Appena sgravato dall’incarico, Stoltenberg dice subito un po’ di verità scomode e di proposte forti sull’Ucraina

Appena sgravato dall’incarico, Stoltenberg dice subito un po’ di verità scomode e di proposte forti sull’Ucraina

8 Ottobre 2024 0

L’ex segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha rilasciato un’intervista al Financial Times nella quale ha fatto tante affermazioni interessanti, rivelatorie e quasi profetiche. Ora che non è più in carica, certe cose può dirle liberamente, lanciando segnali e preparando il terreno dell’opinione pubblica.

Non più in carica, non più frenato

Stoltenberg ha lasciato dopo il secondo mandato, che è stato una sorta di prosecuzione forzata del primo (data la mancanza di reali pretendenti al suo posto). Da qualche giorno si è insediato il suo successore, l’ex premier olandese Mark Rutte, che fin da subito ha mostrato un approccio diverso alla questione più pressante sul tavolo. Infatti, nella conferenza inaugurale tenutasi il 1º ottobre, ha evitato di dire se e quando Kiev potrà ricevere l’invito ad aderire all’Alleanza Atlantica. Di questo argomento, invece, Stoltenberg parla ampiamente nella suddetta intervista, esprimendo un’idea che nel recente passato riteneva irricevibile dai diretti interessati. Ora che non è più tenuto per lavoro ad abbracciare Zelensky di fronte alle telecamere, si è immediatamente sfogato col suo intervistatore. Oppure sa che non è rimasto molto tempo e che deve sbrigarsi a mandare segnali e avvertimenti agli altri politici e ai cittadini europei.

La debolezza degli eserciti europei

Stoltenberg svela il segreto di Pulcinella sugli arsenali europei: Sappiamo di essere indietro [rispetto ai russi]. L’intervistatore sottolinea come il politico norvegese sia “un nerd di economia e statistiche”, quindi le sue considerazioni sono reali e affidabili. L’Europa ha troppe poche armi, uno scarso potenziale bellico e pochissime truppe in rapide condizioni operative. I Paesi membri dovranno spendere molto più del 2% previsto, magari il 2,5% o addirittura il 3%! Sembrano percentuali minime, ma si tratta di milioni di euro da sottrarre a scuole, ospedali, pensioni… Ed ecco il problema nel problema: i russi sono al corrente delle deboli condizioni degli eserciti europei? Sì, lo sanno, dice Stoltenberg, quasi sussurrandolo per la vergogna. Le sue parole possono essere lette come esortazione a fare grosse commesse ai produttori di armi – ai quali Stoltenberg vuole fare un favore – oppure come un’ammissione di impotenza che giustifica il bisogno trattare con Putin.

Escalation col sorriso

Stoltenberg si rammarica che i Paesi NATO non abbiano fornito all’Ucraina armamenti di tipo letale fin dall’inizio delle ostilità, anzi prima ancora. Dice che aveva capito già a metà dell’autunno 2021 che Putin avrebbe lanciato un’operazione in Ucraina. Così ha cercato di convincere i leader europei a prepararsi militarmente al peggio. Sorge la domanda: perché non li ha invitati a cercare il dialogo con Mosca? In compenso, l’ex segretario generale si compiace di aver spinto per farli oltrepassare tutte le linee rosse poste dal Cremlino, nonostante i diffusi timori di escalation. Ed è soddisfatto per aver contribuito a “svelare i bluff” di Putin. Non è che magari è la Russia ad essersi trattenuta dal rispondere alle progressive provocazioni occidentali? No, Stoltenberg non contempla tale ipotesi, ma è lieto di averci fatto gioiosamente rischiare un’escalation, dimenticando di aver appena ammesso le debolezze militari della NATO rispetto all’orso russo.

Necessario un compromesso territoriale

E allora Kiev dovrebbe ragionare concretamente sull’ipotesi di lasciare ai russi i territori che questi hanno già occupato, se ciò può aiutare il tavolo delle trattative, dice l’ex segretario. Ma prima bisogna convincere gli ucraini, e pure quegli europei che il mainstream ha convinto con una martellante propaganda della loro superiorità morale e politica sulla Russia e quindi della necessità di far vincere a tutti i costi le ragioni di Kiev e riottenere i confini del 1991. Stoltenberg tira fuori l’esempio della Guerra d’Inverno del 1939/1940 tra URSS e Finlandia, dopo la quale Helsinki cedette ai sovietici il 10% del suo territorio. Il parallelo che vorrebbe proporre a Zelensky è questo: proprio come stanno facendo gli ucraini oggi, i finlandesi combatterono coraggiosamente e imposero ai russi un costo maggior di quello che questi ultimi si aspettavano. Perdettero la guerra, ma ottennero dei nuovi confini con delle garanzie.

L’ex comico

Secondo il norvegese, è opportuno trovare il modo di far sedere al tavolo dei negoziati Kiev e Mosca partendo da idee e da proposte accettabili in linea di principio. Poi aggiunge che bisogna trovare qualcosa che permetta agli ucraini di sopravvivere come nazione indipendente. Insomma, la faccenda è grave, è il momento di dirlo. Per convincere il pubblico euroamericano più agguerrito si può anche sorvolare sul fatto che la Finlandia, dopo la successiva “guerra di continuazione” (di fatto un segmento dell’Operazione Barbarossa dei nazisti), finì per sancire la propria neutralità. Soltanto dopo quasi ottant’anni Helsinki è entrata nella NATO. Ma Zelensky ci vuole entrare subito! Stoltenberg sembra non volesse insistere troppo sull’argomento mentre era in carica. Infatti esprime stima per il presidente ucraino, che riconosce di aver sottovalutato: e infatti il Financial Times specifica che si tratta di un “ex comico”.

Kiev nella NATO: sì, no, perché…

Per Stoltenberg le concessioni territoriali che Zelensky dovrebbe firmare sarebbero propedeutiche al tanto agognato ingresso nell’Alleanza Atlantica. Ritiene infatti che sia un compromesso ragionevole e soprattutto fattibile. Avrà già chiesto il parere del Cremlino? Ma forse nemmeno serve, tanto basta guardare la situazione delle isole Curili, dice: gli Stati Uniti sono ufficialmente garanti della sicurezza del Giappone, che reclama la sovranità sull’arcipelago, il quale appartiene alla Russia. Eppure in tutti questi decenni le Curili non hanno fatto scoppiare alcuna guerra, proprio perché l’accordo di sicurezza nippo-americano non si estende ad esse. Quindi costituiscono un esempio di applicazione flessibile e personalizzata del famoso articolo 5 del Patto Atlantico, quella sulla difesa collettiva. L’importante, per Stoltenberg, è che vi sia la volontà politica di far funzionare l’accordo e che Kiev abbia il controllo pieno ed effettivo dei territori fino alla linea di demarcazione che verrà decisa dai futuri negoziati.

Come le due Germanie

Propone anche il parallelo con le due Germanie. Quella di Bonn non aveva un’ambasciata a Berlino Est, perché considerava la DDR come parte di un’unica futura Germania. La NATO estendeva la sua protezione collettiva solamente sulla Germania Ovest. Proprio il “modello tedesco occidentale” va per la maggiore nelle discussioni a porte chiuse fra diplomatici ed esponenti politici euroamericani. Anzi, è da più di un anno e mezzo che ci ragionano sopra, rivela il Financial Times. Tale soluzione, sebbene imperfetta e temporanea, sarebbe un modo per chiudere la fase calda del conflitto e dare respiro agli alleati, che come si è visto sono a corto di armamenti, finanziariamente esangui e internamente scossi dal malcontento. Pazienza se Zelensky e tutto il mainstream dovranno seppellire le parole chiave della loro propaganda: la vittoria inevitabile e irrinunciabile, la negazione eterna di un approccio diplomatico a Putin e così via.

Paragoni fantasiosi

Per rinforzare la base teorica della “soluzione tedesca” si richiamano all’opinione dell’accademica Mary Sarotte, storica della Guerra Fredda, alla quale ha dato spazio la prestigiosa rivista americana Foreign Affairs. Per lei l’unico obiettivo possibile è inglobare nell’Occidente l’Ucraina (almeno quella sotto giurisdizione di Kiev) a livello politico, economico e militare, perché ciò darebbe agli ucraini un futuro splendido. L’accordo di ingresso “parziale” nella NATO funzionerebbe bene: sarebbe una vittoria condizionata, ma sarebbe una vittoria che terrebbe la Russia isolata. Un accordo simile funzionò con la Germania Ovest e con la Norvegia, dice. Purtroppo, la sua visione ottimista deriva dall’aspetto formale delle vicende passate e presenti. Non appena si aggiungono i dettagli della realtà, l’impalcatura traballa. E per non dire della sua visione della Russia datata, stereotipata, contraddittoria e americanocentrica, con a capo un dittatore sanguinario alle cui vampiresche brame personali riduce tutti i motivi del conflitto.

Il solito wishful thinking

Purtroppo tali costruzioni teoriche, alla base delle probabili proposte di pace che l’Occidente dirà all’Ucraina di accettare, fanno perennemente i conti senza l’oste. Infatti, laddove gli esponenti euroamericani parlano di territori “temporaneamente occupati”, Mosca ha già reso questi ultimi parte integrante del suo Stato. E invece a Bruxelles e a Washington pensano che un giorno Kiev li potrà riottenere per via diplomatica, perché il Cremlino sarà in difficoltà e addiverrà a miti consigli: la previsione di un governo europeo è infatti di una crisi che potrebbe iniziare a colpire l’economia russa nel 2026 e di conseguenza erodere la strategia di Putin. Ma l’economia russa non doveva crollare già nel 2022 sotto il peso delle sanzioni UE? Insomma, è l’ennesimo wishful thinking con cui l’Occidente si illude di essere dalla parte del giusto, del bello e del vero.

Elezioni e negoziati

Le imminenti presidenziali USA potranno offuscare tutte queste idee autoreferenziali o quanto meno apportare modifiche alla situazione. Si parlerà davvero di trattative: Stoltenberg dice che dopo le elezioni vi sarà un impulso negoziale, che forse non cancellerà quanto fatto a favore di Kiev perché si cercherà di far procedere insieme i movimenti sul campo di battaglia a quelli intorno al tavolo dei negoziati. L’ex segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha rilasciato un’intervista al Financial Times, dove ha affermato tante cose interessanti e “profetiche”. Ora che non è più in carica, certe cose può dirle quasi liberamente…

Vincenzo Ferrara
VincenzoFerrara

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