentanza equa e multipartitica sviluppati dalle istituzioni sovranazionali del dopoguerra, compresa la rappresentanza delle minoranze e dei gruppi sottorappresentati, sono stati messi in discussione?

Non ho dubbi nell’affermare che la rappresentanza politica delle Americhe (registrando che ci sono esempi in tutto il mondo) è in crisi ciclica, cosa che ho sottolineato dal 2017 nel mio libro, “Recall e Giudizio Politico: meccanismi per combattere le crisi di rappresenza in Brasile (senza traduzione libera, intitolato Recall e Juízo Político: mecanismos de combate às crises de representação no Brasil). La verità è che la crisi della democrazia capitalista osservata dopo il crollo della Borsa Valori di New York è diventata molto più pronunciata negli ultimi anni, il che ha generato un quadro di instabilità politica, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, parte di essi, situato in America Latina.

Ciò è dovuto, tra l’altro, a problemi di struttura sociale e alla mancanza di identità tra l’elettorato e i rappresentanti, che, a sua volta, genera uno scenario composto dalle crisi più svariate. I partiti politici, attori importanti nel processo di rappresentanza politica, hanno perso la loro forte istituzionalizzazione, hanno smesso di proporsi come anello di congiunzione strutturale tra candidati e partiti, e questo, a sua volta, ha reso la rappresentanza politica ancora più fragile e suscettibile ai più svariati attacchi. La bassa istituzionalizzazione dei partiti, l’alta frammentazione, i partiti nani, prendi tutto e affitta, come sottolineato da alcuni politologi, sono chiari esempi della bassa rappresentanza e della crisi che affligge la democrazia nei tempi attuali.

E, proprio per questo motivo, figure autocratiche e populiste inclini a una sorta di estremismo politico hanno acquisito importanza, in particolare per la figura carismatica che di solito è legata alla persona di questi leader. In conseguenza di tutto ciò, oltre alle crepe che si registrano nella democrazia, le minoranze e i sottorappresentati si collocano sempre più in scenari di emarginazione, come si è creata una sorta di paradosso di “dittatura della maggioranza”, in cui il i valori di umanità conquistati nel secondo dopoguerra, in particolare il riconoscimento come cittadino – diritto fondamentale considerato come condizione della libertà umana per Hannah Arendt – vengono rimessi in scacco, sotto vero e proprio attacco, rappresentando una battuta d’arresto democratica in molte parti del mondo.

– Le leggi elettorali e gli altri strumenti politici e giuridici esistenti sono da soli sufficienti a tutelare i diritti degli elettori, compreso il diritto di voto e il diritto all’informazione? Oppure l’attuale contesto politico nelle Americhe e nel mondo può essere analizzato come incerto? E quali istituti di diritto elettorale potrebbero aiutare le democrazie a rimanere stabili o a diventare più stabili?

Credo che, sebbene le leggi elettorali e gli attuali strumenti politici e giuridici siano importanti per la tutela dei diritti minimi degli elettori, non siano esclusivamente sufficienti. È necessario che lo Stato investa in politiche di educazione pubblica che garantiscano al cittadino elettore un’accurata comprensione del fenomeno politico e delle sue vicissitudini e rischi e, parallelamente, possa esternare efficacemente la sua ideologia politica in modo libero e pieno. Finché non c’è una coscienza politica che mostri al cittadino elettore quale sia realmente il suo ruolo nelle democrazie, finché non si mettono in discussione nuovi strumenti di partecipazione popolare diretta per permettere al popolo, direttamente, di decidere anche della cosa pubblica, lo scenario nelle Americhe continuerà a sperimentare incertezze, in particolare la stessa democrazia. Per questo da alcuni anni difendo la necessità che i Paesi, a tutti i livelli, migliorino gli strumenti di partecipazione popolare diretta e chiamino obbligatoriamente il popolo, almeno per le questioni più delicate, perché decida.

Inoltre, la possibilità di istituti come il referendum abrogativo/revocatorio che, in via eccezionale e purché ne ricorrano i presupposti di legge, consentono anche al popolo di anticipare il mandato concepito per un rappresentante che sia venuto meno ai propri interessi o che abbia violato il clausola di fiducia stabilita con il suo elettorato. Infine, credo anche che i problemi vissuti oggi dalle democrazie, specialmente in America Latina, siano radicati nel loro stesso sviluppo storico, segnato da autoritarismo, amore per le personalità populiste, negazionismo (storico e anche scientifico), per cui, ancora una volta, attraverso l’educazione politica possono essere superati, se non ora, almeno in un futuro non troppo lontano.

 

L’intervistato: Wagner Wilson Deiró Gundim – Avvocato, professore universitario (costituzionale/elettorale)

Contatti: YouTube: Intellectus oficial e Gundim Ganzella Advogados

Traduzione intervista a cura di Arthur Ambrogi

Arthur Ambrogi
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