I segnali di un cambio di atteggiamento della NATO sull’Ucraina

I segnali di un cambio di atteggiamento della NATO sull’Ucraina

27 Agosto 2023 0

Si cominciano a evidenziare i segnali di un cambio di posizione della NATO nei confronti dell’Ucraina. Da un lato, i leader occidentali ribadiscono l’appoggio incondizionato a Zelensky e alcuni gli mandano addirittura i jet da combattimento, ma dall’altro trapelano le intenzioni del fronte euroatlantico di fermare il conflitto al più presto.

Jenssen lancia un’esca

Qualche giorno fa un giornale norvegese ha diffuso le parole di Stian Jenssen, capo dello staff del segretario generale della NATO, a proposito del futuro dell’Ucraina. Durante un forum di discussione tenutosi in Norvegia, il collaboratore di Stoltenberg ha affermato che una possibile via di uscita dal conflitto sarebbe che Kiev ceda parte dei suoi territori alla Russia al fine di negoziare il suo ingresso nella NATO.

 La sua dichiarazione ha creato sconcerto sia nei vertici dei Paesi membri sia naturalmente in quelli di Kiev. Ma ormai “l’esca” era stata lanciata e sono passate ventiquattro ore prima che Jenssen la ritirasse: un tempo sufficiente affinché l’eco delle sue parole si allargasse e acquisisse sostenitori. L’impatto è stato ancora maggiore perché Jenssen è un funzionario di lunga esperienza che raramente parla in pubblico. Alla fine si è giustificato dicendo che si trattava di una frase uscita male e che era inserita in un contesto più ampio.

Se ne parlava già dietro le quinte

Intanto, però, nell’opinione pubblica occidentale si è insediata l’idea che le alte sfere della NATO pensano a come avviare negoziati con la Russia e credono che un buon modo sia di cedere territori ucraini pur di terminare il sanguinoso conflitto. Ed effettivamente l’idea è presente nei discorsi dei diplomatici europei e americani, solo che finora veniva tenuta dietro le quinte. Certo, seppure solo abbozzata, la proposta di Jenssen oggi non può essere accettata dalle parti in causa.

Un consigliere presidenziale di Zelensky ha etichettato l’idea come “ridicola”, mentre un portavoce del Ministero degli Esteri ucraino l’ha definita “completamente inaccettabile”. E il Cremlino ha sempre detto che una delle garanzie di sicurezza della Russia è che l’Ucraina non entri mai nella NATO. Ma le parole di Jenssen sono servite a tastare il terreno e ad “ammorbidirlo”.

Quando la realtà si fa dura, in Occidente si cambia idea

Le parole di Jenssen sorprendono anche perché rivelano un cambio di direzione di 180° rispetto all’atteggiamento tenuto finora da Bruxelles. Il supporto all’integrità territoriale dell’Ucraina è sempre stato sbandierato come assoluto e prioritario. Inoltre i vertici occidentali hanno sempre detto che deve essere Kiev a decidere come e quando imbastire una trattativa di pace con Mosca. Ma Zelensky di pace non vuol sentire parlare, anzi spinge per la riconquista dei confini del 2013. Il problema per lui e per i suoi alleati è che la controffensiva estiva si sta trasformando in un fallimento che costa vite umane e che fa perdere le armi e i veicoli forniti gentilmente dai Paesi NATO. Quindi bisogna spingere in qualche modo il governo ucraino a fare dei passi verso la cessazione del conflitto. Lo avevano detto prima di Jenssen altri personaggi di rilevanza pubblica, solo che a differenza sua non hanno incarichi nell’Alleanza Atlantica.

Uno di questi è l’ex ambasciatore francese di Vietnam Noël Poirierh, che vorrebbe fermare ciò che lui chiama il “tritacarne”. Così ha invitato i politici americani ed europei, francesi in particolare, ad avere il coraggio di esporsi per chiedere che le armi tacciano e che al posto loro parli la diplomazia. Al tempo stesso comprende che per gli occidentali sarebbe difficilissimo ammettere di avere avuto torto sui punti principali della contesa. A Bruxelles e a Washington, infatti, hanno sempre espresso posizioni nettissime, prive di sfumature che possano includere compromessi.

Quei precedenti imbarazzanti

Non sarebbe la prima volta che la realtà manda in frantumi l’impalcatura teorica e propagandistica euroatlantica. C’era una volta il celebre slogan Assad must go pronunciato con insistenza dai vari Obama e Clinton… e dopo dieci anni Assad è ancora in carica.

C’erano anche i piani americani per ridisegnare l’Asia Centrale con al centro dei loro interessi Kabul: salvo poi letteralmente scappare dalla capitale afghana lasciandola in mano a quei tabelani che avevano combattuto per anni. E tutti si ricordano dei politici che davano per certa la disgregazione della Federazione Russa, il cui collasso sarebbe stato provocato dalle sanzioni UE e dall’esercito di Kiev rafforzato con le armi NATO.

Oggi la realtà è completamente diversa, e alcuni politici europei e americani se sono accorti seppur amaramente.

E se fossero gli USA a cambiare posizione?

Negli USA hanno già cominciando a cambiare posizione sull’Ucraina. La controffensiva fallisce nonostante i miliardi di dollari di aiuti, le elezioni presidenziali sono imminenti e si annunciano estremamente incerte, altre questioni affiorano di prepotenza sullo scenario interno e su quello globale. Insomma, ci sono ragioni a sufficienza per la politica americana per frenare il suo percorso verso Kiev e imporre la frenata pure agli alleati europei. Ad esempio, Washington non ha appoggiato la candidatura di due politici britannici alla presidenza della NATO,  l’ex premier Boris Johnson e l’attuale ministro della Difesa Ben Wallace. Entrambi sono fieri sostenitori della causa ucraina e avrebbero spinto ancora di più sull’ostilità nei rapporti con Mosca e sulla fornitura di armi per l’Ucraina, magari i missili a lunga gittata. Alla Casa Bianca non importa quanto abbiano speso in Europa in termini di impegno politico e finanziario nella contrapposizione con Mosca.

Oggi all’America interessa di più la Cina. Non sappiamo se Washington vuole trasformare Taiwan nella prossima Ucraina, ma per adesso il governo ha approvato un progetto di vendita di attrezzature militari a Taipei per 500 milioni di dollari. Il Dipartimento di Stato si è affrettato a precisare che questa transazione non sposta gli equilibri basilari della regione, ma l’intento americano è evidente. E lo è specialmente se si considera che Biden ha pure chiesto di finanziare il potenziamento militare di Taiwan utilizzando il budget destinato a Kiev.

La ragioni del cambio in Europa

Un cambio di rotta degli USA significherebbe un cambio pure della NATO. Le giustificazioni nel campo europeo si potrebbero trovare facilmente. Prima fra tutte, la stanchezza che i cittadini europei mostrano verso il conflitto. La solidarietà ai profughi ucraini non poteva durare per sempre, come auspicavano Kiev e Bruxelles, ma adesso rischia di tramutarsi apertamente in fastidio.

I polacchi si lamentano dei troppi sussidi concessi ai rifugiati che in cambio non contribuiscono all’economia locale. In altri Stati membri della UE l’inflazione alta e i costi sociali enormi semplicemente non permettono più di andare avanti con la generosità disinteressata. Così, si cominciano a evidenziare i segnali di un cambio di posizione della NATO nei confronti dell’Ucraina. Da un lato, i leader occidentali ribadiscono l’appoggio incondizionato a Zelensky e alcuni gli mandano addirittura i jet da combattimento, ma dall’altro trapelano le intenzioni del fronte euroatlantico di fermare il conflitto al più presto.

Redazione Strumenti Politici
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