Bombe a grappolo e uranio impoverito occidentali sono compatibili con il diritto internazionale? Le riflessioni del professore Gianluca Ruggiero

Bombe a grappolo e uranio impoverito occidentali sono compatibili con il diritto internazionale? Le riflessioni del professore Gianluca Ruggiero

29 Settembre 2023 0

Circa un mese fa l’Amministrazione Biden ha messo nero su bianco che invierà anche lei a Kiev, come per primo aveva fatto il Regno Unito, le controverse munizioni perforanti contenenti uranio impoverito. In un documento visionato dalla Reuters si era ottenuta la conferma da due dirigenti Usa.

I proiettili faranno parte di un nuovo pacchetto di aiuti militari tra i 240 e i 375 milioni di dollari che sarà presentato la prossima settimana. Questa decisione americana si consuma in una continua e vertiginosa escalation verso un conflitto diretto tra Occidente e Russia che pare non preoccupare le élite.

La supponenza londinese

E’ sufficiente leggere gli sprezzanti commenti britannici compiuti dal ministro James Heappey alle domande del deputato Kenny MacAskill pubblicati sul sito web del Parlamento inglese. Alla richiesta se il Ministero della Difesa londinese abbia l’obbligo di ripulire i proiettili all’uranio impoverito dopo la fine del conflitto in Ucraina, Heappey ha ribadito che “il Regno Unito non ha tale obbligo“.

D’altra parte fornita un’arma potenzialmente letale per i cittadini ucraini oltre che per i militari presenti nelle aree è ovvio scaricare la coscienza lavandosi le mani: “I carri armati Challenger 2 e le munizioni all’uranio impoverito fornite dal Regno Unito all’Ucraina sono ora sotto il controllo delle forze armate ucraine. Il Ministero della Difesa non controlla i luoghi dai quali le forze armate sparano munizioni all’uranio impoverito in Ucraina“.

Verrebbe spontaneo poi domandarsi chi pagherà i danni ai soldati ucraini che maneggiano queste munizioni. Ricordano nulla i 340 soldati italiani morti e i 4mila malati a seguito della venuta a contatto con questo tipo di munizioni durante i conflitti delle missioni NATO in Bosnia, Kosovo, Iraq, Afghanistan?

Ma a colpire circa la degenerazione del conflitto russo-ucraino-occidente non è solo il problema della fornitura di proiettili all’uranio impoverito ma anche quello delle bombe a grappolo, dove esistono Trattati molto chiari, e infine quello della gestione dello status dei mercenari presenti in Ucraina su entrambi i fronti. Abbiamo interpellato in merito il professore di Diritto Penale II dell’Università del Piemonte Orientale Gianluca Ruggiero.

Infografica - La biografia dell'intervistato Gianluca Ruggiero
Infografica – La biografia dell’intervistato Gianluca Ruggiero

– Parliamo dell’utilizzo di certi tipi di armamenti e di munizioni, dalle bombe a grappolo all’uranio impoverito. Dal punto di vista normativo, si possono considerare compatibili coi trattati internazionali ratificati anche dai Paesi occidentali? Qual è l’impatto sul diritto che hanno tali Stati di fornire all’Ucraina questo genere di armi?

– Ci sono convenzioni internazionali alle quali ha aderito la maggior parte dei Paesi del mondo, ma tali convenzioni vincolano solamente gli Stati che le hanno ratificate. L’Italia, ad esempio, ha ratificato la Conferenza di Dublino sull’uso delle munizioni a grappolo nei conflitti armati, così come Germania, Francia, Portogallo, Ungheria e altri Paesi europei. Sono armi letali: le bombe a grappolo esplodono a contatto col suolo, ma se rimangono inattive fungono da mine antiuomo.

Per via di tale caratteristica, intere aree sulle quali sono caduti gli ordigni sono estremamente pericolose per le popolazioni che vi abitano. Il pericolo dura molti anni, quindi queste zone andrebbero bonificate, come peraltro noi italiani abbiamo fatto con le mine antiuomo nella ex Jugoslavia. La Conferenza di Dublino, però, non ha tra i suoi firmatari né gli USA, né l’Ucraina, né la Russia.

– E la Gran Bretagna?

– Londra ha ratificato il 4 maggio 2010.

– Dunque se inviasse bombe a grappolo a Kiev, in che modo la Gran Bretagna verrebbe punita?

– Potrebbe subire sanzioni a livello internazionale. Il fatto che i trattati spesso non siano accompagnati da procedure sanzionatorie fa sì che nella pratica la fornitura di certe armi rimanga impunita. Può sembrare paradossale, ma in genere i trattati internazionali non sono assistiti da sanzioni. Vengono prese solamente misure di carattere diplomatico. Così questi accordi cadono nel nulla. In un eventuale processo davanti a un ipotetico tribunale internazionale per giudicare crimini di guerra, i Paesi che hanno fornito armi alle parti in conflitto potrebbero essere chiamati a rispondere a loro volta per una sorta di concorso o di complicità. Ma la vedo più che altro come un’ipotesi di scuola. Gli Stati che non aderiscono ai trattati non soggiaciono dunque ad alcun tipo di sanzione. Forse si potrebbe ipotizzare un aggravamento della loro situazione nel momento in cui tali Paesi venissero processati per crimini di guerra.

Le munizioni all’uranio impoverito non sono vietate dalle convenzioni internazionali. Il loro utilizzo quindi è ammesso. Hanno la caratteristica di fondere la blindatura dei carri armati e vengono quindi impiegate contro i carri pesanti. Durante la Seconda guerra mondiale, l’Italia fece uso del gas nervino: già all’epoca si discuteva della loro ammissibilità. Anche gli USA usarono abbondantemente l’Agent Orange in Vietnam, un desfoliante alla diossina che diventava di colore arancione a contatto con l’acqua. Tale sostanza provocò effetti cancerogeni sia sui soldati vietnamiti che sugli stessi americani.

Nonostante tale effetto sia conclamato, l’uso dell’Agente Arancio proseguì. Sorge allora il problema del coinvolgimento della popolazione civile. Finché si tratta di militari professionisti o di mercenari, la questione viene accantonata, ma non è più possibile trovare giustificazioni se ne cadono vittime i civili inermi, che col conflitto armato non dovrebbero avere nulla a che fare.

– Su questo potrebbero risponderne penalmente, oppure non essendovi un trattato nessuno può definirla come correità?

– In questo caso la responsabilità penale è molto teorica, perché non esiste una fattispecie apposita di reato che venga giudicato da un tribunale internazionale. Lo si potrebbe forse far rientrare nella più ampia fattispecie di crimini contro la pace e contro l’umanità o applicare alcune fattispecie del codice penale.

L’ipotesi più probabile sarebbe ricorrere alla categoria dei crimini di guerra, che verrebbero giudicati dal Tribunale Internazionale dell’Aia. Tuttavia, la giurisidzione di tale tribunale non è riconosciuta né dalla Russia e né dagli Stati Uniti. Al termine della guerra andrebbe così creato un tribunale ad hoc.

– Sul mainstream si parla sempre dei crimini di guerra che avrebbe commesso oggi la Russia. C’è qualche sparuto analista che parla invece di quelli commessi dall’Ucraina. Ma nessuno parla delle munizioni proibite o di quelle al limite dell’etica che vengono fornite a Kiev: per questi fatti, a guerra finita si potrebbe configurare un processo? Oppure resta un’ipotesi del tutto retorica e improbabile?

– I fatti commessi sul territorio ucraino contro la popolazione ucraina potranno essere giudicati dai tribunali penali ucraini, qualora i soggetti accusati siano presenti sul territorio ucraino. Pensiamo per esempio a componenti del Gruppo Wagner che siano stati fatti prigioneri o arrestati e si trovino in Ucraina dopo la guerra. Teniamo presente con la modifica del codice di procedura penale del 2022, l’Ucraina si è dotata di un fenomeno di collaborazionismo stretto con la Corte Penale Internazionale: ha cioè modificato il proprio codice in favore di indagini dirette anche dalla CPI.

Dal momento che pure l’Ucraina ha realizzato fatti belligeranti contro la popolazione russa, allora tali fatti potranno essere giudicati dai tribunali russi. Pensiamo a quanto commesso ai danni della popolazione del Donbass sia prima che dopo il 24 febbraio 2022. All’epoca si parlava già di crimini di genocidio, di tentato sterminio degli abitanti del Donbass e di oppositori politici. Con riguardo all’uso delle bombe a grappolo, Kiev potrebbe essere chiamata a rispondere a sua volta di crimini di guerra. La questione non va quindi affrontata e analizzata in modo unilaterale.

– Londra ha dichiarato la Wagner un gruppo terroristico. Tale scelta dei britannici potrebbe riverberarsi su tutti gli altri gruppi di combattenti mercenari presenti nel globo? Immaginiano per esempio che la Russia definisca come terroristi i gruppi di polacchi o di lituani che combattono al servizio di Kiev. O pensiamo all’americana Blackwater, che ha dovuto cambiare nome per poter continuare ad operare.

– In un certo senso, alcuni Stati si mascherano dietro i gruppi mercenari perché non possono dispiegare direttamente le proprie truppe regolari. Queste ultime, infatti, soggiaciono alle convenzioni internazionali e alla legge di guerra: dunque il loro uso non sarebbe fattibile dal punto di vista politico e nemmeno giuridico, perciò i governi ricorrono ai mercenari che hanno la propria base in Paesi che hanno leggi più permissive. Il fatto che il Regno Unito abbia qualificato la Wagner come terroristi può dar vita all’applicazione di alcune norme che erano state varate a seguito dell’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001.

Ricordiamo le varie convenzioni internazionali che si sono succedute, a livello collaborativo fra Paesi amici. E ricordiamo anche che il terrorismo è considerato come un fenomeno pericoloso per la stabilità e la sopravvivenza dei singoli Stati; già il nostro codice penale prevedeva i delitti contro la personalità dello Stato, che sono norme varate in epoca fascista e che ci danno l’idea di come gli Stati tengano in dovuto conto la produzione penale anche armata della propria integrità.

Il terrorista ha di per sé mire destabilizzanti rispetto alla compagine sociale. E non dimentichiamoci che la Convenzione di Ginevra aveva altresì dato la definizione degli attacchi diretti alla popolazione civile con l’obiettivo di provocare il terrore: in un certo modo il terrorismo stesso deriva da questa strategia di terrore. Ma vi sono stati in passato fatti di terrorismo pilotati dallo Stato, al fine di varare legge eccezionali per ottenere ulteriore controllo sui cittadini.

Sotto questa luce sarebbe interessante analizzare le norme adottate dalla Repubblica Italiana in materia di terrorismo, che avrebbero dovuto avere una durata limitata, ma che invece rimaste lì dove sono, pacificamente applicabili e mai abrogate o modificate. Nel 2003 il Tribunale per i crimini nella ex Jugoslavia ha emesso una sentenza nei confronti del comandante delle forze serbo-bosniache, per aver compiuto una serie di reati fra cui quello di terror, cioè attacchi contro i civili, atti inumani contro di essi etc. Questi soggetti sono da definirsi terroristi? Alla luce della normativa vigente, la risposta è negativa. Si tratta più che altro di soggetti che vengono comunemente etichettati come terroristi.

Lo stesso fecero gli USA durante la guerra in Afghanistan e in Iraq per poter deportare sine die a Guantanamo determinati individui. Venendo definiti come nemici dello Stato, prendono una veste giuridica che impedisce loro di godere di alcuni diritti inerenti ai prigionieri di guerra e che fa cadere qualunque tipo di garanzia costituzionale. Sempre nel 2003 ci fu anche un movimento piuttosto importante che criticava la decisione della Corte Suprema americana di negare il ricorso per habeas corpus a coloro che erano detenuti a Guantanamo senza alcuno specifico capo di imputazione.

Negare l’habeas corpus significa non riconoscere alcuno status giuridico a una persona. La definizione di “terrorista” per un certo periodo di tempo ha significato la perdita di qualunque diritto. Qualificare come terroristi la Wagner e altre organizzazioni di mercenari serve più che altro a determinare un trattamento sfavorevole verso di loro, al fine di agevolare le indagini da parte di determinati Stati (guarda casi, Stati amici degli USA).

Se ad esempio un soggetto venisse arrestato in Italia, sotto l’accusa di atti belligeranti commessi in territorio ucraino, potrebbe essere condannato in Italia per fatti commessi all’estero, a prescindere che siano qualificati come terroristi o meno, perché sono reati puniti dalla legge penale italiana ai sensi degli art.7, 8, 9, 10, 11 del codice penale. Qualificarli come atti di terrorismo dovrebbe dar loro l’applicazione di fattispecie ad hoc (per esempio “associazione di stampo terroristico”), che nel caso di specie secondo me non sussiste.

– È compatibile con lo stato di diritto applicare delle regole secondo le quali un individuo non abbia alcun diritto?

No, non è assolutamente compatibile. La Costituzione italiana, quelle dei Paesi europei  e quella americana affermano che non si possono in nessun caso privare di diritti gli imputati e i condannati. Poi c’è la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che all’art.6 vieta tassativamente di celebrare un processo non giusto. Le regole del giusto processo, del principio di legalità e del principio di colpevolezza valgono nei confronti di chiunque, anche dei criminali più efferati.

I criminali di guerra dell’ex Jugoslavia, detenuti in varie carceri dislocate sul territorio europeo hanno goduto dei regimi trattamentali di riabilitazione e di risocializzare, nonostante avessero realizzato fatti molto gravi, pensiamo per esempio al massacro di Srebrenica. Teniamo anche presente che ad essere processati sono coloro che si trovano in posizione gerarchicamente sovraordinata e che hanno gradi elevati.

Il soldato o il mercenario che pone in essere questo tipo di condotta in genere non viene processato, perché si ritiene non abbia la capacità di scegliere diversamente, eseguiva semplicemente gli ordini etc.

Questo atteggiamento lo si ha pure nei confronti di coloro che si sono arruolati volontari e che dunque hanno in qualche modo accettato il rischio di dover commettere non soltanto atti belligeranti – in un certo modo scriminati – ma anche crimini di guerra, dall’uccisione di bambini agli atti di perfidia verso la popolazione civile.

 

 

Marco Fontana
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