I “curatori” britannici siglano un accordo a tutto campo con l’Ucraina, eppure non ne sembrano molto convinti

I “curatori” britannici siglano un accordo a tutto campo con l’Ucraina, eppure non ne sembrano molto convinti

23 Gennaio 2025 0

A un’alleanza con Kiev che durerà cent’anni sembra crederci poco persino Londra, che eppure l’ha appena siglata. In effetti l’accordo è pomposo, ma non è impegnativo in modo specifico (a parte l’esborso annuale di miliardi di sterline). Chissà, forse è una tattica per sviare l’attenzione, un “understatement” tipicamente inglese per mascherare il vero obiettivo del trattato. Certamente servirà a rafforzare i legami con l’Ucraina, ma soprattutto consiste nel fare pressione contro la Federazione Russa. Lo illustra il giornale britannico The Spectator, che in modo indiretto spiega come per la Russia il peggior nemico sia proprio Londra.

Strane convergenze

Una strana convergenza di interessi porta sia Londra che Mosca a ingigantire quella che è l’influenza del Regno Unito su Kiev. Da parte britannica lo si è appena visto nel nuovo trattato bilaterale con l’Ucraina e da parte russa lo si è visto nel modo in cui hanno reagito a questo accordo. La “perfida Albione” rimane pur sempre l’avversario più subdolo. A proposito della visita a sorpresa del premier britannico Keir Starmer a Kiev, l’Ambasciata russa a Londra ha postato: un disperato tentativo dei supervisori britannici per tenere a galla l’agonizzante regime di Kiev, effettuato mediante piani nuovi e altamente provocatori che comprendono il piazzamento di basi militari sul territorio ucraino. Un’esagerazione lusinghiera, perché non sarebbero proprio delle basi: per adesso infatti si parla solo di trasferire alcuni dei centri di addestramento dei soldati ucraini dall’Inghilterra all’Ucraina stessa.

I curatori britannici

Forse è eccessivo definire i britannici come dei “curatori”, visti i periodici attriti col governo ucraino. Tutto era cominciato con la diceria che i negoziatori ucraini abbandonarono il tavolo delle trattative nel marzo 2022 solo perché istruiti in tal senso dall’allora primo ministro Boris Johnson. In effetti, però, che Londra e altri soggetti occidentali dessero istruzioni ai negoziatori ucraini lo aveva ammesso persino l’allora sottosegretario di Stato USA per gli affari politici Victoria Nuland. Nel suo inimitabile stile “velenoso”, la portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha dichiarato nullo l’odierno accordo anglo-ucraino. Ha aggiunto che a Kiev sarebbero subito pronti a firmare per la svendita del Paese o a farne una nuova colonia britannica. Peccato per lei che il governo di Sua Maestà vorrebbe tanto disfarsi dei restanti possedimenti coloniali, come nel recente caso delle isole Chagos nell’Oceano Indiano.

Per tutto il tempo che occorre

Il trattato è stato pomposamente chiamato “l’accordo di partnership dei cento anni”. Ma c’è qualcosa di più e di meno rispetto a quello che possiamo vedere adesso. Intanto nessun governo potrebbe davvero per un secolo intero impegnare a una specifica politica sé e i suoi successori. E infatti se guardiamo bene nel trattato vi sono solo impegni generici e temporanei. Si usano verbi al condizionale e si parla di “incoraggiare”, “appoggiare” e “sviluppare”. Le uniche specifiche riguardano l’impegno a mantenere l’attuale finanziamento annuale di 3 miliardi di sterline almeno fino al 2030 e in seguito per tutto il tempo che servirà. Negli ultimi tre anni tale frase è divenuta una sorta di mantra, perfetta come slogan politico perché è contemporaneamente risoluta e vaga. Infatti fino a quando “servirà” questo impegno? Fino a che gli spari cessino? Fino al ritorno sotto Kiev di tutti i territori persi?

Slogan e contenuti

A tale riguardo un funzionario del Ministero degli Esteri ha recentemente riformulato la frase in questo modo: per tutto il tempo in cui sarà necessario. I dubbi restano: necessario a cosa e secondo chi? Ma conoscere l’arcano fino a questo punto sarebbe chiedere troppo. Pure il solito slogan del “percorso irreversibile” dell’Ucraina verso l’ingresso nella NATO ha molto meno contenuto di quello che sembra. Infatti di questo ingresso per adesso non sappiamo né il quando né il come. I documenti politici oggi sono imprecisi e pieni di belle parole, è un linguaggio vuoto, fin troppo facile da prendere in giro. È il caso appunto del trattato con Kiev, che contiene l’impegno a “promuovere l’uso della lingua inglese in Ucraina”. Peccato che il testo dell’accordo utilizzi un anglo-burocratese decifrabile soltanto dai funzionari e dai politici.

Simbolismi

Sarebbe ingiusto focalizzarsi sugli aspetti negativi. Anzitutto bisogna dire che la maggior parte dei trattati o sono estremamente specifici e con un ambito ristretto oppure generici e ad ambito largo. Quello in questione è un trattato con una sfera di applicazione molto ampia, che va dalle garanzie di sicurezza alla collaborazione commerciale. Sebbene i suoi redattori ci abbiano buttato dentro di tutto per renderlo il più impressionante possibile, non è qualcosa di completamente nuovo nel panorama diplomatico internazionale. In sostanza è un modo per aprire alla futura cooperazione e assistenza piuttosto che occuparsi in dettaglio di tutto contemporaneamente. Inoltre, ciò che conta di più è il simbolismo dato dalla tempistica. La firma dell’accordo infatti è arrivata nella settimana che precedeva l’insediamento di Trump alla Casa Bianca. Dunque può essere letto come un segnale all’Ucraina che il Regno Unito e l’Europa continueranno a sostenerla indipendentemente da ciò che decideranno a Washington.

Euforia e forti dubbi

A Kiev, poi, sono esaltati perché pensano di proporre il trattato come modello ad altri governi europei. Potrebbe pure rappresentare un avvertimento alla Russia di non ignorare l’impegno che l’Europa mette verso l’Ucraina in modo distinto dagli USA. Forse l’annuncio ha avuto qualche effetto, vista l’irritazione che ha provocato a Mosca. Infine è una scommessa fatta da Londra sull’Ucraina postbellica, la speranza di ampliare il soft power britannico e di costruire le fondamenta di futuri scambi commerciali ed economici. Al momento presente, però, Kiev è appena al 67esimo posto nella graduatoria dei mercati di esportazione per le merci inglesi, vale a dire lo 0,1% dell’export totale della Gran Bretagna. Ma se l’Ucraina sopravviverà come Stato e sarà gestita in modo appropriato – e sono condizioni fortemente in dubbio – allora potrà prosperare dopo la guerra. Con tali premesse ipotetiche, possiamo perdonare all’accordo una stesura non particolarmente azzeccata.

Redazione Strumenti Politici
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