La rivendicazione dell’attentato in Turchia allontana una tregua

La rivendicazione dell’attentato in Turchia allontana una tregua

25 Ottobre 2024 0

A distanza di due giorni, il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) ha rivendicato il sanguinoso attacco terroristico del 23 ottobre scorso alla sede centrale della Turkish Aerospace Industries, a 50 chilometri a nord-ovest di Ankara, dove sono morte cinque persone e altre ventidue sono rimaste ferite.

Confermati i sospetti turchi

Sin da subito i sospetti del governo turco si erano orientati sull’organizzazione politica e paramilitare curda, con la quale è in lotta da oltre 40 anni. “Ogni volta diamo loro la punizione che meritano. Ma non capiscono – ha tuonato il ministro della Difesa Yaar Guler il giorno dell’attentato –. Li perseguiteremo finché non sarà eliminato l’ultimo terrorista”.

Quanto avvenuto vicino alla capitale turca, potrebbe essere legato ai difficili tentativi per la sigla di un accordo di pace tra Ankara e il Pkk. L’incursione armata nella sede della società aerospaziale, che deve essere stata studiata nei dettagli, è giunta infatti all’indomani della dichiarazione shock di un nemico giurato del Pkk, Devlet Bahçeli, presidente del Milliyetçi hareket partisi (Mhp), il partito politico turco ultranazionalista di estrema destra.

La tentata mediazione

Il vecchio lupo di mare della politica e stretto alleato del presidente Recep Tayyip Erdogan, aveva evocato la possibilità di concedere al leader storico del movimento curdo Abdullah Ocalan la libertà condizionata, qualora avesse rinunciato alla lotta armata, arrivando a ipotizzare la possibilità di invitare Ocalan in Parlamento, allo scopo di fare una pubblica abiura.

«Lasciatelo dichiarare che il terrorismo è finito e l’organizzazione sciolta», aveva detto Bahçeli in un discorso ai membri del parlamento del suo partito il 22 ottobre scorso. Un’eventualità non del tutto azzardata, dal momento che il giorno seguente, dopo anni di isolamento nella prigione di Imrali, Ocalan ha ricevuto per la prima volta la visita del nipote Omer Ocalan, deputato del partito filo-curdo Dem che ha condiviso un messaggio sul suo profilo X, in cui riporta le dichiarazioni dello zio: «L’isolamento continua. Se le condizioni sono giuste, ho il potere teorico e pratico di far passare questo processo dal terreno del conflitto e della violenza a quello della legge e della politica», una nuova apertura ai negoziati iniziati nel 2012 e naufragati dopo tre anni.

Ora è di nuovo tutto in gioco

Ennesimo tentativo fallito, con un possibile isolamento della stessa guida del Pkk, è ancora presto per dirlo. Di contro, a non farsi attendere è stata la risposta di Ankara contro le postazioni del gruppo nel nord-est della Siria e nel nord dell’Iraq, che da dicembre 2017 ha subito una serie di operazioni militari, note come “Artiglio”.

Nei raid del Taf, le Forze armate turche, sarebbero stati colpiti 30 bersagli e uccisi 13 civili, inclusi due bambini, mentre 15 sarebbero rimasti feriti, secondo quanto dichiarato dalle Forze democratiche siriane (Sdf), sostenute dagli Stati Uniti.

La ritorsione

Una nota diffusa dal Kurdistan National Congress (Knk) spiega che fra il 23 e il 24 ottobre scorsi, «la Turchia ha effettuato attacchi aerei contro infrastrutture elettriche, petrolifere e civili. Molte località sono state colpite più volte. Le incursioni aeree hanno preso di mira fabbriche, due panifici, un centro sanitario e i posti di blocco dell’Asayish (forze di sicurezza interna). Sono state colpite anche le stazioni petrolifere di Awda, Tabla e Suwaydiyah, insieme alle centrali elettriche di Kobane e Amude, che riforniscono entrambe le città».

I ripetuti attacchi, secondo la ricostruzione del Knk, rischiano di far precipitare il territorio in un’emergenza umanitaria. In quelle aree sono ospitate centinaia di migliaia di persone, che già soffrono di gravi carenze di carburante e gas a causa di altre offensive militari turche portate avanti negli anni precedenti contro obiettivi infrastrutturali.

Il ruolo della Siria

Botta e risposta. Le Forze democratiche siriane hanno annunciato nel frattempo di aver effettuato due operazioni contro l’esercito turco, in risposta agli attacchi di quest’ultimo nella Siria nord-orientale. Dure le parole di Ibrahim Sheikho, portavoce dell’Organizzazione per i diritti umani di Afrin, città dell’omonimo cantone nel nord-ovest della Siria.

«Questi attacchi indicano l’intenzione della Turchia di controllare queste aree e di sfollare i residenti, contrariamente a quanto è stato promosso ai colloqui di pace tra curdi e Turchia, che sarebbero dovuto iniziare questo mese. Quel che è accaduto in questi giorni dimostra che la Turchia non sta cercando la pace con i curdi, ma piuttosto di sterminarli con il pretesto di combattere il terrorismo».

Lo spazio per nuovi negoziati militari

Sull’onda della lotta al terrorismo si inseriscono altri negoziati, quelli portati avanti di recente dal governo di Baghdad con Ankara. Il 15 agosto firmano un memorandum d’intesa sulla cooperazione militare e sull’antiterrorismo, secondo quanto riportato da Reuters, dopo che negli ultimi anni le relazioni fra i due Paesi si erano inasprite a causa delle offensive transfrontaliere turche contro i miliziani del Pkk, che dal marzo scorso Baghdad etichetta come “organizzazione vietata in Iraq”.

 

Marina Pupella
MarinaPupella

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