Il Fondo Monetario Internazionale: Amleto disperso in missione?

Il Fondo Monetario Internazionale: Amleto disperso in missione?

22 Maggio 2024 0

L’azione o l’inazione del FMI rappresentano la più evidente distonia tra i mezzi ed i fini di un modello socioculturale arrivato al capolinea ed un suo fallimento prima sociale che economico.

Il FMI, nato in un periodo storico che provava a rimettere insieme i cocci di società distrutte dalla guerra, ha finito per dimenticare le finalità per le quali era stato costituito. In mancanza, forse voluta, di una ridefinizione del ruolo in un contesto monetario profondamente cambiato ha finito per essere un problema e non una soluzione ai problemi per i quali era stato destinato, arrivando paradossalmente a complicarli.

Uno strumento scollegato dai problemi

Le posizioni recentemente assunte mostrano quanto sia lontano dalla capacità di proporre soluzioni ai problemi sia sociali che monetari, prigioniero di una rigido modello culturale, fallito nei fatti, che antepone la moneta e la finanza alla società. Non si riesce più a capire quale sia il suo DNA: cos’è oggi il FMI? Ma soprattutto, a chi risponde della sua responsabilità verso la società che doveva proteggere? Sembra Amleto che si continua a domandarsi:

Essere o non essere? Questo è il problema.

Il FMI venne costituito a Bretton Woods, quando si definirono le regole del sistema monetario con la parità aurea del dollaro all’oro, delle altre monete al dollaro e venne istituito a garanzia degli equilibri globali economici e monetari il Fondo Monetario Internazionale il 22 luglio del 1944. Quattro anni dopo venne costituito l’ONU e stesa la dichiarazione dei diritti universali dell’uomo. Queste iniziative fondamentali per la ricostruzione della società umana ora sembrano svanite nel nulla ma ricordate solo in modo spesso ipocrita come una foglia di fico per giustificare l’abuso di interessi imperialistici esattamente opposti a quelle dichiarazioni.

Un po’ di storia

Se guardiamo alla storia non è passato tanto tempo da allora ma è come se quel tempo fosse un’eternità. La cultura monetarista si è slegata da ogni vincolo anche morale ed ha dettato una “ deregulation “ tale da potere innalzarsi a giudice supremo ed a determinare anche gli assetti democratici dei singoli stati.

Il FMI si è staccato dagli indirizzi fondamentali per cui il suo statuto l’aveva costituito, lasciando quello keynesiano per il quale era stato pensato. Per non dimenticare, gli scopi “assoluti” elencati come premessa dello statuto erano: «I) Promuovere la “cooperazione” monetaria internazionale… con consultazioni e “collaborazione”… ; II) Facilitare l’espansione e la crescita “equilibrata” del commercio internazionale… e contribuire a mantenere elevati livelli di “occupazione e di reddito” e sviluppare le risorse di tutti i paesi…; III) Promuovere la «stabilità dei cambi… evitare svalutazioni competitive dei tassi di cambio»…; IV) «Aiutare “un sistema di pagamenti”… eliminare le restrizioni valutarie che limitano il commercio…; V) Assicurare agli stati membri la disponibilità temporanea di risorse… ed  «evitare di ricorrere a misure che rischierebbero di compromettere la prosperità nazionale o internazionale»… ;VI) Conformemente a quanto sopra, «ridurre la durata e l’ampiezza degli squilibri»…

In tutte le sue politiche e decisioni il FMI si ispira agli scopi enunciati in questo articolo».

La mancanza di operatività

Il confronto con la situazione attuale è in stridente contraddizione nei fatti, tra uno statuto ed un’operatività del FMI che sembrano avere dimenticato o voluto dimenticare le sue finalità istitutive.

A partire dalla caduta del muro di Berlino gli interessi della finanza, della politica ed anche dell’Accademia hanno forzato un cambiamento della realtà e della genesi dell’economia che è stata fatta diventare un gioco matematico e piegata alla finanza ed ad un monetarismo senza limiti tecnici né morali. Il FMI non ha posto nessuna resistenza alla dirompente invasione della finanza e della deregulation imposta dagli interessi superiori di questo modello culturale e si è allontanato dalle radici di salvaguardia degli equilibri tra paesi avvallando operazioni  finalizzate a forme di destabilizzazione sociale e politica.

Tutto fuorché un fondo di cooperazione

Il FMI doveva essere un fondo di cooperazione al quale i singoli stati potevano accedere per mantenere in vita l’economia e la società. Il boom economico del dopoguerra contribuì a ridisegnare un mondo che era sembrato irrecuperabile. Proprio l’illusione di un mondo nuovo finì agli inizi degli anni Settanta, quando unilateralmente gli Usa dichiararono finiti gli accordi di Bretton Woods ed il sistema “gold exchange standard” per passare al “dollar exchange standard”.

Di colpo il mondo si ritrovò ostaggio di un regime di tassi di cambi fluttuanti che cambiò radicalmente il sistema monetario basato sul dollaro in un gigantesco sacro tempio della speculazione i cui sacerdoti venivano ammantati di una falsa sacralità infallibile .

Tutto questo inondare della finanza e della liquidità fine a sè stessa ha finito per staccare definitivamente il FMI dalla realtà e farlo planare in un mondo asettico dominato dalla moneta, diventandone ostaggio. Il FMI si stacca dalle sue finalità istituzionali, perde la sua autonomia decisionale e comincia a subire passivamente le regole di quel modello senza preoccuparsi minimamente di metterlo in discussione.

I primi esempi di sudditanza

Il primo momento che dimostrò la sudditanza del FMI alla finanza egemone si verifico nel 2011 nel pieno della campagna d’Europa con l’attacco alla Grecia, al Portogallo, all’Irlanda poi alla Spagna ed infine all’Italia. In quello stato di confusione venne attaccato l’allora presidente del FMI Strauss Khan con un’accusa che si sarebbe dimostrata infondata costringendolo, dopo averlo messo in un carcere di massima sicurezza alle sue dimissioni.

Strauss Khan aveva esortato il FMI ad intervenire per salvare la Grecia mandata al macello , poi il Portogallo , l’Irlanda e la Spagna con un’azione troppo contrastante con gli interessi dominanti. Al suo posto venne nominata Christine Lagarde che aveva una prevalentemente formazione giuridica e forse per questo più facilmente governabile.  Una convinzione poi dimostrata dai fatti.

Il prevalere del principio di utilità personale

Oggi il FMI sembra un’istituzione più orientata alla sua sopravvivenza che a quella degli stati membri più disagiati. E così il principio di collaborazione ha lasciato lo spazio al principio di utilità personale ed ha creato il maggiore debito globale di sempre. L’attenzione eccessiva al contenimento della spesa senza capire quanto sia importante la crescita dell’economia e della produttività, come ricorda nel recente memoriale sul nostro paese.

In questo senso sembra che il Fondo monetario internazionale (Fmi) abbia finalmente capito alcune dure verità. La principale è che le economie in crescita riescono a ripagare più facilmente il debito pubblico. Il consolidamento fiscale (cioè la riduzione del deficit, soprattutto attraverso il taglio della spesa), la strategia preferita dall’Fmi, ostacola quindi gli sforzi per ridurre il rapporto tra debito e pil, perché frena la crescita economica. Non è certo una scoperta.

Le conseguenze economiche della pace

L’economista John Maynard Keynes l’aveva sottolineato quasi un secolo fa quando scrisse «Le conseguenze economiche della pace» è il libro che viene sempre richiamato. In questo lavoro Keynes faceva proposte su come alleggerire il debito post-bellico della prima guerra mondiale che avrebbe costretto la Germania a pagare il debito di guerra dal  1919 al 1964. Da allora i fatti hanno ribadito la sua lucida previsione. Infatti la dimensione del debito portò la Germania ad una fase di instabilità e mancanza di crescita che creò le condizioni di una rivolta preparando l’avvento del nazismo.

Di certo lo sapevano i negoziatori dell’accordo di Londra del 1953, che ridusse cancellando il debito della Germania Ovest che alla fine della guerra era pari al 200% del Pil così creò le condizioni per il boom della stessa Germania.

La dipendenza dalla Finanza

Poi le incontrollate dinamiche finanziarie e la cultura della finanza razionale come verità incontrovertibile hanno segnato la sua dipendenza dalla Finanza dominante creando i dissesti che abbiamo di fronte. Il ruolo del FMI è di vitale importanza a patto di ritornare alle sue origini ed al dettato normativo che ha portato alla sua istituzione. In particolare affidando il ruolo determinante del benessere di una comunità all’economia reale: primo fattore di sviluppo e crescita delle nazioni.

Il recente memorial fatto all’Italia csembra richiamare le attenzioni alla produttività ed alla crescita e non solo al taglio, pur necessario, della spesa. Speriamo che Amleto ritrovi la sua saggezza e l’indirizzo verso cui muoversi.

Fabrizio Pezzani
Fabrizio Pezzani

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