Gli USA stanno perdendo la superiorità aerea – anzi la stessa leadership globale – a vantaggio di Russia e Cina

Gli USA stanno perdendo la superiorità aerea – anzi la stessa leadership globale – a vantaggio di Russia e Cina

29 Giugno 2024 0

La rivista Forbes ha pubblicato una critica impietosa delle condizioni dell’aviazione americana nel quadro della concorrenza con russi e cinesi. Ne parla Ariel Cohen, collaboratore dell’Atlantic Council, consulente strategico in materia di finanze ed energia, spesso chiamato a riferire al Congresso in qualità di esperto. Nella sua analisi pone ovviamente l’accento sugli interessi nazionali americani e sulla visione del mondo con Washington al centro della storia. Tuttavia mette in dubbio la continuazione della leadership globale degli Stati Uniti, qualora la tendenza attuale di spesa e di distribuzione dei fondi dovesse continuare.

La battaglia dei cargo

Sono passati più di sei mesi da quando gli Huthi, i miliziani dello Yemen sostenuti dall’Iran, hanno cercato di prendere in ostaggio l’economia mondiale attaccando le navi civili nel Mar Rosso. Essendo un corridoio vitale per il commercio fra Europa e Asia. Si è subito capito che gli Huthi andavano fermati. L’Occidente ha risposto con l’operazione Prosperity Guardian, una forza multilaterale per proteggere il transito dei carichi civili e per attaccare gli aggressori Huthi.

Sebbene i prezzi del petrolio si siano poi stabilizzati, le tariffe sulle assicurazioni marittime sono salite a un livello superiore rispetto a quello che era prima dell’inizio delle ostilità. Sono state anche in parte risolte le carenze di materie prime che angosciavano i produttori come Tesla, Volvo e Suzuki. Dopo estenuanti e inconcludenti battaglie contro la Marina USA, durate mesi, a metà giugno gli Huthi sono riusciti ad affondare un secondo cargo. Le compagnie di trasporto marittimo vedono quindi un calo nei volumi degli scambi e il mercato assicurativo è poco confortato dalla presenza dei militari.

Operazione Mantide Religiosa

Ma non è questa solo l’inevitabile difficoltà nel difendere i corridoi del commercio marittimo. A partire dal 1987/88, la Marina americana ha difeso quasi un terzo delle consegne petrolifere mondiali dagli attacchi diretti e continuati portati dall’Iran durante la guerra contro l’Iraq, come parte della cosiddetta Tanker War. Nel 1988, con l’operazione Mantide Religiosa la Marina militare insieme al corpo dei Marines ha paralizzato le capacità della Marina iraniana di fermare il commercio civile. Per farlo, distrusse molte postazioni missilistiche iraniane e molte posamine. L’operazione richiese un enorme dispendio di munizioni e un uso giudizioso della forza aerea. Ne valse la pena, perché il successo arrivò dopo appena un giorno di combattimento.

Agli USA mancano armi e munizioni

In contrasto con le vittorie passate, la storia di fallimenti in Yemen non consiste solamente negli insuccessi di esecuzione o di leadership. Si tratta piuttosto di una questione di acquisti militari a lungo termine. Se le forze navali americani assegnate allo Yemen non dovessero razionare le loro munizioni, oggi l’economia mondiale non sarebbe ostaggio dei miliziani armati da Teheran. Nel 2023 sono stati prodotti appena 55 missili Tomahawk per il lancio via nave, che sono di importanza vitale. Nel primo giorno di scontri nello Yemen, gli americani hanno lanciato 80 Tomahawk. Il problema non è limitato a un sola piattaforma: ogni tipo di sistema, dai siluri alle armi piccole viene ormai prodotto in piccole quantità e oggi ve n’è scarsità.

Le operazioni di difesa della libertà di navigazione per la comunità internazionale naturalmente costano miliardi di dollari dei contribuenti e in futuro costeranno ancora di più. L’esercito USA ha speso come minimo 1,6 miliardi per le operazioni belliche in Medio Oriente, soprattutto in Yemen fra ottobre 2023 e febbraio 2024. Nel calcolo non rientrano i missili che Washington ha dovuto ordinare in fretta e furia a un prezzo aumentato. Il costo oggi ammonta a qualche miliardo (ma senza sapere esattamente quanto). Persino il Pentagono stesso è preoccupato. Se gli USA avessero continuato a produrre e ad accumulare Tomahawk e altri missili come gli MK 48 e gli MK 54 ai livelli del 2007, oggi avremmo avuto molti più missili a un prezzo molto inferiore.

La questione dei nuovi caccia

Ancor peggio: pure l’Aviazione USA sta subendo pesanti restrizioni di budget e di forniture, nello stesso momento in cui russi e cinesi sono impegnati a realizzare caccia di nuova generazione per sfidare la prevalenza americana. Una relazione del Pentagono ha riscontrato seri problemi nel già controverso programma F-35, la presunta risposta agli avversari di pari livello. Le mancanze si troverebbero in particolare nella versione modernizzata detta Technology Refresh-3 (TR-3). Con solamente il 30% degli F-35 in condizione di operare alla massima efficienza e di realizzare tutte le missioni, la superiorità aerea degli Stati Uniti è messa in dubbio.

Rispondendo a un’inchiesta di Forbes, il portavoce della Lockheed Martin ha dichiarato: Il TR-3 è la principale priorità della Lockheed Martin e noi rimaniamo focalizzati sull’implementazione delle sue capacità. Gli ottimi progressi del TR-3 ci incoraggiano mentre avanziamo dalle precedenti versioni del software verso la configurazione per l’effettivo addestramento da combattimento. I test di voli di questa configurazione sono in corso e i risultati visti finora soddisfano la nostra scaletta per l’ottenimento nel terzo trimestre del primo aereo dotato di TR-3 per l’addestramento da battaglia.

L’Aviazione subisce tagli

La replica americana alla Russia e alla Cina è il Next-Generation Air Dominance Platform (NGAD), previsto per il lancio entro il 2030 come successore dell’F-35 e designato alla sostituzione dell’ormai datata flotta di F-22 Raptors. Sfortunatamente, questo progetto ha un futuro incerto a causa di ristrettezze nel finanziamento. Nonostante il fatto che gli USA spendano nella difesa più di tutti gli altri Paesi, insieme agli alleati si stanno scontrando con sfide molto dure in Europa, in Asia e in Medio Oriente. Eppure l’Ufficio Bilancio del Congresso (CBO) prevede entro il 2034 una diminuzione delle spese dall’attuale 2,9% al 2,5% del PIL.

Burocrazia miope

I tagli ingiustificati che gli USA infliggono al loro complesso militare-industriale sono inaccettabili ed evitabili. In ogni caso, dai Tomahawk al caccia NGAD, ad avere la meglio è la logica fallace del risparmiare spiccioli per poi sprecare somme grosse. Un burocrate che oggi cerchi di risparmiare operando tagli sul quantitativo di ordini di armamenti, alla fine farà provocherà una situazione in cui spenderemo molto di più per avere con urgenza le armi che servono.

Sebbene la strategia nazionale americana sul sistema industriale della difesa presenti una buona cornice per l’eliminazione di tali problematiche, gli USA sembrano ancora determinati a ripetere gli stessi errori fatti coi Tomahawk e con le altre piattaforme tipo l’NGAD. Tutto il programma di sviluppo di quest’ultimo dovrebbe venire a costare 28,5 miliardi di dollari a partire dal 2025-2029, inclusa la consegna di 200 caccia. Certo, non sono spiccioli, ma sono comunque appena l’1% del probabile esborso per la difesa in 4 anni, calcolate sulla base del budget 2023.

Il costo della leadership globale

Dunque, l’1% del budget della difesa va all’NGAD, una piattaforma che integra i droni che accompagnano e assistono in modo automatico i caccia con pilota umano sfruttando la tecnologia loyal wingman. Lo scopo è contrastare il programma cinese di velivoli da combattimento di sesta generazione. Non è quindi solo un investimento necessario, ma un ottimo affare, posto che si riesca a sviluppare la capacità di pianificare oltre un singolo trimestre finanziario.

Gli USA sono un leader globale. E la leadership globale richiede spese anticipate per mantenere un sistema economico e politico globale di cui beneficiano massimamente gli interessi di business e la sicurezza nazionale americana. Per quanto sia impegnativo mantenere una solida base industriale per la difesa, è molto più costoso fare ordini urgenti, importare armi e mitigare i danni all’economia globale che derivano dalle minacce alla sicurezza. Se ci lasciamo spaventare dai costi della leadership globale, proviamo allora a immaginare quanto ci potremmo spaventare se la Cina si prendesse Taiwan, se la Russia distruggesse l’Ucraina o se l’Iran dominasse totalmente il Medio Oriente e tenesse in ostaggio il mercato mondiale dell’energia.

Redazione Strumenti Politici
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