L’attualità di ‘Trattato del Ribelle’, manuale di sopravvivenza delle anime libere
Chiamiamo Ribelle chi nel corso degli eventi si è trovato isolato, senza patria, per vedersi infine consegnato all’annientamento. Ma il Ribelle è deciso ad opporre resistenza,il suo intento è dare battaglia, sia pure disperata. Ribelle è dunque colui che ha un rapporto profondo, nativo rapporto con la libertà, il che si esprime oggi nel contrapporsi all’automatismo e nel rifiuto di trarne la conseguenza, che è il fatalismo.
Ernst Junger usa queste parole per una delle numerose descrizioni nel ‘Trattato del Ribelle‘ di questa figura mitica, il Ribelle appunto, ovvero l’individuo che immerso in una quotidianità ormai disumana ed ostile attinge alle proprie risorse più intime per non soccombere all’ineluttabile.
Dato alle stampe nel 1951, con uno sguardo particolare a quanto stava accadendo nei totalitarismi al di là della Cortina di Ferro, lo scritto di Junger riesce in realtà ad attraversare i secoli e i confini degli Stati, diventando un vero e proprio manuale di sopravvivenza delle anime libere che non intendono arrendersi in ogni epoca e in ogni nazione.
L’attualità di un sistema politico e della ragion di Stato
Letto nei mesi di psicosi collettiva durante la pandemia COVID, il saggio jungheriano è apparso a molti di un’attualità sconcertante, perché mette in evidenza tutte le storture, perlopiù pretestuose, di cui ogni sistema politico è capace nei confronti del singolo quando c’è da far valere la ragion di Stato. ‘È inquietante – si legge in un passo concitato del saggio – il modo in cui concetti e cose mutano improvvisamente aspetto e producono effetti diversi da quelli che si erano previsti. La violazione del diritto assume talvolta apparenza di legalità. La maggioranza può contemporaneamente agire nella legalità e produrre illegalità: le menti semplici non afferrano mai questa contraddizione‘.
‘Comunque si giudichi il nostro universo di mutue , assicurazioni, industrie farmaceutiche e specialisti – puntualizza Junger – colui che può farne a meno è più forte‘. ‘Assai sospetto, e dunque da considerare con estrema vigilanza – chiosa il ragionamento lo scrittore tedesco – è l’intervento crescente che, di solito con pretesti filantropici, lo Stato esercita sull’organizzazione sanitaria. Non sappiamo in quali statistiche possano includerci, né se riguardino davvero e soltanto il settore medico. Ma tutte quelle fabbriche della salute con medici assunti e mal retribuiti, le cui cure vengono assoggettate al controllo burocratico, sono sospette: da un giorno all’altro, e non soltanto in caso di guerra, potrebbero assumere un volto inquietante. Quanto meno, non è impossibile che proprio da quegli schedari ordinati in modo esemplare escano documenti che serviranno a internarci, a castrarci o a liquidarci‘.
I controlli di Stato
Gli ammonimenti sugli invasivi controlli dello Stato sull’individuo denunciati da Junger sono quasi premonitori per numerosi avvenimenti eclatanti del mondo contemporaneo, molti dei quali consumatisi in Stati ‘perfettamente ‘ democratici. Basti pensare ai provvedimenti di limitazione delle libertà individuali imposti dopo l’11 settembre negli Stati Uniti: tanto il repubblicano George W. Bush che il democraticissimo Barack Obama, vararono infatti leggi liberticide con la scusa della guerra al terrorismo.
L’informatico Edward Snowden, collaboratore della Nsa, da vero Ribelle, denunciò nel 2013 fino a che punto il Governo Obama e quello britannico fossero arrivati coi loro piani di sorveglianza di massa della vita di semplici cittadini, anche di Paesi stranieri. Questo slancio libertario, ovviamente , ha portato ad un inesorabile epilogo: l’esilio. Analoga sorte del resto era toccata dieci anni prima anni alla traduttrice e attivista britannica Katharine Gun, che rivelò ad un quotidiano inglese l’operazione di spionaggio illegale ordita dagli Stati Uniti e dal Regno Unito allo scopo di legittimare la seconda Guerra in Iraq. La Gun vive e risiede da anni in Turchia.
Oltre l’esilio
Non sarà un caso dunque se nel proprio saggio Junger prospetti per il Ribelle un’unica via di fuga: il Passaggio al Bosco. Il che non si esaurisce solamente con la scelta dell’esilio, ma piuttosto riguarda una profonda presa di coscienza filosofica che ponga l’individuo al di fuori dei meccanismi automatici e autoritari imposti dal sistema e dalle trappole della modernità, che l’autore simboleggia attraverso una nave in viaggio su cui siamo tutti obbligati a stare.
‘La nave – spiega Junger in un passaggio cruciale del saggio – rappresenta l’essere temporale, il bosco l’essere sovratemporale. Nell’epoca del nichilismo, la nostra epoca, si è diffusa l’illusione ottica per cui il movimento sembra acquistare importanza a spese dell’immobilità. In realtà tutto il potere tecnico dispiegato oggi altro non è che un effimero bagliore dei tesori dell’essere. L’uomo che riesce a penetrare nelle segrete dell’essere, anche solo per un fuggevole istante, acquisirà sicurezza. Chiamiamo questa svolta passaggio al bosco e l’uomo che la compie Ribelle’.
Spezzare le catene
Il fardello da cui l’individuo deve liberarsi è per Junger l’atavico sentimento della paura, principalmente la paura di morire, su cui invece le imposizioni del sistema e le promesse della tecnica e della scienza prosperano. Il passaggio al bosco non è dunque operazione semplice, si tratta infatti di andare molto vicino alla morte, ovvero di non aver timore di spingersi al limite per spezzare le catene rappresentate dalle lusinghe di una esistenza (pre)ordinata dall’alto e indirizzata chissà dove. Ammonisce Junger:
Nessuno di noi può sapere oggi se per caso domani mattina non si troverà a far parte di un gruppo dichiarato illegale. Ogni parvenza di civiltà sembra in tal caso abbandonare la nostra esistenza, mentre scompaiono gli scenari del benessere che anzi si trasformano in segni premonitori di distruzione.
L’unica via di salvezza, secondo Ernst Junger, rimane quella di pensare con la propria testa, costi quel che costi. Perché le lusinghe con cui il sistema compra le nostre anime, prima o poi, presenteranno l’amaro conto da saldare. ‘Quando tutte le istituzioni diventano equivoche o addirittura sospette,e persino nelle chiese si sente pregare ad alta voce non per i perseguitati bensì per i persecutori, – scrive Junger – la responsabilità morale passa nelle mani del singolo, o meglio del singolo che non si è ancora piegato. Il Ribelle è in singolo, l’uomo concreto che agisce nel caso concreto. Per sapere cose sia giusto, non gli servono teorie né leggi escogitate da qualche giurista di partito. Il Ribelle attinge alle fonti della moralità ancora non dispersa nei canali delle istituzioni. Qui, purché in lui sopravviva qualche purezza, tutto diventa semplice. Abbiamo visto che la grande esperienza del bosco è l’incontro col proprio io, con il nucleo inviolabile, l’essenza di cui si nutre il fenomeno temporale e individuale‘.
Scelte che si pagano
La lunga esistenza di Ernst Junger ha attraversato tutto il Novecento (1895-1998): eroe pluridecorato della Prima Guerra Mondiale, ufficiale della Wermacht nella Seconda Guerra Mondiale, durante la quale perse un figlio a Carrara per le su idee antinaziste. Un uomo insomma che ha vissuto intensamente, e talvolta pericolosamente, la propria esistenza, pagando anche a caro prezzo le proprie posizioni ideologiche e sapendo trarre insegnamento dalle tremende esperienze vissute.
Giornalista pubblicista dal 2000 presso l’Ordine dei Giornalisti del Piemonte, ha collaborato come cronista e commentatore politico coi quotidiani ‘TorinoCronaca’ , ‘laPadania’ , ‘RadioPadania’. Ha lavorato come addetto stampa presso diversi gruppi politici del Consiglio Provinciale di Torino, del Consiglio Regionale del Piemonte, del Ministero delle Attività Produttive ed è stato Portavoce del Presidente della Regione Piemonte dal 2010 al 2014. Esperto di comunicazione politica e di cultura ungherese, ha fondato e diretto il sito di notizie web PiemonteLife.it e ha pubblicato una raccolta di racconti tradizionali magiari.