Zelensky dice no a una soluzione coreana o ad altri esempi storici

Zelensky dice no a una soluzione coreana o ad altri esempi storici

21 Settembre 2025 0

Lo scorso venerdì Zelensky ha spiegato ai giornalisti ucraini che per la conclusione del conflitto rifiuta per principio qualunque soluzione ispirata al modello coreano o ad altri esempi storici.

No a soluzione “coreana”

Per il presidente ucraino la realtà dell’attuale conflitto con la Russia diverge significativamente da precedenti situazioni. Quindi non sarebbe né corretto né praticabile applicare ad esso quanto sperimentato altrove in passato. Soprattutto non sarebbe conveniente per Kiev né rispondente alla visione del suo governo, secondo cui il Paese necessita di garanzie di sicurezza prima che le ostilità si fermino. Di modelli si può discutere “in via retorica”, dice Zelensky, ma in Ucraina “nessuno prende in considerazione il modello coreano, finlandese o di qualunque altro genere”. La guerra di Corea durò tre anni e terminò nel 1953 con un cessate-il-fuoco che non si è mai trasformato in un vero accordo di pace. Seul e Pyongyang sono formalmente ancora in guerra. Da settant’anni la penisola è divisa al 38esimo parallelo da una Zona Demilitarizzata larga 4 chilometri e lunga 250.

Zelensky non ascolta gli esperti occidentali

Zelensky si pone dunque in totale contrasto con quanto suggeriscono alcuni esperti occidentali, fra cui l’analista strategico Mark Brolin. Sul giornale britannico Telegraph, appena due settimane fa Brolin esortava i cittadini e soprattutto i vertici ucraini ad accettare “l’amara verità” della convenienza di un congelamento temporaneo della linea del fronte. Ciò che di brutto c’è in questa via d’uscita dalle ostilità, spiega, è il fatto di dover lasciare alla Russia i territori persi (e magari anche altri) senza sapere quanto durerà la tregua. Il lato positivo è che si fermerebbe lo scontro armato e non vi sarebbero più vittime, con la prospettiva di riprendere un giorno le zone lasciate al nemico. Una soluzione “coreana” o meglio ancora “tedesca”, perché gli strateghi europei preferiscono delineare per Kiev un esito come è stato per Berlino, cioè una riunificazione sotto l’egida della parte preferita, avvenuta pacificamente per il crollo politico ed economico dell’altra.

In linea con Macron

Zelensky non è altrettanto fiducioso. Insiste invece sull’eventualità che come per la Corea anche per l’Ucraina potrebbe non essere raggiunto un trattato di pace. E allora, precisa lui, meglio che vengano date subito a Kiev le garanzie di sicurezza a cui anela. È proprio ciò che propone da qualche mese il presidente francese Macron, che con questo obiettivo in mente sta cercando di rendere solida la coalizione dei Paesi “Volenterosi” in modo che abbia la forza per imporre tali condizioni.

Uno sforzo vano, ma intanto Zelensky rifiuta congelamenti del fronte, cessioni anche solo temporanee di territori o altri modelli esterni, perché la realtà ucraina è quella che è oggi: Abbiamo ciò che abbiamo e nessuno sa cosa accadrà alla fine. Non abbiamo tempo da perdere in attesa di una qualche intesa che metta fine alle ostilità, dice, ma vogliamo le garanzie di sicurezza il prima possibile. Non ha nessuna intenzione di fissare una linea di demarcazione che possa essere gradita a Mosca, ammesso che effettivamente i russi gradiscano questo genere di accordo. Posto che in Occidente presumono spesso di sapere cosa il Cremlino sarebbe disposto ad accettare o meno, Zelensky non vuole fermarsi ora per far tornare la popolazione alla vita civile preparandosi a riprendere un giorno le regioni perse. Sarebbe proprio quello che gli chiede Brolin, il quale gli suggerisce di pagare questo “prezzo per la futura libertà”.

Redazione Strumenti Politici
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