La politica di Biden sull’Ucraina è molto più fragile di quello che sembra
Sul Newsweek si può leggere una critica precisa e senza sconti all’amministrazione Biden, con riguardo alla politica di aiuti all’Ucraina. Ilan Berman, vicepresidente dell’American Foreign Policy Council di Washington, spiega come e perché la Casa Bianca ha sostanzialmente sbagliato approccio e ha permesso che il conflitto durasse così a lungo. Nonostante gli annunci di vittoria e le promesse di riconquista, oggi l’esito più probabile per l’Ucraina sembra essere uno stallo, nel quale la Russia si trova ad avere un significativo vantaggio.
Recentemente, funzionari di alto livello dell’amministrazione USA hanno portato al Campidoglio argomenti a favore di ulteriori finanziamenti per l’Ucraina. Davanti alla Commissione del Senato per le assegnazioni, il segretario alla Difesa Lloyd Austin insieme al segretario di Stato Antony Blinken si sono espressi per la concessione di una somma pari a 61,4 miliardi di dollari a sostegno della lotta di Kiev contro la Russia.
Entrambi hanno precisato che il pacchetto è cruciale in termini sia pratici che simbolici. Come ha detto Blinken, gli Stati Uniti non devono dare né ai nostri amici, né ai nostri avversari, né ai nostri nemici alcuna ragione per dubitare della risolutezza dell’America. Tuttavia, al di là della retorica altezzosa si cela una domanda seria: la Casa Bianca vuole davvero che l’Ucraina vinca? La risposta è meno univoca di quanto possa sembrare.
Senza dubbio, dall’inizio del conflitto ucraino lo scorso anno, l’amministrazione Biden è stata ammirevolmente leale nel supportare gli sforzi di Kiev per difendere la propria sovranità, interpretandoli correttamente come una lotta per la libertà contro la tirannia e l’imperialismo. Il presidente Biden ha ribadito diverse volte che il sostegno americano alla lotta dell’Ucraina continuerà “fintanto che serve”. Al tempo stesso, però, la Casa Bianca ha preso ripetutamente decisioni per far sì che la guerra della Russia all’Ucraina si trascinasse molto più a lungo di quanto avrebbe dovuto.
Forniture costose ma lente
Nonostante le voluminose forniture di aiuti (che ad oggi ammontano a più di 113 miliardi di dollari), Washington è stata dolorosamente lenta nel dare a Kiev le piattaforme di combattimento di cui ha bisogno per migliorare qualitativamente le sue posizioni e ingaggiare battaglia col nemico.
È stato sicuramente il caso dei missili balistici ATACMS (Army Tactical Missile System). Già dallo scorso anno gli esponenti del governo ucraino insistevano per avere queste sofisticate armi di contenimento, spiegando che avrebbero reso l’esercito ucraino capace di colpire da una distante maggiore (e quindi più sicura) le forze russe situate in Crimea.
E invece fino a poco tempo addietro l’amministrazione Biden faceva capire in modo terribilmente chiaro non era semplicemente pronta a fornirle. È stato soltanto con la recente visita di Zelensky a Washington che la Casa Bianca ha offerto un numero teorico di missili come parte del pacchetto di aiuti militari da 325 miliardi. Oggi sembra esserci un’intesa con Kiev a proposito delle attrezzature, ma per raggiungerla c’è voluto più di un anno e la vita di molti ucraini.
Gli F-16 e gli aiuti tedeschi
Inoltre, gli ATACMS non sono assolutamente gli unici sistemi d’arma la cui fornitura viene rimandata. L’Ucraina ha chiesto a Washington i più evoluti caccia F-16, necessari per acquisire una parvenza di parità nel proprio spazio aereo. L’idea però è stata approvata solamente la scorsa estate, dopo quasi un anno. E comunque quegli aerei non volano ancora: i lunghi tempi di addestramento implicano che gli F-16 non potranno contribuire alla difesa di Kiev almeno fino alla fine del 2023. Cosa ancor peggior è che gli alleati dell’America hanno seguito l’esempio dell’approccio frammentario dell’amministrazione USA.
Questa estate il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha annunciato un piano per fornire all’Ucraina armi e assistenza militare per un valore di 17 miliardi di euro fino al 2027: un impegno ammirevole a lungo termine, peccato che tali aiuti fossero molto più efficaci se dati nel breve termine, invece che spalmati su un periodo di quasi cinque anni.
I pro e i contro
Le ragioni di questi ritardi sono di ordine pratico. A Washington sono agitati sapendo che se le armi date a Kiev si rivelano troppo potenti, l’Ucraina potrebbe invertire i ruoli e passare all’offensiva, generando potenzialmente una guerra allargata contro la Russia. Ed è un fondato motivo di inquietudine.
Colpita inavvertitamente, l’Ucraina è comprensibilmente desiderosa di aggredire a sua volta e di imporre dei costi al suo nemico. Ma è vero anche il contrario: senza un’adeguata potenza di fuoco, all’Ucraina manca quella superiorità in battaglia che possa modificare la situazione in maneria decisiva o far cambiare a Mosca i conti strategici al punto da evitare ulteriori aggressioni.
Come risultato, si è avuta una strategia di sostegno all’Ucraina che appare solida nella forma, ma che nella sostanza è più fragile del dovuto. Inoltre è estremamente soggetta a interruzioni, sia temporanee (ad esempio un possibile stop alle attività del governo federale) sia più durature, a seconda di chi vincerà le prossime elezioni presidenziali.
Lo stallo sul campo di battaglia
Le conseguenze sono profonde e profondamente deleterie. Valery Zaluzhny, comandante in capo delle Forze armate ucraine, in una recente intervista su The Economist ha ammesso che dopo mesi dall’inizio della tanto preannunciata controffensiva, le conquiste di Kiev sono esigue. Ha anche apertamente detto che a meno di un qualche genere di cambiamento qualitativo sul campo di battaglia, il conflitto è ormai diventato una guerra di posizione nella quale la Russia detiene un vantaggio particolare in termini numerici.
Se nelle prossime settimane si arriverà davvero a uno stallo come teme Zaluzhny, non sarà per via delle esitazioni ucraine. Piuttosto, gran parte della colpa ricadrà sulla decisione della nostra amministrazione americana di tirare per le lunghe il supporto alle difese ucraine contro gli attacchi russi, invece di dare a Kiev gli strumenti che servirebbero per terminare il conflitto in modo rapido e decisivo.
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