Marcello Pacifico (Anief): ci vogliono 5 miliardi di euro per adeguare l’indennità contrattuale nel mondo scuola
L’anno scolastico è appena cominciato, facciamo il punto della situazione. Abbiamo interpellato il presidente nazionale del sindacato autonomo Anief Marcello Pacifico approfondendo le problematiche scottanti che si trovano a vivere gli studenti italiani e il corpo docenti.
– Qual è l’opinione di ANIEF sull’operato e sulle proposte del nuovo governo? Come sta impostando il sistema scolastico?
– Da una parte l’utilizzo della chiamata veloce, l’utilizzo delle graduatorie e delle supplenze per i ruoli di supporto e di sostegno è una cosa che ANIEF aveva a suo tempo richiesto. Tali strumenti hanno portato quest’anno all’assunzione di più insegnanti di sostegno rispetto agli anni passati. Rimane il grosso problema che l’accordo politico, raggiunto ad aprile per utilizzare queste graduatorie anche per chiamare i supplenti inseriti nelle GPS, è saltato per la volontà della Commissione Europea che lo riteneva in contrasto con il PNRR. Noi lo riteniamo invece uno strumento utile per assorbire il precariato e per non sacrificare quel merito a cui lo stesso Ministro tiene. E ci tiene molto anche ANIEF, perché vogliamo fare in modo che tutti gli insegnanti siano specializzati e abilitati. Per far questo basterebbe inserire questi precari nei corsi universitari per poter conseguire l’abilitazione.
D’altra parte, la riforma degli ITS Academy è necessaria perché negli ultimi anni c’è stato un progressivo abbandono da parte degli studenti dei corsi di avviamento professionale. Riteniamo altrettanto necessario utilizzare anche il personale delle scuole in dotazione e fare in modo che ci sia una sinergia fra il mondo delle imprese, il mondo accademico e il mondo della scuola. L’ITS Academy non può essere prerogativa di una gestione privatistica da parte delle imprese. Tutoraggio e orientamento sono misure buone che servono ai nostri studenti e studentesse, ma a patto che siano inseriti in un percorso che da un lato vada a definire un nuovo percorso sugli organici. Il punto nolente della precedente Legge di Bilancio è la vecchia logica che per risparmiare sulla scuola pubblica si deve ridurre il rapporto tra alunni e insegnanti con la scusa della demografia in declino.
Noi riteniamo che sia un approccio sbagliato, che sia uno stereotipo da superare. All’inaugurazione dell’anno scolastico, il Presidente Mattarella e il ministro Valditara hanno ricordato di mettere la persona al centro del nostro percorso educatico. Ciò però implicherebbe che nel definire gli organici si elaborasse un rapporto alunni/insegnanti in base alle specificità del territorio, come la qualità dei servizi del Comune, della Provincia o della Regione, ad esempio il trasporto degli studenti, o nelle zone tipicamente depresse, con un alto tasso di dispersione o criminalità al sud oppure al nord l’alto tasso di immigrazione con molti studenti alloglotti nelle prime classi elementari. Tutoriaggio e orientamento sì, ma c’è bisogno di organico aggiuntivo (che prima c’era per il Covid e adesso per il PNRR). Noi abbiamo chiesto che non duri soltanto per i prossimi due mesi, ma per tutta la durata del PNRR così come era stato previsto.
– Avete detto che quei fondi sarebbero comunque insufficienti…
– Sì, 50 milioni non sono assolutamente sufficienti, ma ce ne vorrebbero 400 ogni anno per il prossimo triennio.
– Rischiamo allora di perdere i soldi del PNRR?
– Purtroppo sì. Il PNRR infatti prevede tante attività, compreso orientamento, tutoraggio e recupero degli apprendimenti. Tutte queste attività necessitano di personale amministrativo e di collaboratori scolastici che tengano aperte le scuole. Altrimenti non possiamo chiedere alle scuole di rimanere aperte pure d’estate, se il personale resta sempre lo stesso. Se le scuole fanno una pluriattività allora devono avere le dotazioni e il personale adeguato.
E poi c’è il problema dei contratti. Il Ministro ci ha detto di avere chiesto le risorse per il rinnovo dei contratti nella prossima Legge di Bilancio. Noi di ANIEF abbiamo fatto presente che ci vogliono almeno 5 miliardi per adeguare l’indennità contrattuale, cioè quel ristoro che viene dato ai dipendenti pubblici in attesa del rinnovo del contratto, per allinearsi al costo dell’inflazione registrata negli ultimi due anni. Poi, per firmare il contratto ci vorrà più del doppio, per esempio 12 o 13 miliardi, che il governo non ha nella Legge di Bilancio. Dunque, rinnovare i contratti oggi non è pensabile.
– Qual è la Sua valutazione sui 10 euro medi netti ai docenti al mese?
– Il problema qui riguarda le risorse residue del contratto. Questa cifra è buona rispetto al 2021, ma ancora poca cosa rispetto alla differenza che bisogna ancora recuperare sul contratto precedente. Con l’aumento contrattuale non si è recuperato quello che mancava prima e poi la guerra e gli effetti post-Covid hanno fatto schizzare in alto l’inflazione.
Un nostro studio dimostra che se dovessimo firmare un nuovo contratto recuperando tutti i soldi dell’inflazione degli ultimi due anni e considerando quella del prossimo anno, allora ci vorrebbero almeno 600 euro in più. Sembra un’eresia, ma in realtà si tratta del 25% in più. Pensiamo che in questo momento negli Stati Uniti molti operai di ditte specializzate hanno iniziato uno sciopero generale che non si era mai visto, chiedendo aumenti del 40%. Non è che si chiedano molti più soldi, ma si chiede di recuperare l’inflazione. Altrimenti ogni giorno si lavora, ma si diventa sempre più poveri.
– Avete preso una posizione molto forte sulle docenti delle scuole paritarie, chiedendo che il servizio che hanno svolto vada valutato per intero.
– Sì, abbiamo aperto una questione che sembrava chiusa in Corte Costituzionale e l’abbiamo riaperta in Europa sulla base di un principio molto semplice. In Italia, per entrare in ruolo attualmente c’è un doppio canale con le graduatorie di riferimento. Inoltre il Testo unico della scuola del 1994 prevede che il riconoscimento del servizio prestato nelle scuole parificate valga per intero.
Ma la Corte Costituzionale ci ha dato torto, perché dopo la Legge sul Sistema nazionale di istruzione del 2000, non si è aggiornato Testo Unico: al termine “parificato” non si è aggiunto il termine “pareggiato”. Insomma, era stata una scusa da parte dello Stato per non valutare per intero quel servizio! Riteniamo che sia una palese discriminazione.
– Siete preoccupati dalle fughe in avanti del Veneto sull’autonomia scolastica?
– Ho sentito delle battute infelici da parte del presidente Zaia, sul comportamento degli insegnanti che cambierebbe con una gestione privata della scuola. Al di là delle battute, esiste una scuola dell’autonomia, che è un organo costituzionale. Esiste un sistema nazionale di istruzione. Il Ministro stesso ha detto che ci sono due Italie, ma la risposta affinché ci sia una sola Italia non è quella di dividerla in venti Italie.
Il problema è evidente: non esistono livelli essenziali di prestazione (LEP) uguali in tutto il Paese, anche se per legge si scrive che devono essere uguali. Il tema dell’istruzione deve rimanere di competenza esclusiva dello Stato. L’esempio non può essere quello della Sanità, altrimenti ci convinceremmo dell’impossibilità di realizzare questo modello; e negando il diritto allo studio si creerebbero cittadini italiani di Serie A e cittadini italiani di Serie B.
Nato a Torino il 9 ottobre 1977. Giornalista dal 1998. E’ direttore responsabile della rivista online di geopolitica Strumentipolitici.it. Lavora presso il Consiglio regionale del Piemonte. Ha iniziato la sua attività professionale come collaboratore presso il settimanale locale il Canavese. E’ stato direttore responsabile della rivista “Casa e Dintorni”, responsabile degli Uffici Stampa della Federazione Medici Pediatri del Piemonte, dell’assessorato al Lavoro della Regione Piemonte, dell’assessorato all’Agricoltura della Regione Piemonte. Ha lavorato come corrispondente e opinionista per La Voce della Russia, Sputnik Italia e Inforos.