L’Ucraina si sfalda: Trump parla di negoziati, ma Kiev e l’Europa non sono ancora convinti

L’Ucraina si sfalda: Trump parla di negoziati, ma Kiev e l’Europa non sono ancora convinti

15 Gennaio 2025 0

L’Ucraina continua a perdere terreno e l’unica prospettiva suggerita da Trump sono le trattative. A Kiev però non sono ancora del tutto convinti. Vogliono garanzie per una “pace giusta” che nessuno può dare, mentre i loro soldati muoiono e Mosca rafforza la sua posizione nei futuri inevitabili negoziati.

Cosa dicono a Kiev

In un’intervista al Kyiv Independent, l’ex ministro degli Esteri Dmytro Kuleba ha espresso quello che ritiene il sentire comune nella società e nella politica ucraina, e pure in Occidente. Tutti dicono di volere la pace, spiega, ma un pace sbagliata preparerebbe la strada alla prossima guerra. Secondo lui non vanno sottovalutate le tendenze revansciste che nel medio termine emergerebbero a Kiev. Occorrono dunque condizioni soddisfacenti, soprattutto perché oggi, dichiara, l’Ucraina è nella posizione più forte possibile in confronto a tutte le precedenti generazioni di ucraini che hanno combattuto e perso. In questo momento, però, il governo è in attesa di un qualche segnale da Washington o da Mosca per la richiesta di una tregua e l’avvio delle trattative. La disponibilità ucraina c’è, ma esclusivamente a patto di avere una “pace giusta” per i suoi parametri. Lo ribadisce Zelensky, che vorrebbe perorare la sua istanza conferendo direttamente con Trump.

Per adesso niente riacquisizioni

Le condizioni inderogabili che Kiev vorrebbe imporre riguardano nel breve periodo le garanzie di rispetto della tregua e nel lungo la deterrenza contro un eventuale nuovo attacco russo. Le rassicurazioni arriverebbero soltanto con grossi investimenti occidentali nelle Forze armate ucraine. Viene così accantonata l’aspirazione ai territori già incorporati nella Federazione Russa. Lo stesso Kuleba ricorda i casi storici di Stati spaccati e poi tornati uniti, come la Germania. L’importante secondo lui sarebbe inserire l’obiettivo irredentista nella nuova idea nazionale. I sondaggi mostrano gli ucraini stanchi del conflitto: un terzo di essi è disposto a cedere definitivamente i territori in cambio della pace. Ed è il campo di battaglia a confermare la necessità di non insistere con la riconquista del Donbass (per non dire della Crimea). Il ministro della Difesa Rustem Umerov ha recentemente comunicato agli alleati euroamericani che per il 2025 l’obiettivo sarà solo di stabilizzare il fronte e rinforzarsi.

I russi avanzano

Secondo la CNN, i russi compiono quotidianamente degli avanzamenti. Sono ormai vicini a prendere l’intero Donbass, cosa che darebbe a Mosca l’opportunità di penetrare in altre regioni qualora lo ritenga necessario. Attualmente la battaglia principale si svolge presso Pokrovsk, sede di impianti carboniferi e di altre rilevanti attività minerarie. Il centro ricerche americano Institute for the Study of War (ISW), citato come fonte affidabile dai media occidentali, riferisce che i russi hanno tagliato i corsi stradali in modo da bloccare i rifornimenti ucraini e accerchiare finalmente la città. Ad oggi hanno preso Kurakhove e quasi conquistato Toretsk, oltre a procedere anche verso Kharkov. Intanto gli ucraini perdono i pezzi pure a causa del fuoco amico. Sta circolando il video di un carro americano M-1 Abrams distrutto senza un chiaro motivo da un drone delle forze speciali di Kiev, sebbene non rimangano a disposizione molti tank di questo genere.

Mosca non smetterà proprio adesso

Le truppe russe dunque stanno sfruttando lo slancio acquisito e procedono verso i loro obiettivi con intensità sempre maggiore. Perciò si pensa che il Cremlino non intenda sedersi al tavolo delle negoziati solo per il fatto che tra poco alla Casa Bianca vi sarà Trump. Secondo Kuleba, fatto fuori da Zelensky lo scorso settembre nel più grosso rimpasto ministeriale della sua quinquennale presidenza, Mosca non farà la prima apertura. Putin attenderebbe invece che siano le controparti a offrire qualcosa e a chiederle di fermarsi. La Russia vuole tenersi i territori e imporre all’Ucraina la rinuncia a entrare nella NATO, oltre a forti limitazioni di numero e di potenza al suo esercito. Secondo altri analisti occidentali, la Russia non vuole compromessi di sorta, ma cerca la vittoria sul campo. Quindi niente trattative, almeno a breve termine.

Nemmeno a Washington hanno fretta

Keith Kellogg, l’inviato di Trump per l’Ucraina, chiede 100 giorni per elaborare una soluzione “solida e sostenibile”. Trump a sua volta dice che spera di riuscire a terminare il conflitto entro sei mesi. Gli esponenti dell’amministrazione Biden, intanto, ripetono i soliti mantra del “supporto incrollabile” a Kiev, specificando però che adesso lo scopo è rafforzare la posizione dell’Ucraina per i negoziati che un giorno costringeranno la mostruosa guerra di Putin a terminare, come asserisce il segretario alla Difesa Lloyd Austin. Si noti la consueta personalizzazione degli eventi, come se fosse tutta colpa di un unico individuo, un avversario che muove guerra solo perché è cattivo. Ma si noti pure che la retorica statunitense ora si è arricchita della parola “negoziati”, che tuttavia vengono situati “un giorno” nel futuro. Secondo il portavoce della Sicurezza Nazionale John Kirby, infatti, non vi è alcuna aspettativa che le parti siano pronte per le trattative.

Opinioni pesanti

È vero anche il contrario di ciò che afferma Kirby, perché la disponibilità a incontrarsi l’hanno già espressa sia il Cremlino che lo stesso Trump. In realtà a impedire i negoziati, come accaduto a marzo 2022, potrebbero essere pressioni di altri soggetti occidentali. In questo senso pesa l’opinione dei think tank prestigiosi, quelli che mirano a modellare il pensiero delle società e il modus operandi e dei governi. Si veda quanto affermato da Orysia Lutsevych, ucraina che ha ricevuto addirittura il titolo di OBE (Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico) e che lavora per la Chatham House, ovvero il Royal Institute of International Affairs di Londra. Secondo lei una fine troppo rapida delle ostilità sarebbe una “trappola” russa tesa a Trump. Se gli USA accettassero senza prima aver dato all’Ucraina garanzie fortissime in termini militari e politici, darebbero a Mosca il tempo di riarmarsi e lascerebbero Kiev esposta a un futuro attacco.

Cosa dice Macron

La Lutsevych consiglia di rifiutare categoricamente le aspirazioni russe sul Donbass e addirittura di garantire l’effettività di un’eventuale tregua mandando le truppe dei Paesi NATO sul campo. Era stato il presidente francese il primo a proporre l’invio di soldati europei, senza però suscitare l’entusiasmo dei colleghi. Negli ultimi due anni Macron si è distinto per un atteggiamento aggressivo, quasi guerrafondaio. Oggi invece chiede a Kiev di avere buon senso e di accettare una “posizione realistica”. Alla recente conferenza annuale degli ambasciatori francesi ha infatti dichiarato che un atteggiamento diverso del governo ucraino servirebbe allo sforzo per allestire i negoziati con Mosca. L’Ucraina continua a perdere terreno e l’unica prospettiva suggerita da Trump sono le trattative. A Kiev però non sono ancora del tutto convinti. Vogliono garanzie per una “pace giusta” che nessuno può dare, mentre i loro soldati muoiono e Mosca rafforza la sua posizione nei futuri inevitabili negoziati.

Martin King
Martin King

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