Le speranze illusorie fomentate dalla NATO spingono l’Ucraina a combattere allo sfinimento e a rischiare un’escalation

Le speranze illusorie fomentate dalla NATO spingono l’Ucraina a combattere allo sfinimento e a rischiare un’escalation

22 Luglio 2024 0

Ormai persino gli esperti e i commentatori mainstream criticano apertamente l’atteggiamento che i leader dei Paesi NATO tengono verso Kiev. Sul giornale americano Politico è uscita un’analisi che fino a qualche mese fa sarebbe stata bollata come disinformazione russa. Gli autori accusano: al recente summit di Washington i vertici euroatlantici hanno offerto all’Ucraina un nuovo giro di false speranze per la sua guerra contro la Russia, che è pure peggio del non proporre nulla. Quindi la NATO sta fomentando negli ucraini l’illusione di contribuire a una vittoria ormai impossibile. Così ne prolungano l’agonia, rischiando l’avvio di un’escalation infernale.

Occidente irresponsabile

Gli editorialisti sono due accademici del centro studi Defense Priorities, Christopher McCallion e Benjamin H. Friedman. Definiscono “irresponsabile” la politica NATO verso l’Ucraina, che produce false speranze, rende la pace meno probabile e la guerra più pericolosa. L’ultima trovata, presentata al summit di luglio, consiste nell’ipotetico “ponte” verso la membership che gli alleati starebbero preparando per Kiev, la quale si troverebbe quindi su un “percorso irreversibile” verso l’adesione. A dare man forte all’impianto accusatorio è pure un altro think tank di altissimo profilo, il Carnegie Endowment for International Peace, che evidenzia l’autoreferenzialità e l’ingenuo ottimismo visti al vertice di Washington. Dopo i brindisi e i bei discorsi, la realtà resta grama: Avendo escluso un intervento diretto, gli alleati si ritrovano in un’impasse. La NATO oggi è davanti al “più grande test dai tempi della Guerra Fredda”: trovare il modo di mettere fine alla guerra senza sacrificare l’Ucraina nel processo.

Un accenno di disponibilità a negoziare

Gli opinionisti americani mostrano così di convenire sull’idea che per Zelensky sia arrivato il momento di chiedere una trattativa con Mosca. La loro formula è elegante e sfumata, ma il concetto è quello: Nonostante il flusso di armamenti pesanti dall’Occidente, Kiev potrebbe doversi arrangiare con quello che ha: una situazione che suggerisce di iniziare a valutare la prospettiva di trattative con Mosca o persino di congelare il conflitto con una tregua e di farlo oggi, prima che le circostanze sul campo peggiorino e lo spazio di manovra negoziale si restringa. Insomma, tutto il contrario della retorica della “vittoria totale” portata avanti finora.

E Zelensky ha già abbassato i toni. Nel discorso alla nazione della settimana scorsa ha accennato alla possibilità che i russi mandino una delegazione alla conferenza di pace in programma a novembre. Secondo John Herbst, ex ambasciatore USA a Kiev, la sua narrativa meno bellicosa è una reazione alla crescente popolarità di Trump e del suo vice Vance, entrambi oppositori dell’assistenza militare all’Ucraina.

I russi avanzano lentamente, ma avanzano

La quantità enorme di armi e attrezzatture belliche inviate all’Ucraina ha avuto due effetti poco entusiasmanti: svuotare gli arsenali euroamericani e rallentare l’avanzata russa. Dunque qualcosa di molto diverso dai gloriosi successi prefigurati per la controffensiva del 2023 e dalla messa in moto della formidabile macchina produttiva industrial-militare dell’Occidente. Secondo lo specialista americano Riley Bailey, adesso ciò che gli ucraini dovrebbero fare è mettersi ad accumulare tutto il materiale possibile e a reclutare uomini per una controffensiva futura. Non potrebbero fare di più, data la crescente scarsità di soldati e di mezzi e la guerra di attrito condotta dai russi, che continuano ad avanzare lentamente, quasi strisciando, su tutta la lunghissima linea dei fronte. In questo modo costringono a Kiev a stare sulla difensiva e a poter contare esclusivamente su quanto arriva da Occidente, il che è sempre troppo poco.

Assistenza occidentale in calo

Di questo passo, presto l’esercito ucraino semplicemente non sarà più in condizioni di combattere. Al momento, secondo quanto ha dichiarato lo stesso Zelensky, con questo livello di aiuti militari è possibile appena contenere la spinta dei russi, non certo vincere la guerra. E senza nemmeno immaginare l’eventualità di un secondo mandato Trump, nel quale i rubinetti dell’assistenza verrebbero immediatamente chiusi. Infatti è sufficiente sapere che un altro grande sostenitore dell’Ucraina ha in programma di dimezzare i suoi aiuti nel 2025. Si tratta della Germania, che nell’attesa delle elezioni politiche del prossimo anno ha già visto il suo governo vacillare dopo la batosta delle europee di giugno.

Wishful thinking rivelatore

Gli amici americani dell’Ucraina si aggrappano a qualunque appiglio pur di non smettere di credere. Secondo loro, Washington continuerà a pompare armi e soldi a Kiev sempre e comunque. Rifugiandosi nel loro classico wishful thinking, riescono ad ammettere ciò una volta coprivano con una foglia di fico, ad esempio i disastri dell’amministrazione Biden. Herbst afferma che con la vittoria del candidato presidenziale democratico, il livello di assistenza a Kiev rimarrebbe alto. Ma se anche vincesse Trump, costui si rimangerebbe le promesse elettorali e seguirebbe chi nel suo staff comprende i pericoli dell’interruzione degli aiuti all’Ucraina. Secondo Herbst, Trump capirebbe che non può permettersi di lasciar vincere la Russia. Infatti “Putin è una minaccia diretta agli interessi americani” e un’Ucraina piegata sarebbe una grossa sconfitta per gli USA. Poiché Trump ne sarebbe la causa, ciò farebbe impallidire l’imbarazzo e il disagio provocati dall’incompetente ritiro di Biden dall’Afghanistan.

Promesse vuote

Soprattutto negli ultimi mesi, i leader occidentali si sono mossi per aiutare l’Ucraina in modo “creativo”. Ma il tutto si è risolto in accordi a lungo termine e dichiarazioni simboliche o provocatorie. USA, Regno Unito, Francia, Germania e altri Paesi hanno siglato accordi per fornire un supporto militare che però verrà implementato nel lungo periodo. Zelensky invece dice di averne bisogno già oggi, anzi ieri! L’idea di Macron di mandare le truppe europee sul campo di battaglia ha generato tanto fumo e niente arrosto, infatti si è sgonfiata dopo poco tempo. Pure la dichiarazione di un alto ufficiale americano sull’inevitabilità di dislocare addestratori NATO in Ucraina ha avuto solamente l’effetto di un simbolico incoraggiamento ai soldati ucraini. Come scrive Politico, alla fine le promesse dell’Occidente sono soltanto parole vuote.

As long as it takes

Biden ha spesso ribadito la formula “as long it takes” (trad. per tutto il tempo che serve) a indicare l’impegno incondizionato e infinito che gli alleati sono disposti a dare. Peccato che nella pratica esso non sia né incondizionato né infinito. Infatti la prima condizione è che alla fine l’Ucraina vinca, ma tale vittoria non si sta realizzando. La seconda è che restituisca i soldi ricevuti in prestito, ma anche su tale argomento vi sono dei seri problemi. Inoltre tutti sanno che il termine cronologico per il sostegno è costituito dalle presidenziali americane. Lo sforzo degli alleati a sostenere l’Ucraina non è infinito. Quel “it” della promessa “as long as it takes” non è mai stato definito. Gli spostamenti politici su entrambi i lati dell’Atlantico potrebbero determinare grossi cambiamenti all’impegno occidentale in Ucraina. Aspettarsi che il livello attuale di aiuti possa continuare indefinitamente non è altro che “pensiero magico”.

I paradossi dell’adesione

Al di là delle promesse e delle belle parole, a Kiev dovrebbero sapere che entrare nella NATO è impossibile a causa dei paradossi che comporterebbe. Anzitutto, un Paese in guerra non può diventare membro, perché trascinerebbe immediatamente nel conflitto l’intera Alleanza. Un’Ucraina membro aprirebbe il giorno stesso una crisi nucleare con la Russia. Quindi per “salvare la democrazia in Europa” – come dicono i più fanatici – verrebbe messa a rischio la sopravvivenza stessa del Continente. L’altro paradosso è che la prospettiva dell’ingresso di Kiev nella NATO ha comunque perso ogni credibilità come deterrente. Gli USA infatti hanno già mostrato di non voler combattere direttamente contro i russi. A Mosca intuiscono che le promesse di adesione potrebbero essere un bluff, ma sentono comunque di dover eliminare dal campo la fattibilità di tale opzione. Perciò più in Occidente paventano l’ingresso di Kiev, più la guerra continua.

Meglio stare sulla difensiva

Gli opinionisti di Politico consigliano quindi a Kiev di lasciar perdere l’idea di diventare il 33esimo membro del Patto Atlantico. Meglio invece concentrarsi su una strategia difensiva. Nel frattempo, spingere per una tregua e allestire i negoziati di pace. Inoltre spiegano candidamente, con una frasetta di passaggio, una delle cause fondamentali dell’impossibilità del “supporto infinito” degli alleati: la base industriale dell’Occidente è sottoposta a sforzo per riuscire a fornire una potenza di fuoco che possa eguagliare quella della Russia.

Ma come, la Russia non avevano finito i proiettili? Non aveva soldati demotivati e ribelli? Non era sul punto di crollare? La narrativa ufficiale ha sempre esaltato le sanzioni come colpo finale al sistema industriale russo, composto da impianti vecchi e malmessi e nutrito da una linfa economica destinata a esaurirsi. Eppure oggi risulta il contrario: la Russia produce armamenti in quantità e l’Occidente che non ce la fa a starle dietro. Lette oggi, certe frasi della stampa mainstream del 2022 e del 2023 suonano ridicole e sconfortante: riservisti russi impreparati e demoralizzati, ridotti a combattere con le pale (un modello del 1869, precisava Open…), Mosca a corto di munizioni. Il Messaggero citava in terza mano Sir Tony Radakin, capo di stato maggiore della Difesa britannica: “Putin potrebbe presto essere a corto di armi e missili”.

E rimane il rischio di escalation

Secondo Politico, più la guerra va avanti più le risorse umane e materiali ucraine si esauriscono, lasciando Kiev nell’imminenza di un crollo del fronte o addirittura di un collasso politico. E più si combatte, più aumenta il rischio di un’escalation. Gli attacchi assestati al territorio interno della Federazione Russa inaspriscono la situazione, pur senza fare danni irreparabili. Ma la faccenda può sfuggire di mano se nessuno mette un freno ai generali ucraini, ai quali invece forniscono i missili a lunga gittata, (fortunatamente pochi). Ormai persino gli esperti e i commentatori mainstream criticano apertamente l’atteggiamento che i leader dei Paesi NATO tengono verso Kiev. Li accusano di offrire all’Ucraina false speranze per la sua guerra contro la Russia, che è pure peggio del non proporre nulla. Quindi la NATO sta fomentando negli ucraini l’illusione di contribuire a una vittoria ormai impossibile. Così ne prolungano l’agonia, rischiando l’avvio di un’escalation infernale.

Vincenzo Ferrara
VincenzoFerrara

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