Germania, prosegue imperterrito il collasso dell’industria a causa del fanatismo green fanatismo e della concorrenza cinese
Gli esperti americani si sono interessati al fenomeno della caduta costante e ormai drammatica dell’economia tedesca. Un tempo la locomotiva d’Europa, oggi la Germania boccheggia affannata, in un anno che ha visto dati inquietanti per il settore industriale e non soltanto. L’American Thinker evidenzia le cause nella cieca ideologia ecologista e nell’incapacità di reagire alla concorrenza straniera, quella di Washington e di Pechino.
Le previsioni della VDMA
Germania, il collasso dell’economia prosegue imperterrito. La Federazione ingegneristica tedesca (VDMA) ora si attende per quest’anno un declino drammatico della produzione e se la prende col governo federale. La ripresa che si sperava per l’autunno non è arrivata. Appena una settimana fa, l’Ufficio federale tedesco di statistica ha ritoccato i dati del PIL per il secondo quadrimestre da –0.1% a –0.3%. Oggi la VDMA si attiene alla previsione per tutto l’anno, confermando la tendenza negativa della produzione: Ci attendevano un calo del 25%, ma ora prevediamo un -5% per il 2025, dice Bertram Kawlath, presidente dell’associazione. Kawlath ritiene che la produzione di appena l’1% nel 2026. Ma il 2025 è stato davvero così catastrofico?
Le affermazioni politiche di Kawlath
Kawlath avverte che l’industria sta affrontando un momento critico,sia sul piano economico che sociale. Descrive le circostanze attuali come un punto di non ritorno nel quale l’economia vacilla e il centro politico continua a corrodersi. Ammonisce: Se non vengono prese iniziative adesso, gli elettori saranno spinti nella braccia degli estremismi politici. Senza nominarlo esplicitamente, il capo del VDMA si riferisce al partito Alternative für Deutschland (AfD), che recentemente ha raggiunto il 27% dei voti su tutto il territorio nazionale nei sondaggi. Degno di nota come persino in questa fase della crisi – in cui è evidente il danno strutturale causato dalle politiche basate sull’ideologia – Kawlath si esprima politicamente senza nominare né criticare il colpevole, che è la transizione ecologica. Intanto il “cartello silenzioso” delle élite del business continua a chiedere sovvenzioni e una deregolamentazione a livello solo formale, per non doversi impegnarsi davvero a cercare le radici del problema.
Problemi che ormai è impossibile ignorare
Le questioni saltano furiosamente all’occhio: ordini magri, burocrazia soffocante, lunghissimi processi di ottenimento del benestare, tasse esagerate e costo del lavoro elevato, e pure svantaggi di posizionamento geografico nella Germania stessa. Aggiungiamoci poi il peso enorme dei dazi statunitensi: circa il 40% dei macchinari UE esportati negli USA sono soggetti attualmente a tariffe del 50% sulla loro composizione in metallo. Regole mutevoli e imprevedibili, dice Kawlath, costringono le aziende a fermare del tutto le esportazioni. Chiede quindi un abbassamento delle tasse e delle imposte, uno snellimento della burocrazia, percorsi di approvazione più rapidi e soprattutto una difesa più forte dell’industria tedesca contro la concorrenza cinese. Pechino, asserisce Kawlath, non ha soltanto raggiunto il livello di Berlino, ma sta anche foraggiando pesantemente le sue industrie manipolando così la competizione globale.
Il collasso dell’industria
La situazione sta continuando a peggiorare. Con tutta probabilità le previsioni ottimistiche del VDMA per il prossimo anno saranno riviste al ribasso, perché nessun miglioramento strutturale è all’orizzonte. Intanto i politici continuano a discutere senza che vi sia alcuna riforma visibile. Se il previsto 5% di calo della produzione dovesse avverarsi, segnerebbe il picco della tendenza catastrofica. Dal 2018 la produzione di macchine e più in generale l’intero settore industriale tedesco è caduto di circa il 20%. Vi sono conseguenze sull’occupazione: dal 2020 sono andati persi più di 200mila lavori legati all’industria, di cui 68mila solo l’anno scorso. E potrebbe essere soltanto l’inizio di una crisi devastante dell’occupazione. Sono numeri che non descrivono la solita recessione, ma il principio della depressione economica. Il cuore dell’economia e dell’industria tedesca si è deteriorato con la crisi energetica auto-inflitta e coi grotteschi eccessi normativi derivanti dal Green Deal.
La fonte della prosperità tedesca
Non bisogna dimenticare che gli innumerevoli settori dei servizi, delle catene di distribuzione e delle catene di creazione di valore dipendono direttamente dall’industria. La prosperità della Germania deriva in definitiva da tale settore, la fonte primaria dei programmi di sostegno sociale che aiutano a mantenere la stabilità sociale in mezzo a un ambiente in via di peggioramento. L’industria meccanica conta approssimativamente per il 3% del PIL tedesco. Con una quota di mercato globale del 27%, Berlino è fra i pesi massimi dell’industria europea. Circa un milione di lavoratori di elevata professionalità si guadagnano da vivere in Germania, ma lavori che una volta erano considerati sicuri oggi sono preda dell’incertezza. Nel 2024 la produzione è scesa del 7% e si attende per il 2025 un declino ancora più rapido. Gli ordini sono calati dell’8% rispetto all’anno precedente, mentre le previsioni di introiti insistono nella loro tendenza verso il basso.
La base industriale tedesca sistematicamente svalutata
In tali circostanze alla produzione industriale tedesca sta diventando veramente impossibile esistere. I prezzi dell’elettricità industriale sono circa tre volte maggiori che negli USA, che sono invece un Paese che sta promuovendo attivamente la propria base manifatturiera. Washington infatti sta tagliando nastri rossi e supportando l’industria in maniera mirata. Quando il ministro dell’economia della Bassa Sassonia del partito SPD Olaf Lies invoca sussidi per l’elettricità destinata all’industria nel mezzo della crisi dell’acciaio e si lamenta dell’acciaio cinese a buon mercato, non è più che un sussurro nel vento. L’esodo dalla Germania è già in corso. Ed è irreversibile. Quando un’azienda se ne è andata, raramente ritorna. Il settore dell’acciaio sta soffrendo in modo particolarmente brutto: è uno dei rami più energivori dell’industria tedesca è il suo sogno sussidiario “dell’acciaio verde” è stato seppellito dopo numerose bancarotte. Dai macchinari alla chimica, dall’edilizia all’acciaio, emerge sempre lo stesso quadro: il declino industriale tedesco sta accelerando in maniera incontrollata.
Stiamo assistendo a un fallimento sistemico e imposto dall’ideologia. Nemmeno i dazi americani sarebbero in grado di rimettere ordine, perché i problemi che si sono accumulati nel corso degli anni sono tutti di origine interna. Tuttavia sia Bruxelles che Berlino si stanno testardamente aggrappando al fanatismo climatico, credendo di poter superare la crisi con i sogni.

Raccogliere le voci dei protagonisti dalle varie parti del mondo e documentare i numeri reali inerenti ai grandi dossier e questioni d’attualità è il modo migliore e più serio per fare informazione. L’obiettivo finale è fornire gli strumenti ad ogni lettore e lettrice per farsi una propria opinione sui fatti che accadono a livello mondiale.



