L’Europa non gradisce il piano di pace di Trump, ma un accordo potrebbe salvare Zelensky da una brutta fine
Gli alleati europei di Kiev hanno condannato il piano di pace di Trump prima ancora di averlo visto. Ed è in effetti un gesto miope da parte loro, perché tale accordo, almeno nella sua forma iniziale, costituirebbe per l’Ucraina e per lo stesso Zelensky una via di uscita dall’incombente disastro, un’ancora di salvezza che garantirebbe un qualche futuro al Paese. È questa l’opinione dell’American Conservative, che analizza i punti del piano e commenta gli sviluppi di cui finora è trapelato il contenuto.
Un’ancora di salvezza
Il piano in 28 punti su cui hanno trattato per primi l’inviato americano Steve Witkoff e quello russo Kirill Dmitriev garantirebbe alla Russia due degli obbiettivi principali per i quali Mosca continuerà a combattere fino ad ottenerli. Nel programma-quadro si asserisce che “l’Ucraina acconsentirà a inserire nella sua Costituzione la norma secondo cui non aderirà alla NATO, mentre la NATO inserirà nel suo statuto una norma secondo cui in futuro non ammetterà l’Ucraina come membro”. Ciò permetterebbe alla Russia di proteggere i diritti e la sicurezza dei russi etnici nell’est dell’Ucraina, dandole quindi il controllo di fatto del Donbass. Tuttavia, tale accordo-quadro rappresenterebbe anche un ancora di salvezza per Kiev e per il suo presidente, che ora si trova sull’orlo di un precipizio che renderebbe possibile la pace. Zelensky è infatti in una posizione delicata.
Minacce di morte
Dopo la sua elezione nel 2019, aveva provato a negoziare una pace che avrebbe dato autonomia al Donbass, senza però cederlo alla Russia. Ma i nazionalisti avevano fatto resistenza a tale prospettiva e lo avevano addirittura minacciato di morte. Oggi Zelensky affronta una situazione forse ancora più difficile. Dopo tutte le sofferenze e le perdite di vite umane, il piano di pace gli imporrebbe di cedere l’intero Donbass, compreso quel 14% circa ancora sotto occupato dalle forze di Kiev, così come le aree delle regioni di Kherson e di Zaporizhzhia che i russi tengono sotto controllo. Se Zelensky farà quella scelta che viene vista dai nazionalisti come una capitolazione, la sua vita e lo stesso piano di pace saranno a rischio. A meno che naturalmente non vi sia proprio altra scelta.
Fino al Ringraziamento
Il modo aggressivo con cui la squadra di Trump ha sottoposto il programma gli permetterebbe di salvarsi e di accettare la pace riuscendo appunto a presentare la faccenda come una situazione in cui si trova senza alternative. Potrà dire di aver fatto tutto il possibile per migliorare le condizioni dell’accordo negoziando sovranità e sicurezza più solide senza però avere altra scelta se non quella di dire sì. L’ancora di salvezza è costituita proprio dalla “tempistica aggressiva” e dalle conseguenza di un suo rifiuto.
Per accettare, la squadra di Trump ha dato appena qualche giorno a Zelensky, fino alla festa del Ringraziamento. Poi però ha aggiunto che la scadenza potrà essere allungata “se le cose vanno bene”. E in effetti il segretario di Stato Marco Rubio ha parlato della scadenza in termini flessibili. L’ultimatum iniziale avrebbe forse funzionava meglio suonando all’incirca così: “Se non dici di sì entro il Ringraziamento, gli USA termineranno l’assistenza militare e di intelligence all’Ucraina”.
Una scelta molto difficile
“Oggi è uno dei momenti più duri della nostra storia”, ha dichiarato Zelensky in un discorso alla nazione. “Ora l’Ucraina potrebbe trovarsi di fronte a una scelta molto difficile: perdere la dignità o il rischio di perdere un partner chiave”. Se Kiev nega le concessioni e rifiuta un accordo, potrebbe dover affrontare “un inverno estremamente difficile, il più difficile, oltre a rischi ulteriori”. Il presidente poteva anche citare la perdita di ulteriori vite umane e di terre, perché il conflitto non sta andando affatto bene per le forze ucraine. Il programma-quadro darebbe una chance di salvarsi non solo a lui, ma a tutto il Paese.
Un coro di critiche in Occidente ha condannato il piano prima ancora di vedere la bozza, perché secondo loro non sarebbero previste concessioni da parte di Mosca e vi sarebbe anzi la totale capitolazione di Kiev. Ma non era vero e potrebbe esserlo ancora di meno adesso. La squadra dei negoziatori americani ha sottolineato come il piano sia ancora in fase di sviluppo e quindi prenda in considerazione tutte le posizioni. Da quel momento, come risultato di altre discussioni con la squadra diplomatica ucraina, è stato redatto “un quadro di pace rinnovato e perfezionato”, che però non è stato ancora rivelato.
Le preoccupazioni principali di Kiev
In un comunicato della Casa Bianca si dice che la delegazione ucraina ha “asserito che sulla base delle revisioni e delle chiarificazioni presentate, le loro preoccupazione principali sono le garanzie di sicurezza, lo sviluppo economico a lungo termine, la protezione delle infrastrutture, la libertà di navigazione e la sovranità politica sono state prese in considerazione nel corso dell’incontro” e che “le richieste strategiche essenziali” sono state valutate. Adesso vi sono relazioni (non verificate) della delegazione ucraina secondo cui “sono rimaste pochissime cose della versione originale”.
Speriamo dunque che le revisioni non affossino lo sforzo di trovare la pace. La proposta originale confermerebbe la sovranità dell’Ucraina e la fisserebbe fermamente in Occidente. La Russia concederebbe ad essa il diritto di entrare nell’Unione Europea e di garantirle “accesso preferenziale al mercato europeo mentre tale istanza viene discussa”. Si tratta certamente di una concessione significativa su una questione che ebbe un ruolo cruciale nella crisi del 2014 e che portò alle rivolte del Maidan e infine al golpe.
Rimarrebbe uno Stato sovrano
Sebbene le cessioni territoriali che l’Ucraina dovrebbe accettare sono notevoli e dolorose, rappresentano anch’essere una via di salvezza. Infatti le danno l’opportunità di rimanere una nazione sovrana entro i confini che sono casa della maggioranza di coloro che vogliono restare ucraini. Inoltre dà a Kiev l’occasione di rinunciare a regioni nelle quali il suo prolungato controllo porterebbe infine alla continuazione della guerra civile a conflitto terminato. Comunque vi sarebbero anche almeno due concessioni da parte russa. La prima è che Mosca acconsente al riconoscimento di fatto e non de jure (come vorrebbe) dei territori che controlla. La seconda è che l’Ucraina cederebbe soltanto parti delle regioni di Kherson e di Zaporizhzhia. Il territorio di quelle due regioni sarebbe congelato sulla linea di contatto e Kiev non sarebbe costretta a ritirare i suoi uomini ancora presenti là.
Concessioni di carattere culturale
Mosca sarebbe pronta a fare pure delle concessioni culturali. Al fine di proteggere i cittadini ucraini che sono russi etnici, chiedeva infatti che il russo sia considerato una lingua nazionale in Ucraina, oltre al riconoscimento della Chiesa ortodossa russa. Adesso invece le richieste sono state mitigate e ciò dovrebbe placare parzialmente la reazione dei nazionalisti. Si chiede infatti solo che Kiev “adotti le regole della UE sulla tolleranza religiosa e sulla protezione delle minoranze linguistiche”. Questa via di uscita non andrebbe quindi vista come una pretesa di Mosca, ma come un requisito per l’adesione alla UE molto minore delle condizioni che volevano i russi.
Le richieste di sicurezza
Alcune delle richieste più importanti degli ucraini all’interno del piano riguardano la sicurezza. Kiev vuole rassicurazioni di non essere vulnerabile a future invasioni russe. L’accordo-quadro, almeno nella sua forma originale, sbarra l’ingresso nella NATO, che sarebbe comunque stato chiuso. E infatti gli ucraini erano pronti ad accettare questo punto nei primi giorni del conflitto.
L’Ucraina per la prima volta riceve da Washington alcune garanzie di sicurezza. L’accordo stabilisce infatti che “l’Ucraina riceverà garanzie di sicurezza affidabili, compresa una “risposta decisiva militarmente coordinata”. Axios riferisce per gli USA hanno proposto a Kiev una bozza parallela di accordo nella quale viene specificato che “un attacco armato significativo, deliberato e sostenuto” da parte della Russia “sarebbe visto come un attacco che minaccia la pace e la sicurezza della comunità transatlantica”, suggerendo qualcosa di simile all’articolo 5 del Trattato NATO. Se fosse davvero così, allora si tratterebbe di una concessione russa davvero molto grossa. Lo Wall Street Journal riporta che una copia della bozza visionata dice che tali garanzie includono “assistenza logistica e di intelligence” o “altre misure ritenute adeguate”, ma “non impegna gli USA a fornire assistenza militare diretta”.
Le norme sulla sicurezza dell’accordo-quadro comprendono una seconda concessione russa mascherata da richiesta. Limita le Forze Armate ucraine al numero di 600mila uomini. Esponenti e media occidentali si sono scagliati su questo punto, presentandolo come una violazione della sovranità e come un tentativo di rendere l’Ucraina imbelle. Ma in realtà sbagliano giudizio, perché tale limitazione sarebbe di per sé quasi inutile perché Kiev non è in grado di sostenere in tempo di pace una forza di tali dimensioni. In guerra invece potrebbero aggirarla richiamando i riservisti.
Tetto all’esercito
Ai colloqui di Istanbul che si tennero all’inizio del conflitto, la Russia chiedeva un tetto di 85mila uomini, mentre l’Ucraina era disposta a limitarsi a 250mila. Il piano di Trump ne darebbe a Kiev più del doppio, con una diminuzione del 25% o meno dal livello di 750/800mila del tempo di guerra. Con 600mila uomini l’Ucraina sarebbe comunque il più grosso esercito europeo dopo la Russia. I francesi ne hanno circa 200mila, dunque meno della metà degli ucraini, invece i britannici sono 184mila e i tedeschi 181mila. A seguito dell’ultima sessione di negoziati, la delegazione ucraina sostiene che gli USA oggi sono disposti a togliere il limite di 600mila.
L’ultima amara concessione per l’Ucraina nell’accordo sembra quella secondo cui “tutte le parti coinvolte nel conflitto riceveranno piena amnistia per le loro azioni compiute nel corso della guerra”. Tale concessione è stata presentata come un altro atto di capitolazione di fronte alle atrocità dei russi. Però secondo lo Wall Street Journal non sarebbe affatto una concessione, ma una salvezza per gli ucraini. In origine la bozza infatti chiedeva “un controllo di tutti gli aiuti internazionali ricevuti dall’Ucraina”. Però temendo che la sua corruzione venisse scoperta, Kiev ha chiesto di mettere l’amnistia, come detto da un alto funzionario americano.
Doloroso, ma salvifico
Non c’è dubbio che dopo quasi quattro anni di guerra l’accordo di pace sia qualcosa di doloroso da accettare per Kiev. Ma esso costituisce anche un’ancora di salvezza che dà a Zelensky la maniera di dire sì, mentre un no sarebbe una minaccia alla chance di chiudere il conflitto che porterebbe solo altre morti e altre perdite di territorio. Lascia un’Ucraina sovrana, con l’80% del suo territorio iniziale, comprese le regioni che vogliono rimanere e che non continuerebbero la guerra civile, e sarebbe ancorata saldamente in Occidente, con garanzie di sicurezza e l’esercito più grande d’Europa.

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