Ambasciatore israeliano in Italia, Alon Bar: “Non possiamo fare altro che proseguire nei nostri sforzi affinché Gaza non sia in futuro una base di attacco contro Israele”

Ambasciatore israeliano in Italia, Alon Bar: “Non possiamo fare altro che proseguire nei nostri sforzi affinché Gaza non sia in futuro una base di attacco contro Israele”

17 Ottobre 2023 0

A dieci giorni dal feroce attacco terroristico di Hamas contro Israele, si aggrava il bilancio delle vittime: 4.629, di cui 1.300 israeliane e 3.329 palestinesi, mentre il numero di feriti da ambo le parti è salito a 13.074. Un numero così elevato di perdite umane non si era registrato neanche nella “Guerra dei sei giorni” del 1967 e nella seconda Intifada. E mentre Israele si prepara a un’incursione di terra su Gaza, in risposta agli attacchi del 7 ottobre scorso, sul fronte settentrionale al confine con il Libano sale la tensione, con scambi a fuoco fra l’esercito israeliano e le milizie di Hezbollah, sostenute da Teheran. Col passare dei giorni, aumentano anche gli sfollamenti di massa dalla Striscia di Gaza e 600 mila persone hanno abbandonato le proprie case, intrappolate in quella minuscola fascia di terra. L’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi fa sapere che in 218 mila si sono ammassati all’interno delle 92 scuole gestite dalla stessa agenzia.

«Nel mondo esistono il bene e il male, che non hanno un colore della pelle e ovunque fanno sentire la loro presenza – è il commento amaro di Stefano Rebora, fondatore della ong Music for peace, che lavora in quell’area da anni -.  Ma il nostro compito è di far prevalere il primo sul secondo, che va affrontato e distrutto, ma non per questo possiamo permetterci di schiacciare il bene. Tutti insieme dobbiamo cercare di tutelare le persone che vogliono vivere in pace. E’ una strage su tutti i fronti, di civili innocenti che soccombono davanti a guerre insensate e questo non si può accettare». Civili innocenti sono pure gli oltre 200 ostaggi ancora nelle mani di Hamas, divenuti merce di scambio, con i terroristi che si dicono pronti al rilascio nel caso Israele dovesse fermare i raid su Gaza.

Abbiamo chiesto all’ambasciatore d’Israele in Italia, Alon Bar, qual è la situazione e quali saranno le prossime mosse del governo israeliano.

Infografica - La biografia dell'intervistato Alon Bar
Infografica – La biografia dell’intervistato Alon Bar

«La politica di Hamas è proiettata a uccidere quante più persone possibili. Sono andati in Israele per massacrare donne, bambini, anziani. Il nostro Paese è stato considerato un obiettivo militare e Gaza è stata usata da Hamas per uccidere gli israeliani. Purtroppo, in alcuni casi i suoi miliziani usano i palazzi all’interno della Striscia come loro quartieri generali. L’obiettivo d’Israele non è  colpire i cittadini palestinesi che vi vivono, perché non sono nostri nemici. Semplicemente, non abbiamo altra scelta se non quella di trovare il modo per fermare ogni azione militare terroristica, come quella di sabato. Poi, salvare le vite degli ostaggi è una questione prioritaria per noi. Siamo usciti da Gaza molti anni fa e non vi sono più militari e civili israeliani al suo interno. Sappiamo di dover trovare il modo di migliorare le condizioni di vita dei palestinesi che vivono a Gaza, ma dobbiamo pensare alla la nostra sicurezza. Tutto questo non potrà avere successo se Hamas continuerà a controllare la Striscia, utilizzando come pretesto i fini umanitari e influenzando la comunità internazionale per preparare attacchi contro Israele. E anche se al momento persiste la drammatica situazione degli ostaggi, non possiamo fare altro che proseguire nei nostri sforzi affinché Gaza non sia in futuro una base di attacco contro Israele».

– A 50 anni esatti dalla Guerra dello Yom Kippur, Israele si trova di nuovo sotto un imponente attacco. Teme un effetto domino con il coinvolgimento di altri Paesi dell’area?

La comunità internazionale dovrebbe esigere da Siria, Iran, Libano e dalle organizzazioni terroristiche regionali di astenersi dal promuovere, incoraggiare e rendere possibile l’apertura di un nuovo fronte contro Israele.

– Teheran si smarca e, attraverso i suoi delegati all’Onu, fa sapere di non essere coinvolta nella risposta della Palestina”, anche se l’Ayatollah Khamenei pochi giorni prima aveva twittato che “il regime sionista sta per finire”. Pure il Segretario di Stato americano Antony Blinken aveva dichiarato alla Cnn che “non esistono prove” del presunto coinvolgimento di Teheran. Lei cosa ne pensa?

Non abbiamo evidenza di un coinvolgimento diretto dell’Iran nell’attacco terroristico, ma abbiamo diverse prove del suo supporto finanziario e militare all’organizzazione terroristica in tutta la regione, Striscia compresa. Teheran non lo nasconde e anche in passato lo ha fatto, dunque non escludiamo una sua indiretta responsabilità, dal momento che la Repubblica islamica sostiene Hamas e tutte le organizzazioni terroristiche.

– Accordi di Abramo. Crede possano esserci delle conseguenze e intravede ancora la possibilità di una normalizzazione dei rapporti con l’Arabia Saudita, che nel 2002 chiedeva a Tel Aviv di accogliere la sua proposta di pace con i palestinesi? Due anni fa l’incontro tra l’erede al trono saudita e il premier Netanyahu a Neom, località saudita nel Mar Rosso.

Penso che a causa della guerra, per i prossimi giorni e per le prossime settimane non sarà facile dare un nuovo impulso al processo di normalizzazione con altri paesi, Arabia Saudita inclusa. Ritengo che eliminare Hamas e sottrarre il suo controllo su Gaza, possa dare una nuova spinta al dialogo con i palestinesi, così come con Riad e altri Stati. Ma con l’organizzazione terroristica ancora presente a Gaza, sarà difficile parlare di pace, almeno per il momento, visto che l’obiettivo di Hamas non è la pace con Israele, ma il suo annientamento. Dunque, se vogliamo che il dialogo prosegua, dobbiamo neutralizzare l’organizzazione fondamentalista. La sua maniera di massacrare i civili è qualcosa di mai visto nella storia moderna, siamo rimasti quasi sorpresi, per cui riteniamo sia impossibile qualsiasi intesa con Hamas.

– L’attacco è sfuggito al vostro rinomato ed efficiente sistema di intelligence. Eppure la guerra lampo del 2021 con l’operazione Sayf al-Quds (“Spada di Gerusalemme”) di Hamas, avrebbe dovuto allertarvi. Che spiegazione vi siete dati? Ci saranno conseguenze?

Avvieremo un’indagine accurata per capire cosa sia successo al nostro efficiente sistema. Israele possiede uno dei più sofisticati apparati di difesa intorno a Gaza, per cui una delle conseguenze sarà di capire se questo basterà. Poi, sia chiaro, la responsabilità degli attacchi del 7 ottobre, non è del Mossad e della nostra intelligence, ma solo di Hamas. Noi avvieremo tutte le inchieste del caso, ma l’unica responsabile per quanto accaduto e per ciò che si profilerà a Gaza è Hamas.

– Israele-Damasco. Teme per i 25 milla ebrei presenti nelle alture del Golan in Siria?

Non proprio. Nel Paese la guerra dura da 12 anni, con Assad che controlla la gran parte del territorio. In passato abbiamo provato ad avviare colloqui e accordi con il presidente siriano, ma oggi non crediamo sia logico avere negoziati con chi ha usato armi chimiche contro la popolazione e causato la morte di migliaia di persone. Non siamo certi che gli ebrei presenti nel Golan non corrano rischi, così come riteniamo possibile eventuali attacchi da Damasco e da Beirut, ma non è detto che vi siano ritorsioni contro gli abitanti delle alture. Devo dire che per noi è stato molto importante parlare con Biden e anche col ministro degli Esteri italiano, che hanno mostrato tutta la loro solidarietà al nostro popolo e hanno chiesto ai paesi della regione di astenersi da un coivolgimento nel conflitto.

– Avete evidenze almeno fino ad ora che l’attacco compiuto da Hamas sia stato effettuato anche con armi occidentali, che sarebbero dovute finire in Ucraina e che invece sono finite sul mercato nero?

La maggior parte delle armi in possesso di Hamas arriva dall’Iran. Dal ministro degli Esteri Antonio Tajani abbiamo avuto assicurazioni che nessuna donazione destinata ai palestinesi andrà nelle loro mani e questa è una notizia di non poca rilevanza. Tuttavia, al momento, non possiedo alcuna informazione in merito ad armi provenienti da Occidente e usate dai terroristi, forse in futuro avremo modo di verificare anche questo.

– E’ mai entrato in un campo profughi palestinese?

Sì, diversi anni fa quando ero un soldato sono stato in un campo che ospitava profughi vicino a Gerusalemme. Sono consapevole, come lo è il mio Paese, della situazione dei rifugiati e penso che si debbano cercare delle soluzioni che consentano un miglioramento delle loro condizioni di vita non solo nei campi, ma anche fuori. Desideriamo mettere in campo qualsiasi azione che porti a un positivo sviluppo delle relazioni fra palestinesi e Israele. Se avremo l’opportunità di ridimensionare il terrorismo, saremo anche molto più disponibili in ogni caso e in futuro a sostenere i palestinesi della Striscia di Gaza e della Cisgiordania perché raggiungano una migliore qualità di vita.

– E’ a conoscenza che gli appartamenti nel quartiere ebraico Harat al–Yahud di Damasco sono rimasti integri e conservati per il rientro dei proprietari in caso volessero tornare?

Si, lo sapevo, ma non mi sorprende, perché in Siria i cittadini ebrei sono siriani a tutti gli effetti, così come quelli che vivono in Italia, sono italiani. Dunque, preservare i loro quartieri e le loro case, penso che sia naturale, ma non so perché si sorprende di questo.

– Beh le vostre non sono relazioni positive…

Ci sono ebrei pure in Iran.

Marina Pupella
MarinaPupella

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