Ambiguità, tradimenti e incertezze dei presidenti USA nei confronti dell’Ucraina
L’attività preferita di certi media è dare addosso a Trump in ogni occasione e per qualunque addebito. Lo fanno addirittura quando l’evidenza dice il contrario. Holman W. Jenkins analizza l’atteggiamento dei giornalisti di parte e scopre che almeno sull’Ucraina si sbagliano clamorosamente. No, non è solo Trump che “tradisce” la causa di Kiev. Anche altri presidenti lo hanno fatto, incluso Biden. Quest’ultimo, con la sua direzione confusa e contraddittoria, sta generando un pasticcio persino peggiore del suo disastro in Afghanistan.
Nessun vero entusiasmo per Kiev
Persino i media più tendenziosi, in questi ultimi giorni prima della combattutissima tornata elettorale, non possono nascondere ciò che nel suo primo mandato presidenziale Trump ha avuto in comune con tutti gli altri presidenti della nostra epoca. Né lui né gli altri hanno avuto particolare entusiasmo per far diventare gli USA i garanti militari dell’Ucraina. George W. Bush invitò Kiev ad aderire all’Alleanza Atlantica, ma non se ne fece nulla. Obama non disse niente per fermare la Russia nel 2014 in Crimea, bastandogli le limitate sanzioni economiche che “sfidavano Putin con gli strumenti che avevamo in quel momento”. Biden pronunciò le parole famose sul fatto che una piccola incursione potesse anche andar bene.
Alla fine del processo di impeachment nel 2020 uscì una sola rivelazione dopo la telefonata con Zelensky, che secondo quanto riportato fu inappropriata. Trump, come gli altri presidenti, impiegò parte del suo tempo nel respingere gli assistenti che volevano persuadere gli USA a impegnarsi ancora di più negli affari ucraini. Ma Trump mandò le armi che Obama aveva trattenuto. Avvertì con franchezza Putin dal commettere altre azioni aggressive e lo fece in un modo che Obama e poi Biden non hanno fatto.
Battaglie immaginarie di Biden
Ed ecco tale contesto manca del tutto da una prolissa inchiesta del New York Times su ciò che definisce come “atteggiamento ostile verso l’Ucraina che rimane al centro della sua campagna elettorale 2024 anche nelle ultime settimane”. Per “ostilità” di Trump, il giornale si riferisce al fatto che abbia negato l’intromissione russa nelle presidenziali del 2016, come se non fosse ovvio per lui che ai Democratici il tema interessava solo nella misura in cui poteva delegittimare la sua elezione. Cita poi la sua convinzione che l’Ucraina appoggiasse Hillary Clinton, cosa nota a chiunque all’epoca avesse semplicemente letto i resoconti del Financial Times, di Politico o di altri. Cita il fatto che abbia detto che l’Ucraina è corrotta, anche se poi l’ex vicepresidente Biden si è vantato in giro delle sue (immaginarie) battaglie per conto dell’amministrazione Obama contro la corruzione a Kiev.
Trump non abbastanza risoluto
Il Times poi si lamenta che Trump non dato una risposta forte a Putin, quando si incontrarono ad Amburgo e quest’ultimo gli fece una lezione sull’Ucraina. Tuttavia, come dice lo stesso giornale, Trump si fece avanti e avvertì Putin di essere pronto a dare armi agli ucraini e invitandolo a rispondere qualcosa in merito. (magari Trump non sa che questi vertici servono a fare pose teatrali di cui poi raccontare alla stampa…) I fatti citati dal Times non rivelano alcun atteggiamento ostile, ma mostrano solo come l’ennesimo presidente americano si sia rapportato in modo ambiguo alla questione dell’Ucraina.
Lo Washington Post ha continuato recentemente con la sua lunga e inconcludente elegia dell’anonimo analista della CIA che all’epoca aveva causato il primo impeachment di Trump. In una strana decisione giornalistica, non ha chiamato Eric Ciaramella per nome, sebbene non lavori più per il governo. Il suo nome è facilmente rintracciabile sui media: qualsiasi chatbot è in grado di trovarlo in un nanosecondo. Di solito i giornali non nascondono le informazioni chiave ai propri lettori. Invece in questo caso lo Washington Post si è trattenuto dal fare qualunque esame critico delle azioni e delle motivazioni di Ciaramella, persino cinque anni dopo quanto accaduto.
Tradimento della causa ucraina
Comunque sia, la verità dei fatti trova sempre il modo di venire a galla. In poche settimane Kamala Harris è passata dal dire che qualsiasi concessione alla Russia sarebbe stato come “arrendersi”, al dire che l’adesione dell’Ucraina alla NATO è una questione di cui occuparsi “se e quando si arriverà a quel punto”. Blogger e accademici dediti alla causa ucraina alla fine si stanno svegliando. Il “tradimento” che avevano profetizzato ci sarebbe stato sotto Trump sta avvenendo con Biden, se per tradimento si intende smettere invece che insistere fino alla completa sconfitta della Russia.
Poi ci sono quei fattori che hanno permesso a Trump – senza alcun merito da parte sua – di agire senza ipocrisia laddove l’amministrazione Biden ha seminato distrazioni e confusione rispetto agli obiettivi bellici. Il risultato finale potrebbe offuscare persino la debacle in Afghanistan (e portare al punto di rottura la capacità della stampa di farla sembrare tutta colpa di Trump). Rimandiamo pure la questione dell’adesione alla NATO, tranne che per ricavarne una lezione urgente. La Russia non è un mostro gigante, ma può essere contenuta o sconfitta con mezzi convenzionali sul campo di battaglia. Però è la NATO stessa a trasformarsi nella fonte della sua instabilità, perché troppi membri affidano in modo implausibile la propria difesa all’eroismo americano invece che aiutarsi da soli.
Cambiare strategia
Occorre una nuova strategia. Gli USA, il Regno Unito, la Polonia e altri Paesi devono contribuire direttamente all’esercito ucraino invece che sostituirsi ad esso. La soluzione per Kiev è di aiutare quest’ultima a sviluppare la sua potenza militare e le sue capacità di difendersi. Ciò costituisce anche una soluzione a lungo termine per la NATO stessa. Ma c’è un’altra lezione da imparare fin tanto che gli USA rimarranno i garanti della sicurezza di altri Stati. A Trump piace vantarsi che se fosse stato lui il presidente la Russia non avrebbe scatenato alcuna azione militare. La verità però è che qualsiasi presidente, Biden compreso, ha a sua disposizione il potere di rendere il potenziale costo inaccettabile per gli aggressori come Putin. È un deterrente credibile, comunque, solo quando i presidenti americani hanno la volontà per accettare i rischi connessi a ciò.
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