National Review: nel conflitto ucraino l’Europa ha perso, ora la smetta di accusare l’America di fare i propri interessi
Il giornale americano National Review ha espresso in modo chiaro e diretto ciò che tanti hanno capito e pochi hanno il coraggio di ammettere. L’Europa è uscita sconfitta politicamente ed economicamente dal conflitto in Ucraina. Dunque, avverte, non si metta ad accusare Washington per le sue sfortune, adducendo che gli americani si sono comportati in modo miope o egoista. Sono stati gli stessi europei ad essersi cacciati in questa situazione, spiega.
La posizione di Zelensky
Dopo la figuraccia dello Studio Ovale, Zelensky ha ricevuto gli immediati messaggi di sostegno dei leader europei. In particolare si sono fatti sentire da Parigi, da Praga e pure da Berlino, dove il probabile futuro cancelliere Friedrich Merz parlando al “caro Volodymyr” ha invitato a “non confondere mai aggredito e vittima”. In questo modo costoro cooperano parzialmente con l’ala progressista americana, secondo cui Trump e Vance si starebbero buttando nelle braccia di Putin. Tale impressione va in realtà a beneficio dello stesso Zelensky, che ora è nella posizione complicatissima in cui zelo e sacrificio incontrano le richieste di un potente vicino che vuole concessioni territoriali e politiche. Senza avere garanzie di ferro non può accettare di sedersi al tavolo dei negoziati da cui uscirebbe con un Paese smembrato. Non mente quando afferma che si dimetterebbe se l’Ucraina entrasse nella NATO, perché ciò farebbe di lui un eroe nazionale.
Ucraina come la Sud Corea
Ora Zelensky si ritrova semplicemente messo ai margini, come lo fu Syngman Rhee, il primo presidente della Corea del Sud negli anni ‘50 del XX secolo. Gli USA trattarono la fine della Guerra di Corea coi nordcoreani e con i cinesi e lo fecero da soli, non insieme al governo sudcoreano. Infatti quest’ultimo non poteva avere una legittimazione democratica per firmare il fallimento della riunificazione del Paese. Seul iniziò il riconoscimento dell’armistizio solamente negli anni ‘90. Così, qualunque cosa dicano gli europei sul sostenere l’Ucraina fino alla sua triste fine, ormai si conoscono le loro preferenze. Non ritengono che la distruzione dell’Ucraina ad opera della Russia costituisca una minaccia diretta alla loro sicurezza, ma proprio come gli USA stanno incrementando le condizioni per l’assistenza a Kiev.
Punto di svolta non svoltato
Guardiamo anzitutto alla Germania. In un discorso del 2022 il cancelliere Olaf Scholz si impegnava a invertire la rotta della politica tedesca impostata da Angela Merkel. Lo storico progetto si chiamava Zeitenwende (punto di svolta). I suoi obiettivi ambiziosi erano aiutare l’Ucraina a combattere per la democrazia, ridurre la dipendenza energetica dalla Russia restando però nel filone della transizione green (magari grazie nuovamente al nucleare), impegnarsi con più fermezza contro Mosca, riarmare la Germania e usarla per rafforzare UE e NATO. Ma dopo soli due anni i politologi tedeschi dichiaravano morto tale progetto. Cercando le armi da dare a Kiev, Berlino ha trovato in arsenale carri Puma inutilizzabili. Così ha promesso una piccola quantità di Leopard. Per non mandarli ha poi inventato la scusa di aspettare finché gli americani non mandassero prima i loro Abrams. Alla fine ha scoperto che pure i Leopard non erano pronti a scendere in campo.
Europei contraddittori e meschini
Insomma, la Germania non ha fatto molto per compiere il “punto di svolta”. Oggi, venuto meno il Nord Stream, compra forzatamente più GNL dagli USA. Gli stessi europei hanno aggirato le sanzioni energetiche anti-russe imposte proprio da Bruxelles e non hanno messo in piedi un’economia di guerra per rispondere ai ritmi russi di produzione militare. Dopo la recente Conferenza di Monaco sulla sicurezza, l’amministrazione Trump ha iniziato a chiedere ai governi europei come si sarebbero impegnati in missioni di peacekeeping in Ucraina. La Polonia ha semplicemente detto “no”. Che risposta incredibile da parte di uno dei pochi membri NATO che prendono sul serio la difesa! Il Regno Unito ha espresso un certo livello di interesse nell’organizzare missioni di peacekeeping, ma solo se protette dagli USA. Gli altri europei sono rimasti in un imbarazzante silenzio o hanno fatto come sempre, cioè prendersi grandi impegni morali e verbali, non morali e materiali.
Gli USA agiscono, l’Europa reagisce
EuroIntelligence scrive: gli europei si stanno sforzando di non vedere l’ovvio, cioè che in geopolitica le chiacchiere non portano a nulla. Nessun governo europeo ha elaborato una strategia per sconfiggere Putin, aggiunge. Noi siamo quelli delle “linee rosse”, discutiamo di principi, affermiamo che sosterremo l’Ucraina fino a quando ci sarà bisogno. Questa idea ha funzionato bene solo per la BCE contro gli speculatori, ma non si applica automaticamente alle guerre. L’Ucraina ha perso. Non abbiamo una strategia per cambiare tale fatto. Poi scrive che fra tutte le “fesserie” postate da Trump nell’ultima settimana, una era giusta, proprio quella essenziale: questa guerra non si può vincere. In campagna elettorale aveva detto che voleva raggiungere un accordo. Ora nella diplomazia internazionale gli europei si trovano in un’infelice condizione, perché hanno ceduto la facoltà di pensiero strategico. E conclude: Gli USA agiscono, noi reagiamo. Trump parla, noi ci sentiamo offesi.
La prossima campagna diffamatoria
Il progetto di sganciamento dell’Ucraina dalla sfera di influenza russa avrebbe dovuto in teoria apportare benefici economici agli europei. Era questo il senso della cooperazione proposta prima della rivoluzione del Maidan del 2014. Eppure l’Europa non riesce a fare altro che promesse, prestiti e confische di patrimoni russi. Ma ecco che nelle prossime settimane vi sarà una vera campagna accusatorio contro Trump, anzi contro l’America, per la débâcle in Ucraina. Diranno che Trump è innamorato di Putin e che gli americani sono troppo limitati e vogliono fare solo quello che i loro dignitari ritengono giusto moralmente. E invece dovremmo capire che il governo di Washington ha lavorato bene, negli interessi della stessa Ucraina e indipendentemente dall’opinione pubblica statunitense.
L’Europa non ha saputo svegliarsi e affermare la propria volontà nel suo stesso cortile di casa. L’unica cosa che le riesce bene è cancellare le elezioni e arrestare i candidati quando disapprovano l’attuale indirizzo politico nei confronti di Kiev. Gli americani, sapendo bene che la democrazia e il governo repubblicano possono essere messi in pericolo da certa politica estera, ne sono di conseguenza rimasti disgustati.

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