Le sanzioni masochiste della UE: il petrolio russo arriva lo stesso e lo paghiamo più caro

Le sanzioni masochiste della UE: il petrolio russo arriva lo stesso e lo paghiamo più caro

4 Aprile 2023 0

Che le sanzioni decise dall’Unione Europea a danno della Russia vadano in realtà a danno dei cittadini europei, è uno sgradevole dato di fatto. Vi è però chi lo considera solo come un’ipotesi o come un effetto collaterale destinato a passare. Costoro devono comunque fare i conti con un’altra realtà: i russi non soltanto non ci stanno rimettendo, ma a guadagnarci sono pure gli intermediari che trafficano col petrolio sanzionato. Passando da canali alternativi, al petrolio si aggiungono nuovi costi o aumentano quelli già esistenti. E a pagare sono sempre i consumatori finali, i cittadini.

Il blocco UE è stato imposto in due tempi: prima il 5 dicembre 2022 e poi il 5 febbraio 2023. Bruxelles aveva stabilito per le sanzioni l’obiettivo di ridurre notevolmente i profitti commerciali della Russia. Tuttavia, dal momento in cui le sanzioni sono entrate in vigore, il volume dell’export petrolifero di Mosca è rimasto stabile o è addirittura aumentato. L’aver trovato rapidamente altri mercati di sbocco non basta a giustificare queste cifre. Gli analisti sospettano quindi che, chiusa la via principale di accesso, l’oro nero arrivi in Europa attraverso altri canali.

A differenza del gas, la cui distribuzione dipende dalle reti di gasdotti, il petrolio può essere venduto e comprato praticamente in ogni parte del mondo. Per questo motivo è difficile stabilire la derivazione iniziale di un carico di greggio. Nei Paesi di transito, infatti, il petrolio originale può essere “allungato” con quello di altri tipi e il processo di raffinazione elimina le tracce che ne identificano la provenienza. Una confusione ancora maggiore viene data dall’impossibilità di ricostruire esattamente il percorso del carico, che passa da varie compagnie di trasporto, magari protette da giurisdizioni offshore.

Turchia

L’embargo europeo al petrolio russo non ha impedito così a quest’ultimo di trovare altro vie per raggiungere i mercati europei. Già lo scorso autunno il Centre for Research on Energy and Clean Air (CREA), think tank di Helsinki, suggeriva che uno dei Paesi a fungere da “porta di servizio” per il greggio russo è molto probabilmente la Turchia. Nel 2022 Ankara ha raddoppiato le importazioni e, dopo la lavorazione, ne ha aumentato vertiginosamente la riesportazione verso i Paesi UE. È un meccanismo che fa comodo ai governi europei, i quali non possono rinunciare del tutto al combustibile russo, pena il mandare all’aria l’industria e l’economia.

E al tempo stesso non possono criticare o denunciare Ankara per tale comportamento perché tenuti sotto scacco da Erdoğan, il quale può sempre impedire l’accesso di Svezia e Finlandia alla NATO o decidere altre azioni di ricatto riguardanti per esempio i migranti. L’atteggiamento turco risulta inviso anche all’Ucraina stessa, perché Ankara da un lato fa affari con Mosca e dall’altro offre aiuto umanitario e diplomatico a Kiev.

Alla rivista americana Politico, il consigliero economico di Zelensky Oleg Ustenko ha dichiarato che occorre chiudere i fori attraverso cui gli idrocarburi russi affluiscono all’Europa. E aggiunge: Abbiamo prove sufficienti che alcune compagnie internazionali stanno comprando prodotti di raffineria derivanti da petrolio russo e li stanno rivendendo in Europa. È qualcosa di completamente legale, ma totalmente immorale. Solo perché è consentito non significa che non dobbiamo fare nulla in proposito.

Azerbaigian

Un altro Paese indicato come possibile rotta per il petrolio russo è l’Azerbaigian. Confina infatti con la Federazione Russa ed è il punto di partenza dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC). Quest’ultimo porta il greggio proveniente dai giacimenti del Mar Caspio e dell’Iraq fino al porto turco di Ceyhan sul Mar Mediterraneo. Lo scorso dicembre la questione era stata sollevata con un’interrogazione all’Europarlamento da parte del deputato francese François-Xavier Bellamy del partito repubblicano.

Da membro della Comitato parlamentare su industria, ricerca ed energia, ha sottoposto alla Commissione le cifre dell’export azero di petrolio: negli ultimi mesi, Baku ha esportato più greggio di quello che ha prodotto, che anzi è notevolmente sceso. Bellamy denuncia: Come può un Paese diminuire la sua produzione e al tempo stesso incrementare le esportazioni? Nei dati c’è qualcosa di completamente privo di logica e tale discordanza genera il sospetto che le sanzioni vengano aggirate.

I numeri analizzati dall’europarlamentare francese sono gli ultimi disponibili in ordine di tempo, ma pur sempre antecedenti al pacchetto sanzionatorio sul petrolio, ha replicato il portavoce del Ministero degli Esteri azero Aykhan Hajizada. Spiega quest’ultimo: L’Azerbaigian non esporta petrolio russo all’Unione Europea attraverso l’oleodotto BTC. Baku continua a utilizzare solo petrolio non sanzionato, indipendentemente dalla fonte ed effettua forniture e vendite con la massima cura e diligenza, in linea con le leggi e i regolamenti attinenti.

Marocco

E anche il Marocco è sotto osservazione. Nella prima metà di marzo, infatti, la tendenza dell’export marocchino di combustibili fossili è cresciuta al punto di avvicinarsi a un picco che non si vedeva dal 2016. Il governo di Rabat ha solamente ammesso di aver aumentato le importazioni di gas del 13% nei primi due mesi del 2023.

L’opposizione protesta contro le compagnie energetiche che operano sul mercato locale, colpevoli di utilizzare schemi di prezzo che paiono fraudolenti. Abdelkader Taher, deputato dell’Unione Socialista delle Forze Popolari, chiede al governo di aprire un’inchiesta sulla manipolazione dei prezzi e accusa alcune società di aver contraffatto la documentazione relativa alle importazioni di combustibile russo, facendolo passare come proveniente dal Golfo Persico.

Il Marocco dunque viene visto come Paese che può fungere da via con la quale la Russia aggira le sanzioni e vende sul mercato UE. Ne ha parlato anche lo Wall Street Journal, che in un articolo evidenzia la richiesta crescente di greggio russo da parte del mercato marocchino, nel quale potrebbe essere mischiato con greggio dei Paesi arabi e riesportato in Europa. Scrive il quotidiano americano: Tale scaltrezza maschera l’origine iniziale dei prodotti e complica gli sforzi occidentali di eliminare i combustibili fossili russi dalle proprie economie.

Che le sanzioni decise dall’Unione Europea a danno della Russia vadano in realtà a danno dei cittadini europei, è uno sgradevole dato di fatto. I russi non soltanto non ci stanno rimettendo, ma a guadagnarci sono pure gli intermediari che trafficano col petrolio sanzionato. E a pagare sono sempre i consumatori finali, i cittadini.

Martin King
Martin King

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